Prima linea assassinò Paolella senza quasi sapere chi fosse di Guido Rampoldi

Prima linea assassinò Paolella senza quasi sapere chi fosse La deposizione del «dissidente» Alfredo Bonavita al processo Moro Prima linea assassinò Paolella senza quasi sapere chi fosse L'omicidio del criminologo napoletano era nei programmi delle Formazioni comuniste: PI decise di anticiparlo per acquistare maggiore prestigio - «Curdo pensava che Moro sarebbe stato liberato» ROMA — Il criminologo napoletano Alfredo Paolella volevano ammazzarlo le Formazioni comuniste combattenti. Ma quelli di Prima Linea lo seppero e decisero di «rubare l'obiettivo» alla banda rivale. Cosi Paolella lo uccisero loro. I sicari che gli spararono nella schiena, fino a qualche giorno prima ignoravano persino chi fosse. Ma lo assassinarono lo stesso, «dato che chi effettuava più operazioni avrebbe guadagnato più militanti». Una gara a chi ammazza di più: il «confronto politico» tra i gruppi eversivi non era altro che una questione di contabilita A spiegare dall'interno che cos'è davvero 11 terrorismo è Alfredo Bonavita, una delle figure più nitide ad aver calcato la scena del «processo Moro». Ha collaborato con la giustizia, ma a modo suo: ha raccontalo quel che sapeva, rifiutandosi però di denunciare persone da anni estranee alla lotta armata, gente che non aveva le mani sporche di sangue; In cambio, non ha chiesto «sconti». E' in galera da otto anni, vi resterà per altri nove. SI definisce «dissidente politico»: né pentilo né irriducibile. In aula ricostruisce il suo percorso. La sua scelta — racconta, rivelando un episodio inedito — l'ha fatta nel maggio del 1981. Siamo nel supercarcere di Palmi, dove Bonavita è recluso insieme a tutlo il nucleo storico delle Br, quelli con i quali più di dieci anni prima aveva tenuto a battesimo l'organizzazione. C'è in ballo una clamorosa evasione. All'ora stabilita i quindici etti di esplosivo fatti entrare nel carcere all'interno di alcune macchine da scrivere schianteranno porte e sbarre. Sul terrazzo del penitenziario si poserà un elicottero, preso chissà dove, e porterà via, liberi, 1 padri fondatori delle Br. Nelle celle, gli altri regoleranno 1 conti con agenti di custodia e detenuti che le Br non vedono di buon occhio. Sarà un massacro. Di fronte all'eventualità di quel bagno di sangue Bonavita dice basta. Chiama il giudice, lo avverte, sventa l'evasione. Comincia cosi a collaborare con la magistratura. Amico e confidente di tanti altri detenuti, dalla sua cella ha assistito all'evoluzione del terrorismo. In un documento che ieri ha consegnato alla corte ha spiegato la diiferenza tra l'eversione prima maniera e le successive versioni. L'inizio: «Erano i tempi in cui le armi ci facevano paura, dove r . i o e e a e ile ve il colpo in canna non si metteva neanclie in azione, in cui si pagava in contanti l'auto bruciata per errore». Ma ecco comparire i «comandanti..: «le vecchie puttane con il trucco rifatto, che con un occhio alla sedia e uno alla piazza viaggiano su e giù per l'Italia con i piedi in 14 scarjìe e reclamano potere». Chi sono costoro?, domanda il presidente della corte. Bonavita fa tre nomi, a titolo d'esempio: Negri, Scalzone, Piperno. Nello schemlno ingenuo della «rivoluzione tradita.. che Bonavita propone alla corte, gli ex capi di Potere Operalo sono I «traviatori... E' a nome di militanti di «Po- top», racconta, che Fioroni propose di compiere un sequestro di persona: le Br avrebbero dovuto eseguirlo, al resto avrebbero pensato loro; il riscatto sarebbe stato spartito a meta. Fioroni non fece il nome dell'eventuale ostaggio, ma Bonavita aggiunge che di 11 a poco lu rapito Carlo Saronio: per il rapimento è imputato Toni Negri. Bonavita partecipò ad un rapimento, ma «politico.: quello del giudice Sossi. E' lui il terrorista che preleva materialmente il magistrato dicendogli: «Sossi, cercati! (e Brigate rosse, ora le hai trovate.. Ed è ancora lui che si batterà contro l'eliminazione dell'ostaggio, e che al proccesso gli griderà, serio: -Sossi, non è vero che ti trattavamo male, quando me l'hai chiesto tho preparato pure il risotto con i j funghi». | Arrestato nel 1974. Bonavita comincia la sua vita di detenuto. -In carcere — dice adesso — ci sono gli irriducibili, gli assatanati come li chiamiamo noi, e una grande massa di scontenti, dubbiosi, costretti a subire, a eseguire condanne sotto il ricatto del gruppo». Vive il sequestro Moro nel carcere di Torino, come Curcio e gli altri padri fondatori delle Br: I colloqui con l'avvocato Guiso, ambasciatore del psi, si rivelano però Inutili. Poi la notizia dell'assassinio dello statista, che coglie i detenuti di sorpresa. «Anche Curcio pensava che Moro sarebbe stato liberato. Lo scambio uno contro uno forse avrebbe messo in difficoltà le Br. Ma avrebbero ucciso lo stesso, perché i Moretti quanto a sensibilità politica sono zero». L'interrogatorio riprende stamane. Dopo le interviste alla -Stampa» ieri l'avvocato Tarsltano ha chiesto l'audizione del senatore comunista Pecchioli e l'acquisizione della deposizione alla commissione Moro del socialdemocratico Romita. Guido Rampoldi Roma. Depone Alfredo Bonavita: «In carcere ci sono gli irriducibili, gli assatanati come li chiamiamo noi, e una grande massa di scontenti, costretti a eseguire condanne sotto il ricatto del gruppo»

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