Antonio Zucco (due figli) è la vittima numero 38 della «faida» di Ciminà
Antonio Zucco (due figli) è la vittima numero 38 della «faida» di Ciminà Antonio Zucco (due figli) è la vittima numero 38 della «faida» di Ciminà L'ultimo degli Zucco, Antonio, cos'ha pagato con la vita? Lo sgarro a un intoccabile del racket delle braccia? Un debito contratto dal fratelli Giuseppe e Rocco come lui impresari e come lui uccisi? Oppure, versione più probabile, è la vittima sacrificale della faida che da decenni insanguina Ciminà paese d'origine della famiglia calabrese? Indizi pochi, prove nessuna, omertà tanta, da scoraggiare anche il più caparbio degli Inquirenti. L'inchiesta giudiziaria è affidata al sostituto procuratore Marabotto. il quale, applicando la legge antimafia, ha subito bloccalo i depositi bancari dell'ucciso. Una mossa che dice poco oggi, ma che alla lunga potrebbe aprire un varco nel muro di silenzio che circonda fatti ed eventuali misfatti del clan Zucco. I fratelli impresari hanno svolto sempre attività edilizie di ripiego, barcamenandosi nel mare mosso del subappalto. Se il cantiere fosse un comodo paravento non sappiamo: il conto corrente dell'ultimo ucciso è un modo per capire se la consistenza dei depositi ha un corretto rapporto con il volume del lavoro svolto. Eventuali differenze in più denuncerebbero entrate sospette. Gli assassini venuti dal buio dove si sono rifugiati dopo il delitto? L'auto, la 127, l'hanno bruciata lungo la strada che porta a Caselle: forse sono ospitati da qualche compare abitante nella zona e aspettano che le acque siano calme per rientrare alle rispettive basi di partenza. Confermato che ad Antonio Zucco è stato teso un agguato. Una telefonata lo invila a incontrare qualcuno a lui noto nel cortile dello stabile di corso Potenza, a poche decine di metri da casa sua. Gli assassini lo feriscono a morte quando la vittima, constatato che nel cortile non c'è alcuno, torna sulla propria Peugeot 504. ■ Più infida e impenetrabile la pista della faida. Se la mor- te dell'ultimo Zucco è un anello della lotta tra i clan av-' versarl di Ciminà. il fascicolo i-elativo è destinato alla poi-' vere come molte pratiche dì delitti commessi da ignoti. La laida, questo barbaro rituale, ha falcidiato intere famiglie senza badare all'età dei «condannati» o al loro staio civile. Comincia nel '66 per questioni non si sa bene se d'onore o di mafia. Ciminà conta 1200 abitanti, la zona è povera e il capobastone gestisce piccoli traffici, miseri taglieggiamenti: c'è poco su cui lavorare oltre alla coltivazione ed al commercio dei ceppi di radica che servono a fabbricare pipe. Fino al '74 i morti sono una mezza dozzina, poi il bagno di sangue non ha più freno: da allora a oggi gli uccisi sono 37. La catena della vendetta si infittisce di anelli quando da-» vanti al bar di Ciminà due. giovani imparentati con Gaspare Polifroni, «intoccabile»1 del posto, uccidono Vincenzo Barillaro di 16 anni, figlio di Francesco, ex «intoccabile., eliminalo nel '66. Da notare che un mese dopo viene colpi-' to a morte anche il parroco don Antonio Esposito per impedirgli di celebrare la messa di trigesima in ricordo della, vittima. Ma è l'uccisione del giovanissimo Vincenzo a scatenare la iollia omicida. Le famiglie di Ciminà si' schierano o con i Barillaro o. con i Polifroni. Ai primi sono alleati i Romano, i Gaggio, i. Renda; ai secondi i Franco, i Varacalli e gli Zucco. L'ultima. vittima crivellata sulla piazza, del paese è Bernardino Morabito uno degli uccisori di Vincenzo Barillaro. Lo ammazza-, no il 30 ottobre 1981: sarà un caso ma due mesi dopo a Tot rlno una carica di dinamite dilania Rocco Zucco. Giuseppe, il primo dei fraT telli, era stato straziato dalla lupara nel '77: uomo davvero insondabile, risultava coinvolto, seppure marginalmente, nel sequestro-omicidio dell'impresario Mario Ceretto rapito a Cuorgnè ed eliminato a Orbassano. II® La vedova di Antonio Zucco
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