I cappellini fossili

I cappellini fossili ALL'ASTA 700 MODELLI DIVENTATI «D'EPOCA» I cappellini fossili Diiono che l'ultima grande portatrice di cappelli a Milano sia stata la Callas. Camilla Cederni ne ha identificata una, più tardiva, che ancora capita di vedere in centro sotto grandi cappelli di pelliccia alla lanzichenecca l'inverno e adombrata da amplissime ali di organza l'estate, con la vittima d'un crudele scippo avvenuto in via Spiga l'anno scorso. «Sa dov'è via Seippim.'» le chiesero i giovani malfattori prima di strapparle gli ori e gettarle nella polvere il vistoso copricapo. Un'altra che non si vede mai a testa scoperta è Lalla Romano, ma i suoi, precisa la scrittrice, sono per lo più berretti. «Poco tempo fa ho nitrato da un piccolo negoziante l'intera giacenza di berretti di tt/luto. di quelli ampi, da gasista inglese; erano gli ultimi, non ne faranno più». E la toque rossa un po' balcanica colla quale la vediamo nel palco della Scala? «Ancln quella è una berretta, comprata in una "briacia" di Mosca, e tiene da una Ripubblica dell'Asia sotietica». Continuano a portare cappelli le signore delle vignette, le signore che fanno svenire i mariti coi loro ultimi acquisti dalla modista c che svengono a loro volta quando qualche distratto ci si siede sopra. Tanta ostinazione fa pensare che proprio fra gli umoristi vadano cercati gli asceti più chiusi al mondo e imperturbati dai tempi. Non hanno i baronetti di Wodehouse continuato a rubare cremiere d'argento e a farsi inseguire dai cigni, con maggiordomi e cuochi francesi, come se nicn te fosse, fino a pochi anni fa? Grandi sarti dell'alta moda e stilisti del prt'l J porter fanno ancora sfilare cappelli, ma più per un galante gesto di omag gio a un'antica idea di degan za che per fiducia che qualcu no possa portarli. Nel mondo delle forme i cappelli sono or mai dei fossili e come fossili stupendamente richiamati in vita ci appaiono in certe occa sioni regali inglesi, l'ultima delle quali fu il matrimonio del principe Carlo. ** ' Ora ai margini della moda il cappello femminile è stato per oltre un secolo l'accessorio che ne ha espresso la quinte** senza: la mutevolezza. Tappa reme capriccio, lo strenuo bilicarsi tra grazia e ridicolo, la funzione distintiva (solo le si fnorc portano il cappello), arbitrio del gusto che ordina i nonnulla. Sciolto più che un qualsiasi altro capo d'abbiglia mento dai vincoli pratici e costruttivi, vi si esercita in tutta la sua distesa l'estro acuivo, sposandovi i regni della nani ra, le stoffe, i fiori, le piume e le palliata. Non per niente le modiste cominciano col Secondo Im pero a recitare parti di rilievo nella commedia mondana parigina. Le proclameranno regine del gusto, i loro salon saranno per le donne quel che i club erano per gli uomini, grazie a loro I umile gesto femminile di legare dei fiori con un nastro diventerà un atto d'imperio per la storia del costume Una storia che ci ha conservato anche dei nomi. Caroline Reboux, per esempio, alla quale l'Occidente delicato non render! mai grazie abbastanza per l'invenzione del cappello combinato con la veletta, o Marie Daillct, cclcbtata da Mallarmé travestito da Miss Satin, o quelle Louise e Lucie che sempre secondo Mallarmé-Miss Satin avevano "dita da rose .<•</ mattino, ma di un mattino artificiali, the fa schiud*rc uilici t pistilli di stoffa". 11 regno delle modiste, già da tempo languente, é arrivato ai ttamonto una ventina d'anni fa. Perché? In genere si mettono avanti ragioni pratiche ed economiche: i cappelli non sarebbero adatti alla vita d'oggi, costerebbero troppo ecc. ecc. Come se la moda esitasse di fronte a simili bazzc- cole. Piuttosto, se qualcuno s'applicasse a studiare in un lungo periodo storico l'andiri vieni dei cappelli sulle teste cogli stessi metodi usati dalla scuola antropologica americana per l'evoluzione delle forme dei vestiti femminili, con staterebbe forse che anche quel va e vieni, proprio come lo stringersi e l'allargarsi delle gonne, non e dertato ne da c.v pruno ne da ragioni contin genti, ma ubbidisce a lenti nt mi ricorrenti poco o nulla tur bali dal auso dei falli storici L'ultima eclissi del cappello ebbe concomitante il dilagare delle leste cotonate, e il binomio testa nuda testa coperta sarà magari uno dei tanti che col loro monotono alternarsi segnano la vicenda delle forme culturali: linea curva e linea dritta, geometria e natura, organicità e astrazione, classicismo e romanticismo, seno dentro e seno fuori. Vedete un po' dove va a parare un discorso sui cappelli femminili, discorso che non nasce per stravaganza ma per obbligo di cronaca. Ai primi di ottobre infalli la Finartc di Milano metterà all'asta, divisi in una sessantina di lotti, ben "00 cappellini, la maggior parte parigini e variamente datati, dalla metà degli Anni Trenta ai primi dei Sessanta. Il lettore che proprio da questo giornale e stato informato pochi giorni fa dell'esposizione degli stilisti italiani' al Museum of Modem Art e sa che gravi storici dell'arte si chinano oggi, speriamo senza aduggiarle, sulle frivolezze della moda, quel lettore non si stupirà di quest'asta. Ma temiamo di spingerlo alla disperazione rivelandogli che quei "'00 cappelli costituivano lo stock di un'estinta hutique d Trani. Non basta ditsi che il mito di Parigi fa vittime tut l'oggi fia i baroni e gli scritto ri meridionali: il mistero resta imperscrutabile. Lasciamolo alla tesi d'un superstite stu dente di sociologia e guardia mo più da vicino i cappelli in senilità I più antichi risalgono ad anni in cui. per reazione alle geometriche clocbt del gusto decò, le teste femminili torna rono a rendersi disponibili alla flora, alla fauna e alle strava ganze (nel '57 Dali disegnò per la Sdii.marci li un cappello in forma di scarpa, da portare rovesciata in testa col tacco in su). E' un'ondata lunga che traverserà, per quanto possa sembrare impossibile, anche gli anni di guerra e morirà solo intorno al '6). ** I cappelli messi all'asta sono pct lo più da cerimonia (i matrimoni, i grandi matrimoni del Sud, ecco un barlume nel mistero) e non vi manca no le irredimibili arditezze. E arduo per esempio immagina re un volto che possa profitta re della toque di paglia color fucsia con un motivo di trifogli pericolosamente simile una piccola cupola orientale, o dell'altra toque, di Jean Patou formata da un tubicino di or ganza giallina che si avvolge su se stesso come la crema spremuta dalla «tasca» di un pasticciere. Mentre sentiamo vagamente che potrebbe esser' ci o esserci stata la creatura ca pace di portare con agio e vantaggio la pur difficile toque in velluto verde smeraldo con decorazione di lustrini e pailltttes lunga sciarpa di chiffon firmata da Jean Barthet intorno '60. Assai più facile ricomporre mmagini di una grazia svanita con la cIoc/h di panno arancione spento e nastro di grosgrain grigio (Bianche et Simonet 1935 circa), il canotto di paglia lucida naturale e nera con nastro di raso nero (Molineux 1955 circa), la piccola toque in paglia natuialc con bordi di velluto nero, veletta e grappolo di ciliegie (Jean Barthet 1955 circa), la calottini in paglia blu e piquet bianco di Dior ('50-'55 circa), il canotto in paglia di Vienna (proprio quella delle sedie) con fiori di velluto e organza e profilatura di paglina nera (Yves SaintLaurent "60-'65 circa). La distanza fra i modelli parigini e quelli italiani, autarchici e post-autarchici, è, tranne poche eccezioni, indicibile, tanto da sembrare, come dire, antropologica e da faci menar per buone le tirate delle gior naliste di moda francesi che per un secolo hanno continua to a parlare di scienza delle nuance, di caclxt della forma, dello chic dei particolari che parevano fiorire solo allWr de Paris e non attecchire tra i poveretti. Che poi invece, dicono oggi le giornaliste italiane, si sono rivelate chiacchiere vuoto perché gli italiani adesso con la moda ecc. ecc. A proposito di moda da poveretti, bisogna assolutamente segnalare l'ultimo libro di Natalia Aspesi. // lusso ò l'autarchia, Storia dell'eleganza italiana /930-/94-4, ed. Rizzoli, che ci dimostra fra l'altro quanto siano ridicoli nella loro impotenza contro le forze del costume velleità dirigisti che, sdegni moralistici, propositi riformatori. Chi comprerà, e per che far ne, i cappellini della Finartc! Kennedy Frascr. pitonessa americana della moda, dicci anni fa. verificata l'esclusione del cappello dall'evoluzione della moda, ne vaticinava un ritorno, sonetto da quell'altro grande movimento della moda che è il revival, un ritorno fai to di gioco e d'ironia. Un al tro grande aruspice della moda, Adriana Mulassano, ci ha detto che i tempi per il ritorno del cappello sono forse prossimi. Se ne colgono i segni nei progetti degli stilisti, e sono forse un buffo annuncio che qualcosa sta passando per la testa delle donne le antenni ne spuntate, come per un'epi demia entomologica, in capo alle ragazze americane, e ora anche da noi. O si tratta solo d'una sfuriata giovanile, come accadde qualche anno fa per i berretti del cuculo? Mario Spagnol Due creazioni di tent'annl fa: una di Jean Barthet (in allo) e una •paglietta» di Yves Saint-Laurent con fiori di velluto e organza

Luoghi citati: Asia, Milano, Mosca, Parigi, Trani, Vienna