Cattivi Pensieri di Luigi Firpo di Luigi Firpo

Cattivi Pensieri di Luigi Firpo Cattivi Pensieri di Luigi Firpo Non si può dire, credo, che il Verdi televisivo di Castellani sia mal riuscilo e d'altronde sarebbe stata gran vergogna se fosse risultalo lino sgorbio, dopo tanto impegno, anni di lavoro, profusione di mezzi e d'ogni-allro ben di Dio, con un costo del- j l'ordine d'un miliardo per 1 puntuta. Non voglio qui discutere se il protagonista, scelto ovviamente per la sua suggestiva rassomiglianza fisica, non sia per altro un po' troppo legnoso e frigido, o se Svampa metta un po' troppo in caricatura un personaggio colorilo ed estroverso si. ma che doveva aver fiuto, energia e senso degli affari in grado tale da meritare che se ne facesse un carattere e non una macchietta. Qualche perplessità mi desta anche l'uso del dialetto, che sembra voler sottolineare le rapide ba'titc di qualche ligurina tratta dai ceti popolari, o esclamazioni impulsive di protagonisti, che subito ritornano, quasi chièdendo scusa, a un linguaggio (orbito a fil di Crusca. Vero è che a Milano, allora, anche i dotti e gli aristocratici — Alessandro Manzoni in testa - parlavano lombardo, cioè in una «lingua» capace, come tante altre parlate italiane, di livelli bassi e gergali adatti alle venditrici del Ver/.ee. ma anche di Ioni culti e di sottili eleganze espressive. So bene che i dialoghi in dialetto sarebbero riusciti incomprensibili per la maggior parte dei telespettatori, ma forse sarebbe stato meglio allora espellere ogni frase dialettale e accettare una sorta di doppiaggio preventivo (dal linguaggio «storico» a quello del piccolo schermo), evitando l'impressione di un bilinguismo improprio, quasi che gli allori debbano sempre mordersi la lingua quando stanno per scivolare nel familiare e nel popolaresco. Mi queste sono soltanto notazioni marginali, da riprendere semmai quando l'intero sceneggialo sarà slato trasmesso, lin d'ora si può dire che la scella di questo soggetto per un cosi vistoso impegno artistico e finanziario è stala senz'altro felice, non solo per l'immensa popolarità di cui Verdi tuttora gode, ma pei la presa irresistibile della sua musica sull'animo di chiunque l'ascolti, anche se si atteggia a spregiatore dei molivi orecchiabili e del bel canto. l.e telecamere possono inseguire a volontà vicende. Mia patria sì bella e perduta paesaggi, storie appassionanti, ma un conto è affidarsi solo all'immagine, alla parola, magari alla musica di fondo come in ogni filmalo che ricalchi un capolavoro narrativo: altro è invece svolgere al meglio la trama, sicuri che sul più bello, anche se qualcosa non dovesse funzionare a puntino, tutto verrà dissollo e sublimalo dal coro dei lombardi o da quello del Nabucco, ila uno «Stride la vampa» a da un ' Dormirò sol», du un < Esultate» o da un < Libiam nei lieti calici» che manderanno lutti a letto commossi e contenti. ìiiì è qui che sono rimasto deluso, e devo dirlo, perché <■ Va' pensiero» me l'hanno proprio sciupalo, ed io. che già da un po' lo aspettavo con gli occhi umidi e un certo groppo in gola, mi sono sentilo come defraudato e tradito. Non che il celebre coro dei deportati sulle rivedei fiumi dell'esilio (l'arpa ammutolita appesa al salice piangente) non sia Mato accennato, suonato in sottofondo, cantalo a gola spiegata e sono tutte le angolature, ma l'effetto, il trasporto, le grida impazzite, le lacrime non eran quelle. Tulla Milano, il giorno dopo, ci dicono che lo fischiettasse, li se l'opera tutta era piaciuta (ma proprio luna, anche in loggione?), certo era stalo il o Va' pensiero» a suscitare quell'indicibile entusiasmo. E allora vada per l'organetto a manovella che ne strimpella subilo il motivo; vada per la servetta e il carrettiere che tentano di canticchiarlo. Vada per la sùbita fama, e la cravatta alla Verdi, e il risotto alla Verdi, ma non mi si venga a raccontare che una città intera impazzisce per qualche battuta di un coro. li non si faccia vedere agli italiani, che non sono tulli tenuti a conoscere a menadito la sloria, quelle file isolale di seggiole da cui signori vestiti di bianco si spellano le mani ad applaudire. Perché quei signori stretti nella candida uniforme (magari ricostruita con scrupolo meticoloso in ogni risvolto, mostrina o cordellina) erano ufficiali dell'armata di Sua Maestà imperiale, reale e apostolica Ferdinando d'Asburgo-I.orena, e non credo che applaudissero con troppo calore — quelli almeno che masticavano un po' di italiano — nel sentir cantare ( O mia patria sì bella e perduta, rimembranza sì eara e fatai». Perché a quanti fra di loro non faceva difetto un po' di sensibile acume, doveva essere anche troppo chiaro il fatto che a tulli quei milanesi travolti da un'incontenibile commozione, da un entusiasmo rovente, non importava enagolt», neppure un fico secco, degli ebrei in esilio e delle rive del Giordano Perché quel fiume era per loro il Naviglio, e quel popò 10 ammutolito e oppresso erano loro, sotlo il tallone straniero; e la bella patria perduta non era la Palestina di cartone dipinto del fonda le, ma tulla l'Italia umiliala e divisa e impotente, che in quel torrente di musica faceva sentire si il suo lamento ma anche una coscienza non assopita, una volontà che si veniva temprando, persino una temeraria minaccia con irò i suoi dominatori. Che cosa mai significava una ri membranza fatai, se non che 11 Palo stava mutando le sorti, che il tempo della servitù era destinalo a finire? Di tutto questo nel filmalo non m'é parso di cogliere nemmeno un barlume e ne provai come un senso di delusa amarezza. Perché dell due l'una: o non s'e saputo cogliere che in questa aspettativa di passione, su questo motivo di dolente speranza si celebrò per sempre l'in contro della musica di Verd con il cuore del suo popolo oppure si 0 avuto paura d pronunciare questo nome d patria, oggi cosi fuori moda, una paura che Verdi non ebbe in quella platea gremita di soldati stranieri. Nel primo caso sarebbe solo uno spiacevole errore, nel secondo una piccola viltà.

Persone citate: Alessandro Manzoni, Castellani, Cattivi Pensieri, Palo, Stride, Svampa, Verdi

Luoghi citati: Italia, Milano, Palestina