«Come ho girato un film dalla prigione»
«Come ho girato un film dalla prigione» «Come ho girato un film dalla prigione» NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE PARIGI — Il suo film «Yol» ci mostra prigioni semiaperte che danno permessi ai detenuti. Come può esistere questo tipo di regime carcerario sotto il governo militare turco? In Turchia sono state sempre inflitte condanne molto pesanti: da 24 a 36 anni per omicidio. 16 anni per un furto con violenza, due anni e mezzo per una fumata di hashish. Sotto qualsiasi regime il sistema carcerarlo è spaventoso, con condizioni di vita estremamente dure. E le rivolte sono frequenti. L'istituzione delle prigioni semiaperte è stata una valvola di sicurezza. Come faceva a lavorare in prigione? Nei primi tempi in cui ero in carcere, nel '74, avevo creato una società di produzione, la GUney Films; se ne occupavano gli amici ih liberti. Ho scritto due sceneggiature e Ito trovato due giovani registi Ma non ho potuto intervenire sul set, e ne sono venuti fuori due film, Il Permesso e Un giorno di sicuro, che non hanno funzionato. Ho rifatto la società tentando nuovi esperimenti. Per II gregge e II nemico ho scritto sceneggiature estremamente particolareggiate, con tutti i movimenti della cinepresa e le luci. Ho scelto persone che volevano lavorare per me seguendo le mie direttive. Il denaro veniva dalla GUney Films, che essendo società anonima non era stata confiscata. All'epoca del Gregge ero in penitenziario a Toptashi. Allora il governo era più liberale. Abbiamo fatto delle proiezioni alla mensa, un lenzuolo fungeva da schermo, e io davo consigli per il montaggio e il sonoro. Lo stesso è stato per II nemico. Per Yol è stato molto diverso. Ero in coproduzione con una società svizzera che ha dato la pellicola e il materiale tecnico. Sta^iuscito c portare tutti i mtèìsoldi fuori della Turchia, quando sono arrivato in Svizzera ho trovato l'intero film girato, che ho completamente rifatto nel montaggio. In quelle opere c'è molto di mio. ma non sarebbe stato possibile realizzarle senza la capacità artistica, la dedizione, il perfetto coordinamento degli amici ■ Yol» è stato completamente girato in Turchia? Aveva un'autorizzazione? SI. Secondo il sistema turco, bisogna depositare una sceneggiatura alla commissione di censura per avere il visto. Abbiamo presentato una scenegglatura mollo edulcorata di 24 cartelle invece delle 150 che erano state scritte, e l'hanno accettata. Ottenuta l'autorizzazione, ci può essere un'ulteriore censura, ma le autorità non lianno il diritto di incriminare i responsabili. La troupe aveva affittato un treno su una linea non fre-,\ quentata, e contadini dilct-\ tanti attori si sono prestati per quelle scene. L'isola-prigiane batata ripresa di nascosto, di lontano, ma le prime scene sono state girate altrove. Là marcia di Seyit è Zini, la moglie adultera, è stata girata nella regione di Bingòl, in quota. Avevo approfittato di un permesso per farvi dei sopralluoghi. In «Yol» i detenuti in permesso sono cinque. Due, Yusuf e Melvikt, hanno ruoli secondari. Gli altri tre, Seyit, M uhm et e Omer, sono molto più importanti e si assomigliano fisicamente. Rappresentano lei? All'inizio non me ne rendevo conto, la cosa ha preso forma durante il lavoro di finitura. Quei personaggi sono tutti condannati per reati comuni (non sono prigionieri politici), come ne ho conosciuti tanti in carcere. I due in secondo Viano aggiungono uh qualcosa al film, ne ho ridotto il ruolo in fase di montaggio. Quello arrestato in viaggio e quello che non può uscire liberamente con la fidanzata portano un complemento all'atteggiamento e alla mentalità degli altri tre, che subiscono l'alienazione del potere sociale ma mantengono il potere ma sellile.. Nei film ho sempre voluto dare una visione limpida e precisa del mondo attraverso personaggi lacerati. Quegli uomini dominano le donne. ma portano in se stessi l'umiliazione di tutti, e sono anche vili e impotenti. Nel villaggio curdo Omer incontra una ragazza die ama, ma non osa dirglielo. Coraggioso perché sceglie la rivolta, in realtà è un vigliacco perché, alla morte del fratello, seguendo l'usanza patriarcale, dice alla vedova che la sposerà. Anche Seyit e Mehmet. sono scavalcati, prigionieri delle tradizioni Questo non dipende dalla dittatura militare in Turchia, ma da tradizioni, catene invisibili, eredità di un lungo passato feudale. In Turchia può anclte venire una democrazia borghese, ma la mentalità non cambierà certo da un giorno all'altro. Ho voluto mettere il dito su quelle catene invisibili, peraltro inseparabili dalle strutture economiclie. Ci vorrà una lunga lotta contro te barriere e i condizionamenti psicologici. Bisognerà estirpare i fantasmi feudali, dare un'altra educazione. Jacques Siclier Copyright <'!*■ Mortdf' e per l'Italia < I .a Stampa»
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