E la nave va, su un mare di disegni

E la nave va, su un mare di disegni FELLINI SUL SET PER L'ULTIMO FILM, CRONACA DI UNA CROCIERA LIBERTY E la nave va, su un mare di disegni Tutti i personaggi del regista hanno una lunga gestazione sulla carta, in schizzi disegnati con grande efficacia ROMA — Un film e un libro per Fellini. Nella semioscurità operosa, l'enorme teatro numero cinque di Cinecittà è attraversato dai lampi di grandi tubi e caldaie lucenti che saranno una sala-macchine, è rischiarato da candide colonne neoclassiche che orneranno un salone da ballo, è tagliato in due da un potente traliccio di ferro, un bilico sostenuto da pistoni che faranno oscillare e impennarsi sui mari spumeggianti l'imbarcazione-mondo di E la nave va, il nuovo film che Federico Fellini comincia a girare tra pochi giorni, l'otto novembre. (Curioso: anche Michelangelo Antonioni sente il richiamo profondo o l'essenziale metafora del mare, ma solcato da uno yacht-società, nel suo prossimo La ciurma). Forse E la nave va è la storia di una crociera intrapresa da un gruppo di melomani, di ricchi, di esteti e di personaggi ufficiali per spargere sul mare di Grecia le ceneri d'una splendida diva del bel canto, avventura Liberty travolta dallo scoppio della prima guerra mondiale; forse il bersaglio, il tema contemporaneo, e l'informazione come frenetico bisogno d'anticipare il futuro, la cronaca imprecisa e drammatizzata, spettacolare e mistificata, somministrata come anestetico della realtà. Nell'ufficio di Fellini. attaccate alle pareti ci sono immagini di mare e di cielo tempestoso, fotografie d'interpreti quasi tutti inglesi o tedeschi, c'è un gran rinoceronte dipinto, ci sono disegni: una figurina infantile stretta fra due militari in divisa rutilante, facce smorfiose e, vista di fronte, una grigia nave da guerra con tutti i suoi cannoni neri. Sono quei disegni che al regista servono, dice, «per comin¬ ciare a guardare il film in faccia, per vedere che tipo è; il tentativo di fissare qualcosa, sia pur minuscolo, al limite dell'insignificanza, ma che mi sembra abbia comunque a che fare col film, e velatamente mi parla di lui; non so, forse anche un pretesto per avviare un rapporto, un espediente per trattenere il film, o meglio ancora per intrattenerlo». Raccolti in un bellissimo volume edito da Laterza col titolo / disegni di Fellini, curato da Pier Marco De Santi c introdotto da uno scritto del regista e da una nota di Oreste del Buono, questi pre-testi, o espedienti, esorcismi, divertimenti o tentativi, vengono presentati domani a Roma. Fellini racconta d'aver disegnato da sempre: «E' una sorta di rifesso condizionato, di gesto automalico, una mania: con un po' di imbarazzo confesso che c'è stato un momento nel quale ho pensato che la mia vita sarebbe stata quella del pittore». Da ragazzino girava per le spiagge d'estate, offrendo ai villeggianti ritrattini e caricature firmati <>Fellas'>; ha disegnato fumetti; provinciale a Roma, ha disegnato vignette per il bisettimanale umoristico Marc'Aitrelio; al disegno s'è affidato per sopravvivere nel 1944, aprendo con alcuni amici una bottega della caricatura, «Funny Faces Shop: Profiles. Portraits. Caricatures'), per i soldati americani che affollavano la città; al disegno ha affidato le prime intuizioni d'ogni film. «M'è sempre piaciuto curiosare negli sludi dei pittori, nelle loro soffine, passare pomeriggi interi negli stanzoni dissestati e pieni di spifferi d'aria degli scultori, con il sentimento e il benessere di chi sta a casa propria». I disegni a colori e in bianco e nero raccolti nel libro antici¬ pano con assoluta efficacia i personaggi del regista: lo Sceicco Bianco mitico e vanesio, Cabiria col suo bolerino spennacchiato, la grande Anita Ekberg vestita da prete, la Signora Carla di Olio e mezzo, i clowns sgangherati, gli abitanti del paese della memoria di Roma e Amarcord, il tetro Casanova, le cittadine della Città delle donne. Poi ci sono i piccoli ritratti degli amici, dei collaboratori (Ennio Flaiano che corre via tutto nudo e con la coda, il piccolo Nino Rota dalla gran testa fragile), e autoritratti ironici (seducenti Fellini dalle lunghe ciglia, nere come il largo cappello romantico): intorno ai disegni, poi. note, commenti, numeri di telefono, osservazioni, interrogativi che sollecitano ogni curiosità o pettegolezzo. , La vena, scrive De Santi, è «umoristica e a un tempo malinconica»; lo stile, scrive del Buono, rimanda «all'immagine disegnata popolare che ha nutrito la biografa preflmica del regiva, fumetto avventuroso, caricatura, strip comica, vignetta umoristica», ed è segnato «dall'estraneità alle gre/te presunzioni del "buon gusto" mediopiccoloborghese, alle lusinghe del "composto" e del "carino", alle angustie dell'eleganza; quell'estraneità alla mediocre ragionevolezza che è l'essenza .dell'arte della comunicazione di massa e che ha fatto di Fellini un grande artista nazional-popolare». Lietta Tornabuonl La nave, in uno dei disegni con cui Fellini prepara il film

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