Il re e l'«izquierda»

Il re e l'«izquierda» CHI E' DI SCENA Il re e l'«izquierda» In Spagna si vota il 28 ottobre, e le previsioni dicono che vinceranno i socialisti e che il loro giovane «leader», Felipe Gonzalcz, sarà il nuovo capo del governo. La «izquiefcla», la drammatica sinistra spagnola, sta forse per tornare al potere, quasi mezzo secolo dopo la guerra civile: e ciò accade, può accadere, in uno Stato ridiventato monarchico. Non solo; ma è lo stesso re Juan Carlos, a quel che si dice a Madrid, «ad augurarsi die sia "Pthpi" a vincere» (Pierre Bianche! sul «Nouvcl Obscrvateui»). Naturalmente l'«izquierda» è cambiata e Gonzalcz ne è, per tanti versi, la prova più convincente. Ma chi avrebbe immaginato, diciamo dicci an ni fa, una Spagna monarchica e socialista? Tale è il mutamento storico-politico del Paese che fu di Franco, c probabilmente nessuno ne porta il merito, e per certi aspetti i peso e il rischio, quanto Juan Carlos. prima volta che lo vidi fu in un locale notturno di Roma, tanti anni fa. Non saprei ili re se fosse stata già va rata la «Lcy organica del Estàdo», con la quale Franco aveva risolto il problema della successione a se stesso restaurando la monarchia borbonica. Probabilmente no. Ma il giovanissimo principe era già ampiamente nei progetti del Caudillo, che pensava di assicurare la continuità del regime «saltando» Don Juan, l'erede legittimo al trono, perché troppo distaccato e «democratico», e preferendogli il figlio. Il quale intanto ballava, muovendosi un po' goffamente, fors'anchc per l'altezza, e con 10 sguardo vuoto. La seconda volta fu tanti anni dopo, sulla pista dell'ae roporto di Madrid. Era, esattamente, il 26 maggio 1979. Aspettavamo l'arrivo di Pertini. in visita di Stato. Juan Carlos giunse una buona mezz'ora prima, su un grosso elicot tero bianco, che oscillò e barcollò in aria un po' più del necessario, prima di posarsi. Il re ne scese ridendo e ripcten do con le braccia aperte gl ondeggiamenti dcll'atterrag gio. Pertini, quando giunse a sua volta, lo abbracciò, fuori da ogni protocollo, c presolo sottobraccio si avviò lungo tappeto rosso. Era un primo segno della stima e dell'amicizia che in tendeva dimostrargli. Qualche giorno dopo, a Siviglia, affermerà: «Lasciatemi dire, a me rePubblicano di tutta una vita, che 11 re ha etilato un bagno di sangue nel passaggio dalla dittatura alla democrazia». In effetti, giovane principe a cui molt: avevano preconizzato un esilio da «playboy», come alternati va alla squallida copertura d un nuovo regime autoritario si era rivelato un abile e corag gioso uomo di Stato: una del le più straordinarie mctamor fosi della scena politica con temporanea. La metamorfosi quand'era cominciata? Ricordo il primo maggio \<Pb, ancora a Ma drid. Franco era morto da poco più di cinque mesi e i scg delle possibili novità erano pochi e ambigui. Il governo di Arias Navarro alternava vaghe aperture con severi richiami alla continuità. I dirigenti dei partiti, se non erano banditi dal Paese, come il comunista Carrillo, vivevano in uno stato di semiclandcstinità: Gonzalez mi ricevette in un ufficetto grande quanto un armadio, dietro non ricordo più quale targa di accesso. In compenso folle cospicue sfilavano ogni giorno davanti alla tomba del Caudillo, al «Valle de los Cai dos». Si aspettava dal primo mag gio una verifica degli umori e delle possibili reazioni sinda cali e popolari; ma non accad de nulla. La paura e la pruden za sembravano avere la meglio su tutto. L'unica novità, ma grossa, venne in quei giorni dalla rivista americana «Newsweek». Arnaud de Borchgravc vi pubblicava un'intervista o conversazione col re, nella quale Juan Carlos prendeva, in termini imprevedibilmente aspri, le distanze dal governo in carica. Il primo ministro Arias Navarro veniva definito «il portabandiera di quella potenti banda di franchisti lealisti nota come il Bunker», c la sua opera di governo era complessivamente liquidata come «an unmitiga/ed disastcr». «Disastri sin paliativos», tradussero gli spagnoli, e ne nacque naturai mente uno scandalo. Ci furono mezze smentite, ma si capi che il succo dell'intervista era itto. *'■* Fu un grosso segnale, nella direzione del cambiamento. E a conferma venne, qualche giorno dopo, un'altra novità. Per la prima volta, il re ricc vette pubblicamente e ufficiai mente un rappresentante dei partiti. Scelse un democristia no conservatore, il vecchio Gi Robles; ma era solo un primo passo. Altri ne vennero a un ritmo sempre più accelerato, fino alla legittimazione di tutte le forze politiche e sindaca i: la «ruptura pacttida» del vecchio ordine autoritario. E così il «re d'allevamento» (come lo definivano negli an ni in cui sembrava vegetare al 'a corte di Franco) si rivelava un re, anzi uno statista da combattimento. «El motor del cambio», fu la nuova definizione. Probabilmente c'era anche un «motore» ausiliario e nascosto, che trasmetteva enér gie e idee a quello primario e pubblico: ed era il padre, Don' Juan, un uomo intelligente, che non aveva mai nascosto la sua avversione a Franco e che aveva rinunciato alla successione, ma non a influenzare il figlio in senso democratico. Il figlio comunque faceva la sua parte, con idee brillanti, come quella, che lì per lì parve incredibile, di affidare a Adolfo Suarez, ultimo segretario del «Movimiento» franchista, la guida del governo nella transizione alla democrazia. «Una trovata geniale», mi disse più tardi Juan Luis Cebrian, il direttore di «El Pais», che pure non amava Suarez. «Solo un franchista poltra distruggere il franchismo in maniera indolore». Suarez, poi, doveva diventare parecchio più di un ex franchista, fra l'altro dimostrando, a notte del 23 febbraio 1981, la notte del «golpe» di Tejcro, uno straordinario coraggio. Anzi, in quell'occasione, emerse di nuovo una certa sintonia di fondo tra lui e il re, che, fra generali ribelli e generali lealisti, si giocava tutta una vita, insieme al destino della democrazia spagnola. Ma questa è storia più recente. Ora, venendo alla cronaca recente, Juan Carlos ha sciolto per la prima volta le Cortes, decretando le elezioni anticipate. E anche in questo c'entra Suarez, con la sua decisione di uscire dalla «Union del Centro», il suo vecchio partito della transizione democratica, per dar vita a una formazione di centro-sinistra. Lo sfaldamento del «cartello» centrista può apparire in sé negativo, in un Paese che, per memoria storica, deve temere la radicalizzazione degli schieramenti; ma la presenza di un forte partito socialista di tipo moderato lascia intravedere la possibilità di un'alternanza non drammatica, anzi fisiologica. A questo può servire una futura alleanza tra Suarez e Gonzalcz, i due uomini più nuovi della nuova Spagna: anzi due dei tre, con Juan Carlos, che in questo modo completerebbe, in un certo senso, ìa difficile maturazione democratica del Paese, portando definitivamente a termine la «transizione». (Gli italiani hanno visto a lungo il re di Spagna con Pertini nella celebre finale del «Mundial». Juan Gvlos, che è nato a Roma nel 19>8, durante l'esilio dei Borboni, faceva gli onori di casa anche con Schmidt; ma assicurano che tifava per l'Italia. E anche di questo Pertini deve essergli stato grato). AldoRlzzo mi Juan Carlos di Borbone