Quando la foresta ritorna viva

Quando la foresta ritorna viva DOPO GLI SGUAIATI RUMORI DELI/ESTATE, REGNA DI NUOVO IL SILENZIO Quando la foresta ritorna viva Passano soltanto, all'alba, i grandi cavalli notici che vanno a raccogliere il legname del diradamento e degli schianti - E' l'ultimo lavoro della stagione, in attesa della prima neve - Gli alberi antichi dell'Altopiano erano severamente protetti dalla Repubblica Veneta: «Crescono in taluni siti ad altezza meravigliosa, sì che possono servire di antenne ai più grossi vascelli» ASIAGO — Oro che l'autunno si avvia veloce verso la prima neve mi è di grande ricreazione andare di buon mattino per i boschi finalmente ritornati nostri perché i giovani rumorosi hanno ripreso la scuola e i cercatori di funghi hanno rinunciato alla raccolta o per il freddo o per pigrizia. Anche i cacciatori della riserva alpina escono solo due volte alla settimana e, nelle quote più alte, due volte in tutta la stagione. Nel bosco ora ci m solamente chi di bosco vive e chi lo ama come cosa propria. Al mattino, prima ancora del crepuscolo, sento passare sotto casa i trattori di quattro amici che vanno a sboscare il legname del diradamento e degli schianti; nei rimorchi, che hanno le sponde alte e le ruote basse, stanno come monumenti greci i quattro cavalli «orici che giunti dove la strada forestale finisce verranno fatti scendere per il giornaliero lavoro: su e giù per il vajo a tirare i tronchi. Agganciati con chiodi e anelli, legati a dei tiranti fissati alla braga, i tronchi, i travi e i botoli ripuliti e tagliati a misura, dal letto di caduta scendono fino al piano di caricamento degli autocarri, e si ammucchiano in ordinate cataste, con le teste rivolte a valle; su ogni pedale hanno il segno del collaudo del Corpo Forestale: prima della neve verranno trasportati nelle segherie per diventare tavole, morali, palanche. Ogni tre ore di questo faticoso lavoro cavalli e uomini si riposano e si ristorano: i cavalli con il muso affondato nella sacchetta della biada, gli uomini accanto al fuoco che riscalda la polenta per il formaggio della loro colazione. Quando vado allu ricerca di una beccaccia qualche volta mi fermo a conversare con loro e alla sera, quando li sento ritornare, lascio il libro o il quaderno per vederli passare giù sulla strada; i cavalli immobili dentro il rimorchio e con una coperta sulla groppa, gli uomini assorti nella loro stanchezza. Questo dell'esbosco è l'ultimo lavoro della stagione, ma so anche che in questi giorni l'Ispettore forestale assieme al Maresciallo e a un gruppetto di boscalolt sta procedendo alla stesura del nuovo Piano economico silvo-pastorale. Questo plano economico per noi non è una novità perché, in un certo senso, è da secoli che i boschi e i pascoli sono regolati da norme che hanno permesso la loro conservazione malgrado i grandi danni provocati dalla Prima guerra mondiale. Giù nel 1388 era stata disciplinata la «discesa» del legname dall'Altipiano fino al Brenta per rifornire l'Arsena- le di Venezia, e nel 1492 dalla Reggenza veniva emanata una «determinazione» che vietava il taglio sregolato dei boschi e regolava l'utilizzazione con speciali norme. E ì boschi, allora, dovevano veramente essere affascinanti se abeti e pecci «... crescono in alcuni siti a un'altezza meravigliosa, di novanta e cento e più piedi d'altezza, e che hanno di diametro nove e dieci piedi; cosi che possono servire di antenne a' più grossi vascelli... Coloro che hanno fatto studio sopra 1 boschi Insegnano che gli arbori crescono in ragione del vigore e del nutrimento che acquistano: cosi che nel primo anno crescono un piede, nel secondo un piede e mezzo, nel terzo due piedi e cosi via di mano in mano; quando perù un tal accrescimento non sia ritardato o dalla cattiva stagione, o da malattia che sopravvenga allo arbore. Finito che abbia a crescere s'intenderà giunta la sua maturità. Perché un arbore giunga più presto o più tardi alla sua maturità confluisce molto la qualità del terreno. In alcuni luoghi si troverà maturo in cinquanta o sessantanni, in altri seguirà a crescere fino ai cento e più...». La sorveglianza dei boschi era compito dei -Saltari», guardie-sacerdoti la cui istituzione risale all'epoca longobarda: .....l'uso di questi è molto antico presso 1 nostri popoli come si ricava dalle parti prese dalle Vicinie ch'esistono negli archivi de' Sette Comuni. Siccom'è Ispezione de' Saltari invigilare che non vengano fatti danni ne' boschi e che niuno ardisca di tagliare in quelli che sono banditi, e di denunziare fedelmente al Comune, vale a dire a' suol Governatori, i delinquenti, acciò siano irremissibilmente castigati...» (A. Dal Pozzo - Memorie /storiche dei Serte Comuni -1820). Così erano salvaguardati i nostri boschi nei secoli passati. E mi viene da dire •nostri» perché non di altri sono che di noi residenti da oltre trenta generazioni, perché abbiamo saputo rispettarli e amarli come cosa sacra, un tempio, e garanzia di vita; cose, queste, che difficilmente può capire chi venendo dalla città o dalla pianura, senza riguardo li insudicia e li calpesta e li inquina di rumori. Oggi, di buon mattino, l'Ispettore forestale e i suoi aiutanti, con gli strumenti di rilevazione e una rustica colazione nel sacco da montagna camminano per dossi e valli, misurano e controllano le superfici delle particelle forestali del Piano precedente, osservano il terreno nella sua formazione e consistenza, la vegetazione di erbe, funghi e arbusti die formano il sottobosco e i fusti che si alzano diritti dentro il cielo. Da tante osservazioni te-, cnicìw e dalle misurazioni dei tronchi, da! censimento degli stessi, dalla particolare formazione del bosco (disctaneo, misto, coetaneo, di rinnovazione, di rimboschimento, fustaia, perticata, ceduo) traggono le conclusioni della consistenza e della produttività o meno della particella esaminata e i dati vengono con precisione riportati in cartografia e in cifre sugli appositi stampati. Quando la neve non permetterà il lavoro di rilevazione, nell'ufficio si confronteranno i dati raccolti con quelli dei piani precedenti, si studieranno i provvedimenti colturali presi nel passato e l risultati, si progetteranno quelli da prendere. Non è certo semplice coltivare bene un bosco e seguirlo nel suo evolversi; è molto più difficile che coltivare un vigneto o un frutteto perché l'ecosistema è basato su molte specie vegetali e su una biocenosi complessa, e poi si lavora sempre su tempi molto lunghi che possono essere anche di qualche secolo. In campo forestale gli errori provocati da interventi sbagliati sono molto più gravi di quelli che si possono commettere in agricoltura «... essi sono anche molto più facili perché l'ecologia (valenza ed amplitudine) delle specie forestali, e dei loro numerosi ecotipi, a causa della lunghezza dei cicli biologici e della longevità, è meno conosciuta delle specie di interesse agrario» (Mario Cappelli, Selvicoltura generale). Fra gli studi e i lavori dell'uomo la selvicoltura è uno dei più complessi e affascinanti, oggi in particolare tra l più necessari perché gran parte della vita del nostro pianeta dipende dalla vegetazione e di come ci comporteremo nei suoi confronti nell'avvenire. Da osservazioni fatte nel corso del tempo e quindi legate ad esperienze, è dimostrato che la foresta disctanea coltivata è quella che più si rende utile all'umanità sot- to gli aspetti di produzione, protezione, ricreazione, igienici, culturali ed estetici; questo più che non la foresta vergine, i parchi naturali, le alberature, i parchi urbani, la foresta coetanea. E alla foresta disctanea coltivata si dirigono ora tutti gli studi e le attenzioni dei selvicoltori. Ma è anche vero, purtrop-' po, che incendi, urbanizzazioni sbagliate, speculazioni, valorizzazioni a scopo turistico e sportivo, insomma i fattori ecologici di origine antropica, stanno riducendo in modo irreversibile la superficie boscata: l'area dei boschi italiani, secondo Susmel. negli ultimi dieci anni si è ridotta dt almeno duecentomila ettari. Per non parlare dell'inquinamento da gas tossici che nei Paesi tecnologicamente avanzati sta aevastando la vegetazione: negli Stati Uniti sono diventati deserto un milione di ettari; in Europa i boschi e i rimboschimenti sono minacciati da distruzione e nemmeno le stazioni forestali delle valli alpine più alte sono esenti dalla contaminazione atmosferica. .Noi davvero corriamo il rischio di rendere inabitabile il mondo per eccesso di presunzione e potremo finire con rimanere vittime di quello stesso progresso al quale ci affidiamo per salvarci» (Lucio Susmel, Problemi di ecologia applicata). Nell'agosto del 1820 Giacomo Leopardi annotava nel suo -Zibaldone di pensieri»: ..... Tanto è possibile che l'uomo viva staccato affatto dalla natura, dalla quale sempre più ci andiamo allontanando, quanto che un albero tagliato dalla radice fiorisca e fruttifichi. Sogni e visioni. A riparlarci da qui a cent'anni. Non abbiamo ancora esempio nelle passate età, dei progressi di un incivilimento smisurato, e di uno snaturamento senza limiti. Ma se non torneranno indietro, l nostri discendenti lasceranno questo esempio ai loro posteri, se avranno posteri». Mario Rigoni Sterri

Persone citate: Arsena, Dal Pozzo, Di Nuovo, Giacomo Leopardi, Governatori, Lucio Susmel, Mario Cappelli, Mario Rigoni, Saltari

Luoghi citati: Asiago, Europa, Stati Uniti, Venezia