Com'era verde la mia Stanley

Com'era verde la mia Stanley Visita all'arcipelago delle Falkland a pochi mesi dalla fine della guerra con l'Argentina Com'era verde la mia Stanley STANLEY. Isole Falkland — A pochi mesi dalla fine della guerra con l'Argentina, gli isolani sembrano certi che non riusciranno più a vivere come prima dello scoppio delle ostilità. Entro l'anno, le strade fangose e i campi di Stanley saranno ripuliti di tutte le munizioni ancora sparse nella zona, sette milioni di pezzi si pensa; ma ci vorranno anni per disinnescare le dodicimila mine disseminate qua e là. Negli ultimi giorni di guerra, tra l'altro, gli elicotteri argentini ne lanciarono molte di plastica: i ragazzi di Stanley, che le chtamano «biglie verdi», non possono più uscire di casa. Dice Jeanne Sheridan, madre di due bambini: «Non attraverseremo mai più i campi per raccogliere bacche». A causa delle mi ne, è vietato uscire in auto da Stanley: non si può andare a pesca né raccogliere torba, che quaggiù usano per alimentare le stufe. La solitudine di queste isole è ora insidiata dalla presema di una robusta guarnigione militare inglese. Molti dei tremila soldati se ne andranno, prima o poi; ma ne resteranno sempre almeno milleclnquecento-duemila. raddoppiando la popolazione (1800 persone). La vittoria inglese ha avuto anche l'effetto di proibire ai «falklander* l'accesso alla terraferma argentina. Prima della guerra c'erano un paio di voli la settimana, ora sono statt soppressi, e non si pensa a sostituirli con collegamenti con l'Uruguay, il Cile o il Brasile. Resta Inoltre il timore che le ostilità possano riprendere, prima o poi. Ogni tanto il ra dar segnala una presenza «sconosciuta», e gli Harrier s: levano in volo. Dicono i militari che i radar sono fatti cosi danno segnalazioni vere e false. Ma John Smith, un isolano che gestisce la locanda di Stanley, la pensa diversamen te: «Qualcuno, in Argentina, potrebbe pensare: l'esercito ci lia battuto, ma l'aviazione può tentare di nuovo: magari, stanno saggiando la nostra tenuta, i nostri nervi. Certo nessuno ci dice nulla: la cosa peggiore». C'è chi. nonostante tutto, non considera negativa la presenza del soldati inglesi. Des King, padrone dell'unico albergo dell'isola, Upland Goose. spera: «Chissà, magari avremo più negozi, un panettiere, un ciabattino, un barbiere». Un beneficio, almeno, ci sarà. E' in arrivo un veterinario militare: porterà un cane cercamine, ma sarà a disposizione «anche per 1 problemi degli altri animali». La vittoria inglese ha chiarito il futuro politico delle isole, prima considerato incerto, e tale da scoraggiare potenziali investitori. «Per anni, il Foreign and Commontcealth Office ci ha spinto nelle braccia degli argentini», sostiene Gerald Cheek, riferendosi a una proposta d'affitto tipo Hong Kong, che avrebbe portato al riconoscimento della sovranità argentina. «Ma adesso cinquanta milioni di inglesi hanno voce In capitolo sul nostro futuro». Ci sono isolani, come King, che sceglierebbero 1indipendenza sotto la protezione britannica; altri preferiscono rimanere colonia. Ma la maggioranza non si pronuncia, sostenendo che è troppo presto per fare ipotesi del genere. Un ruolo inglese stabile è comunque considerato certo da tutti, e non dispiace a nessuno. Il problema degli investimenti è molto serio. L'elemento dominante, nell'economia delle isole, è la «Compagnia delle Falkland», che possiede la metà degli allevamenti di pecore. E' stata criticata per mancanza di iniziative: nel 1976, un rapporto del governo affermava che una maggior frammentazione della pro¬ prietà avrebbe aiutato un'economia in cui la lana è l'unica delle esportazioni. Stanley sembra una cittadina della frontiera americana, trasformata in un deposito militare. Strade una volta tranquille sono intasate di veicoli, quasi tutti presi agli argentini ma ancora in buone condizioni. Margaret Léonard, uno dei ventisei americani che abitano alle Falkland (sono tutti di fede Ballai) racconta quanto è cambiata la vita a Stanley: «Prima della guerra andavo al l'ufficio postale, il martedì, e lo trovavo sempre vuoto. Anche per le strade non c'era nessuno, forse una Rover, e su a Upland Coose qualche volta c'era un turista. Adesso dappertutto c'è fango». // porto è intasato di mezzi danneggiati o distrutti che aspettano di essere imbarcati. Isoldati sono dappertutto: costruiscono una pista per mezzi anfibi, portano nei magaz- Zini le casse di viveri e rifornimenti scaricate dagli elicotteri, o si rilassano al bar. Ovunque si vedono le cicatrici della guerra; quasi tutte provocate dai proiettili sparati dalle navi inglesi. Le strade lastricate, sono adesso tutte butterate e I cingolati della guarnigione militare ne peggiorano lo stato. Qua e là ci sono grossi container vuoti: erano arrivati qui pieni di munizioni argentine. «Gli occhi del mondo sono puntati su di noi — dica anco¬ ra Margaret Léonard —. Per molto tempo Stanley ha continuato a perdere abitanti. Spero che avremo più contatti con il resto del mondo». James Feron Copyright «N.Y. Timi» Service» e per l'Italia «La Stampa» S Stanley. Le tombe di due soldati argentini in riva alla baia più importante delle Falkland

Persone citate: Gerald Cheek, James Feron, Jeanne Sheridan, John Smith, Margaret Léonard, Stanley Stanley, Zini