Troppi «non ricordo» di Cossiga nelle ombre del processo Moro

Troppi «non ricordo» di Cossiga nelle ombre del processo Moro L'ex ministro dell'Interno sentito per cinque ore dai giudici Troppi «non ricordo» di Cossiga nelle ombre del processo Moro ROMA — L'ex ministro dell'Interno e poi presidente del Consiglio Francesco Cossiga è stato sentito ieri dai giudici del processo Moro, a Palazzo San Macuto. L'Interrogatorio é durato in tutto cinque ore e, secondo le prime valutazioni, le risposte date da Cossiga alle molte domande si sono rivelate deludenti almeno per coloro che si attendevano qualche novità. L'ex ministro dell'Interno hn smentito, tra l'altro, la signora Moro affermando che mal gli parlò di Gradoli o di una via Gradoli. Né, ha detto, sa dov'è finita la relazione fatta dai poliziotti che due giorni dopo 11 rapimento dello statista de bussarono alla porta del «covo- di Moretti. Oggi questa stessa domanda verrà fatta all'ex questore di Roma De Francesco. Secondo Cossiga il contenuto di alcune lettere scritte da Moro durante la prigionia «non sembrava conforme alla personalità dello statista». Nella deposizione di Cossiga molti sono stati anche 1 «non ricordo» c «non mi risulta». (A pag. 611 servizio di Giovanni Cerrutl) ROMA — Parliamo con Cossiga prima che si presenti alla Corte per testimoniare. Chiede: «Si ricorda la vignetta che Foratimi disegnò quando delti le dimissioni da ministro dell'Interno? lo, con in testa il cappellino a quadri che allora portavo, passavo le consegne ad Andreotti: e tutto quello che gli lasciavo era una fiondai. Davvero quattro anni fa si sentiva così totalmente disarmalo, durante quei einquantacinque ■giorni terribili? «Insomma...*. Dopo la morie di Moro, racconta, cercò di bloccare la menie. di liberarsi dell'ossessione: c.Yofi ho scritto diari né altro, fio tentalo di tagliare: ma sono cose che non si tagliano per tutta la vita. E riviverle, adesso... ■>. Cossiga è invecchiato. Ha i capelli lutti bianchi, s'è appesantito. Le guance si sono arrotondate e sembrano ancora più pallide in contrasto con l'abito scuro da cerimonia. Tra i politici protagonisti del caso Moro è sempre apparso il più rispettabile, magari perche fu l'unico a pagare di persona dimettendosi, ma davanti ai giudici si comporta come ogni leader democristiano comparso nei tanti processi politico-criminali. Con rispetto e durezza smentisce la signora Moro, che il giorno dopo il rapimento lo presentò ai figli dicendo: '■Questo é un amico di vostro padre, la sua vita è affidata a lui»', mai la signora parlò a me. ne io a lei. di una via Gradoli presente o mancante nelle pagine gialle dell'elenco telefonico; Moro non chiese mai alcuna automobile blindala; Moro non mi parlò mai di timori per la propria incolumità né di minacce o pressioni estere per indurlo ad abbandonare la politica di unita nazionale con i co¬ munisti... E poi: <..Vo/t seppi mait, «A me non fu detto», «Non lo ricordo», iNon sono in grado di dire>, «Mi torna nuovo», i.t fiiia conoscenza, no», «A me non venne palesato», «Su questo, io...». Saranno le domande, a volle male indirizzale. Sarà che mai come durante questo processo Moro risulla chiara la confusione dei poieri nell'esistenza d'un partito-Stato: il ministro dell'Interno poteva anche contare poco, con la democrazia cristiana che sovrapponeva o intrecciava tutte le proprie correnti e le proprie iniziative a quelle degli organi istituzionali, con la famiglia Moro che si muoveva autonomamente e antagonisticamente, con le tre polizie che continuavano a litigare più che ad agire. Sarà che la vita di un uomo politico è lunga, che il processo Moro rappresentava l'occasione di confermare fedeltà al partito, lealtà nel ruolo. Certo, la testiLietta Tornabuoni (Continua a pagina 2 In quarta colonna)

Luoghi citati: Gradoli, Roma