Rivivono alla televisione in uno sceneggiato di Bolognini le vicende della «Certosa di Pa l gggStendhal, cacciatore dì fell

Rivivono alla televisione in uno sceneggiato di Bolognini le vicende della «Certosa di Pa l gggStendhal, cacciatore dì fell 4/5litio libri Rivivono alla televisione in uno sceneggiato di Bolognini le vicende della «Certosa di Pa l gggStendhal, cacciatore dì fell PARIGI — Ln regista italiano di nome Pier Paolo, nato a Bologna nel '22 e assassinato lungo la spiaggia di Ostia nel *7s, è il protagonista di Dam la mairt de range. l'ultimo libro di Dominique Fernandez, italianista, biografo di Cesare Pavese c autore del romanzo «L'ctoilc rose», autobiografia di un «diverso». E' evidente l'identificazione del personaggio con Pasolini: ma il libro non è una vera biografia, i riferimenti ai fatti pubblici della vita di Pasolini, ai suoi film e ai suoi romanzi sono ridotti al minimo, quasi incidentali. Fernandez ha voluto ricostruire piuttosto «la storia di un destino omosessuale», segnato dal rifiuto del padre e da un amore assoluto per la madre. In un'Italia, diventata «luna patk dell'edonismo più volgare». Pasolini ha scelto, secondo Fernandez, la solitudine, il deserto, la morte. smo erano Invece disperatamente destinati a soffocare. Quello che 11 recupero programmatico di tutti i brandelli della memoria non riusciva a resuscitare, sorge dunque come per incanto nell'abbandono all'invenzione. 11 sapore della felicità della vita si scopre Intatto nella felicità della scrittura: il vero, unico. Insondabile mistero sta tutto qui. nel profondo di questa complicità dell'autore con la sua opera, nell'intreccio complesso eppur tanto naturale tra realtà e sogno, nostalgia e rimpianto, passione e ironia che si è fatto tessuto di parole, folla di personaggi veri e fittizi. Incalzare di vicende tenere e bieche e che si è trasformato ln un .sorriso, della Certosa che non è meno eccelso e ineffabile di quello della Gioconda. Giovanni Bogllolo Mari he Keller (Gina Sanseverina), Andrea Occhi pinti (Fabrizio del Dongo) t Lucia Bo*è «Marchesa del Dongo) durante le riprese televisive / Un giudizio di Tornasi di L r.loni critiche — sulla natura di questo Indiscusso capolavoro, sul felice amalgama che ha realizzato tra la civiltà del Rinascimento e Taltuahia della Restaurazione, tra le certezze della storia e le verità dell'Invenzione, tra le peripezie del melodramma e le tenerezze dell'elegia, tra i fantasmi della memoria e quelli del desiderio. Di questo amalgama tanto denso e inusitato si sono potuti di volta in volta privilegiare determinati ingredienti, quello politico secondo Balzac (•/<* romanto che scriverebbe Machiavelli se vi resse proscritto dall'Italia dell'Ottocento.), quello psicologico secondo Taine o quello lirico che ha affascinato quasi tulli i lettori moderni. Ma più che per la pluralità delle Interpretazioni — che d'altronde illustra pi ù la storia del gusto che la sostanza dell'arte stendhallana — la storia della critica sulla Certosa di Parma si segnala per una costante: il coro, variamente modulato ma sostanzialmente omogeneo, dell'ammirazione prende sempre l'avvio dalla denuncia di clamorosi difetti, le parole d'elogio si colorano di generosa condiscendenza o di ammiccante connivenza. E' stato Balzac a inaugurare anche questo atteggiamento e a riconoscere il .sublime, della Certosa a prezzo di una minuziosa e capziosa denuncia di quelli che gli parevano squilibri compositivi e inadeguatezze stilistiche: da allora e diventato un luogo comune indicare le pecche di una struttura priva di rigore e le approssimazioni di un finale troppo sbrigativo per meglio valorizzare l'eccezionalità della riuscita del romanziere, o aprire la caccia agli errori della Certosa di Parma per pimentare di agrodolci veleni il miele di letture forse troppo ammirative. C'è stato infatti chi ha notato che le avventure di Fabrizio del Dongo non si succedono secondo un disegno coerente ma subiscono troppo scopertamente 1 contraccolpi del fervore inventivo dell'autore; altri hanno sottolineato che l'impronta del due grandi personaggi femminili — la materna e possessiva Sanseverina. la tenera e inaccessibile Clelia — non si distribuisce equamente nelle due parti del romanzo: quasi tutti poi hanno lamentato che la tensione affettiva si sciolga molto prima della conclusione del romanzo e che tutta l'ultima parte si presenti come un doveroso ma ormai spento codicillo. Non c'è sostanziale differenza tra chi si arrovella a domandarsi come tali e tante mende non abbiano impedito l'esplosione del erpn!:»- voto e chi invece sostiene che proprio esse — per quel tanto di affrancamento da troppo rigidi schemi e precetti compositivi che comportano — l'abbiano potuta consentire: per gli uni come per gli altri l'esito risulta miracoloso e si rende necessario il ricorso a nozioni evanescenti quali .stato di grazia*, «ariosa Invenzione., •trasfigurazione lirica*. • poesia.. Un mistero dunque sussiste in questo romanzo, ed è quello cruciale della decifrazione del suo Inimitabile tono, di quella levità davvero ariostcsca che vi assumono, senza nulla perdere delta loro originarla natura, tutti i personaggi e tutti gli avvenimenti. Sugli uni e sugli altri si posa lo sguardo giovanile di Fabrizio, la serena spensieratezza di chi si sente nato per la gioia, l'entusiasmo e la trepidazione di chi ha un cuore intatto e generoso: gli intrighi, le disavventure, le stesse disgrazie non possono scalfire questa gioiosa fiducia, meravigliosa corazza che solo gli anni — ma gli eroi della Certosa hanno il privilegio di morir giovani — riescono a demolire. Si è detto che Fabrizio pratica nel modo più completo e naturale la cnasse au bonheur, ma forse e più esatto affermare che della felicità egli ha il dono innato e che riesce a salvaguardarlo dagli insulti dell'esistenza, praticando fino in fondo, e spesso in condizioni disperate, il culto tutto Interiore della gioia a cui sembra votato. In ogni caso, egli è la più perfetta incarnazione dello spirito stendhallano. ci è significativo che lo scrittore, dopo avere ripetutamente tentato di definire questo spirito nell'esercizio quotidiano dell'autobiografia, sia riuscito a liberarlo soltanto tra le nebbie del ricordo e attraverso gli schemi della finzione romanzesca. Nelle pagine autobiografiche Stendhal ha detto tutto, le ambizioni, gli entusiasmi. I dolori, le piccole miserie. La gioia no. La vita di Henry Brulard. che di questa impresa autobiografica rappresenta il risultato maggiore. s'Interrompe proprio su una tormentaUsslma pagina in cui. nel raccontare il suo amore per Angela Pietraprua. Stendhal si accorge dell'Impossibilità di .scorgere distintamente la parte del cielo troppo vicina al sole, e di .descrivere la felicità paztesca.. E' una pagina del 1836 e forse la vera origine della Certosa si trova qui. nella scoperta che la via indiretta del romanzo poteva ricreare fino olie sue più struggenti tonalità quell'universo di sensazioni che la precisione dlaiistlca e il carico troppo greve dell'egoti¬ Mari he Keller (Gina Sanseverina), Andrea Occhi pinti (Fabrizio del Dongo) t Lucia Bo*è «Marchesa del Dongo) durante le riprese televisive se televisive /