Genova si prepara al peggio di Francesco Santini

Genova si prepara al peggio Il sindacato non crede alle «promesse» del ministro Genova si prepara al peggio «Nel '75 era stato spento un altoforno e non è mai stato riacceso» - Il consiglio di fabbrica non ha ancora accettato il «piano Finsider» - Domani incontro con De Michelis DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — Più che al Sud, il dramma dell'acciaio si scopre a Genova, negli equilibri delicatissimi della capitale delle Partecipazioni statali. Ancor più che a Bagnoli, il problema è a Cornigliano. in fondo alla via S. Giovanni Dacri, dove i gas bianchi della siderurgia si confondono con la città. Lo stabilimento della Nuova Italsider ha reagito con compostezza alle notizie sulla cassa integrazione, ma qui basta una scintilla perché gli incidenti di Napoli diventino poca cosa. In via Corsica, ove ha sede la direzione nazionale, oltre i vetri blindati della palazzina in marmo, tacciono i dirigenti, ma subito si avverte un clima di sgomento doloroso, di prospettive incerte, con un management collaudato che. preparato al peggio, sembra pronto a lasciare gli incarichi. E lo stesso clima si ritrova nella sala di comando dell'altoforno numero 4, a Cornigliano. nel cuore malato dell'acciaieria. I tecnici si preparano a spegnere l'altoforno. Una fermata di tre mesi, alla quale nessuno crede. Panzano controlla al monitor la colala incandescente di ghisa ed è amareggiato: «L'esempio — dice — è a cinquanta metri di qui, all'altoforno numero 3: ci ordinarono di spegnerlo nel 75. Dissero "sei inesi e lo rimettiamo in funzione", è ancora lì, freddo come un mostro inutile e sono trascorsi sette anni-. All'Oscar Sinigallia di Cor nigliano 8300 operai vivono ore di incredulità. Sommersi dalle cifre dell'azienda, ripetono: -La crisi è mondiale, ma nessuno ci dice quale sarà il nostro destino-. La direzione ha comunicato le sue intenzioni: 1300 in cassa integrazione, la fermala del forno numero 4, il blocco di due settori del laminatoio a caldo. La pre-occupazione non si è fermala e Peirassi. del consiglio di fabbrica, dice categorico: «/ sindacati ancora non hanno accettato queste decisioni-. Tutto in discussione. Peirassi, che nel Crai aziendale ha preso parte alla riunione dei consigli Italsider. è perentorio: -C'è uno scontro tra potenze mondiali per accaparrarsi il mercato e tutto si scarica sui lavoratori: ci auguriamo soltanto che a Genova non ci siano drammatizzazioni-. Teme per l'ordine pubblico, vede nell'autunno dell'acciaio il crepuscolo della città e avverte: «Questa partita è decisiva: non siamo disposti a cedere-. Si incontrano domani con De Michelis. Al ministro delle Partecipazioni statali i sindacalisti diranno che non sono sufficienti le promesse dei politici. «La nostra base — avverte Peirassi — è preparata ai rapporti di forza-. Ad ascoltarlo, nel gabbiotto della portineria, c'è Salvati, un vigilante dalla memoria d'acciaio che riconosce per nome uno ad uno ogni operaio. Lo ascoi ta e dice: -Sto per andare in pensione: per me è finita, me ne andrò sei mesi l'anno al mio paese, al Sud, a Mercato Sei>crino, qui è sempre più difficile-. Salvati è agli ultimi mesi di lavoro, ma gli altri, i giovani, vivono nell'incertezza. Minniti, anche lui del consiglio di fabbrica, spiega: « Vorrei credere a De Miclielis: la crisi era nell'aria da molti mesi ma non ci era stata prospettata in modo, tanto drammatico. Per il rilancio siderurgico abbiamo lavorato dodici ore al giorno.c adesso che cosa ci vìene?Minniti conosce la'realtà della fabbrica, ha tutte le timidezze di chi sa quanto è importante il posto di lavoro < dice: -Se la cassa integrazione è finalizzata, le maestranze l'accetteranno in vista della ripresa, ma se cade la fiducia, le prospettive sono buie-. A percorrere l'acciaieria tra la città e il mare, si ha la stessa sensazione di abbandono che si scopre subito tra i saloni della villa estiva del principe Oddone che nasconde fasti antichissimi sul grande plastico polveroso che occupa il salone delle feste. Il funzionario delle pubbliche relazioni indica la parte nuova dello stabilimento e dice: -Nessuno di noi sa dire quale sarà il futuro della fabbrica Poi mostra due grandi quad del Solimena e ripensa allo splendore della villa che ades so è soffocata dai silos gigan teschi. Scende alla portineria. Ordina: -Togliamo di mezzo questi elmetti gialli, qui di visitatori ne verrano più pochi, in queste condizioni c'è poco da sperare-. Sui piazzali, i convogli ferroviari dei siluri caricano ghisa incandescente. Dal forno numero 2 il getto è ridotto: un flotto rosso tra i fumi neri. Il portiere Salvati dice con rammarico: -Andiamo a rilento e, senza fiducia, la gente non ha neppure vogliadl lavorare-, E' diminuito l'assenteismo, la produzione è buona, ma l'ing. Oltolini, che ha la responsabilità dei forni e di tutte le colate, dice con il distacco del tecnico: -Fermare un altoforno non ci dà preoccupazioni, il blocco di un impianto non è difficile. Il problema sono gli operai: gli altifornisti hanno un rapporto particolare con il loro lavoro, un grande attaccamento, un grande orgoglio: guai alla caduta psicologica». Nella sala di controllo dell'Afo 4, il morale è basso: i tecnici della Saet di Padova stanno mettendo a punto il pannello di controllo. Dice Panzano: «Adesso die stiamo chiudendo, l'impianto per il controllo elettronico del carico è pronto. Il forno è partito nell'aprile dell'Ili. C'erano allora grandi speranze, adesso non sappiamo di die morte ci faranno morire-. Interviene Cucca: «/ più esposti siamo noi — dice — i quadri al primo livello del management: nessuno ci protegge-. Fuori, Genova è investita da un temporale. Il porto si trascina con stanchezza. L'indotto trema: la città scopre di vivere sulle Partecipazioni statali, di ruotare attorno all'Italslder e spia 1 giganti dell'acciaio. Francesco Santini Genova. I grandi serbatoi dell'ltalsider nel capoluogo ligure

Persone citate: De Michelis, Minniti, Oltolini, Oscar Sinigallia, Panzano, Salvati, Solimena

Luoghi citati: Genova, Napoli, Padova