Bastiglie dell'arte

Bastiglie dell'arte RESTITUIRE I CAPOLAVORI RAZZIATI? Bastiglie dell'arte Ci sarà mai qualcuno in grado di narrare, nei modi dovuti, la storia delle spoliazioni artistiche subite dall'Italia tra, il Sette e l'Ottocento? E' una vicenda di enorme interesse, tanto più oggi quando si parla del territorio e del suo aspetto socio-culturale; ma è anche una vicenda assai complessa, dove il declino della società AizW ancien regime si intreccia a fatti di politica locale e internazionale, alla smania di lucro e al servilismo di taluni rappresentanti dell'intellettualità nostrana. Nel tortuoso succedersi delle varie motivazioni, molte città italiane hanno sofferto perdite (soprattutto del patrimonio pittorico) tali da alterare e mutilare in modo assai grave il loro aspetto, raggiunto da una stratificazione plurisecolare di storia, arte ed economia. Prendiamo, ad esempio, un centro che di rado è considerato: Savona, dove uno dei dipinti più ammirati e insigni era, prima dello scompiglio, una grande tavola nella Chiesa di San Giacomo, raffigurante la Visitazione (oggi si trova nella Galleria di Wiesbaden). Nel 1768, le Vite dei Pittori Genovesi del Soprani-Ratti la citano come cosa di grandissimo pregio; nel 1847, padre Tommaso Tortcroli, nella sua illustrazione di Savona, dice che è scomparsa '■per sozzo lucro ed infume», privando così l'illustre città ligure di un testo figurativo la cui fondamentale importanza per le sue vicende artistiche risulterà un giorno con l'approfondirsi desìi studi. ° ** E' un caso, questo, di traffici occulti, di quel tipo che continua anche ai nostri giorni; ma un altro dipinto, di non comune importanza artistica e storica, scomparve dalla città ligure per vie diciamo così ufficiati, quello cioè dovuto a Giovanni Massone, che lo eseguì verso il 1490, e che raffigura i due più illustri cittadini di Savona, Sisto IV e suo nipote Giuliano Della Rovere (poi Papa Giulio II) inginocchiati davanti alla Natività. L'allora cardinale Giuliano l'aveva fatto eseguire per la Cappella funeraria di famiglia, annessa alla Chiesa savonese di San Francesco, la cosiddetta Cappella Sistina, che esiste ancor oggi. Nel 1812 il dipinto (oggi ad Avignone) venne acquistato per conto del Musce Napoléon dal suo direttore generale, Dominique Vivant Denon, che si era recato in Italia per effettuare compere di quadri; inutile aggiungere che, con la Liguria annessa come Dipartimento all'Impero, con la sop pressione dei monasteri e con tutto il resto, gli acquisti del Denon somigliano da vicino a quelli degli inviati di Goring e di Hitler nell'Europa occupata tra il 1940 e il 1944. Comunque si trattò di acquisto, cosi come di acquisto si trattò quando i marmi del Partenone furono trasportati da Lord Elgin in Inghilterra, marmi dei quali la signora Melina Mercouri, ministro della Cultura di Grecia, ha sollecitato la restituzione nel corso della Conferenza mondiale dell'Unesco sulle politiche culturali, tenutasi recentemente a Città del Messico. La richiesta della signora Mercouri non è, come potrebbero insinuare i soliti maligni, la trovata pubblicitaria di una vecchia guitta sul viale del tramonto; essa risponde a precise esigen ze dell'odierna sensibilità storico-artistica, e del desiderio di leggere e di fruire i testi figu rativi nelle condizioni ottimali di completezza e di situazione originaria. Tuttavia, è discutibile che una richiesta del genere venga effettuata a proposito di opere regolarmente acquistate per vie ufficiali (anche se l'ufficialità era allora rappresentata dall'odiato invasore ' ottomano); tra l'alerò, Lord Elgin ha il merito innegabile di averci tramandato sculture che, lasciate al loro posto, sarebbero scomparse o giunte sino a noi in condizioni di sfacelo. Si sa che i calchi in gesso del fregio marmoreo del Partenone, relativi ai tratti che egli non potè asportare, ci mostrano i rilievi in condizioni infinitamente ■ migliori di quel che non ap paia oggi. Ma, considerazioni del genere a parte, non c'è dubbio che il principio invocato dalla signora Mercouri vada appog¬ giato, soprattutto quando le opere d'arte sono state asportate con la violenza e con le armi in mano; e su questo punto le parole più assennate le ha dette Alberto Arbasino in una lettera a la Repubblica del 25 settembre. Egli ha auspicato che 'quella Bastiglia della cultura clx è il Louvre» lasci libere «le opere d'arte straniere che vi sotto iniquamente detenute in seguito a rapine imperialistiche e soprusi egemonici». ** Nulla di più esatto e di più saggio è stato mai pronunciato; e, nell'occasione, indichiamo taluni esempi che dovrebbero far riflettere. Alludo alle tele del Veronese che gli inviati rivoluzionari strapparono criminalmente dai soffitti del Palazzo Ducale di Venezia, e alla colossale Ona del medesimo Paolo Veronese, che starebbe meglio nel Refettorio di San Giorgio Maggiore, dove si sposerebbe con la sublime architettura del Palladio, assieme alla quale fu ideata. Ma c'è, nel Louvre, una delle più alte creazioni del Cinquecento veneziano, che sembra fatta apposta per il discorso in questione. Si tratta della Coronazione di spine di Tiziano, già su un altare della Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano, che gli inviati rivoluzionari rapinarono e che nel 1815 il governo dell'Austria (da cui dipendeva la capitale lombarda) non si preoccupò di richiedere. Ora accade che l'Unesco abbia compilato un cosiddetto Patrimonio cu/turale dell'Umanità. La lista dei luoghi e dei monumenti iscritti in tale patrimonio è pubblicata nel Bollettino d'informazione dell'Unesco, n. 18; si tratta di 112 numeri, la cui lettura lascia, a dir poco, sconcertati. Infatti mentre, ad esempio, la Polonia vi è rappresentata da cinque numeri (che comprendono anche le miniere di sale di Wielicka e il centro di Varsavia, tutto falso dopo la ricostruzione del 19-15-50) l'Italia vi appare soltanto per tre titoli, l'Arte rupestre della Valcamonica, il centro di Roma e la Chiesa e il Convento di Santa Maria delle Grazie a Milano. Firenze e Venezia (per non dire di Siena, Assisi, Pisa, Pompei) vi sono ignorate. E' meglio non chiedersi chi siano i responsabili di tale lista (presumiamo che percepiscano un auto stipendio alle spese della collettività nostrana) né domandiamo ragione di omissioni talmente abnormi, per cui l'Italia figura con la medesima consistenza del Guatemala o di Malta; ma il fatto consolante è che l'avaro elenco include la Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano, dalla quale fu rapinata la splendida tela di Tiziano oggi al Louvre. Quale occasione migliore, per iniziare la politica delle restituzioni, di questa? Siamo certi che il ministro Vincenzo Scotti non mancherà di aprire la trattativa con il suo collega francese, Jack Lang, così nemico degli mperialismi culturali. E già si intravede la radiosa alba di un nuovo giorno, nel quale l'Europa sarà unita da una fratellanza culturale, grazie alle opere d'arte tornate al loro pristino luogo, a cominciare da quelle rapinate dalle armate francesi in Italia: uno studio di Mademoiselle Blumer, del 1936, ha provato che su 506 quadri rubati soltanto 249 furono restituiti con il Congresso di Vienna, mentre 9 risultano scomparsi e 248 rimangono nei Musei di Francia Soltanto dopo una così massiccia restituzione si potrà parlare dei marmi ateniesi: è certo che, una volta avviato, il processo non si fermerà. La signora Mercouri, come iniziatrice del nuovo capitolo della storia culturale europea, avrà ben diritto a un monumento: se non sotto il virginale aspetto àcW'Atbena Par tbénos ci auguriamo che sarà rappresentata nelle vesti della pugnace Athena P.rómachos. Tutto dipende dunque dall'atteggiamento dei francesi, nei cui Musei è il maggior numero di opere d'arte sottratte con la violenza. A meno che non permanga, in Francia, l'atteggiamento mentale di uno stu dioso, per altro illustre, come Eugène Muntz, che nel 1897, pubblicando sulla h'ouvelle Revite un articolo sulle restitu zioni imposte nel 1815, lo intitolava Le pillage des nos Musèes: a suo avviso i ladri non erano stati coloro che con il sopruso avevano portato via i preziosi tesori, ma quelli che ne avevano imposto la restitu zione. _ •., , _ , Federico Zeri