Purché il re abdichi di Vittorio Gorresio

Purché il re abdichi r. Taccuino di Vittorio Gorresio Purché il re abdichi Ho l'impressione che in questi ultimi giorni, colpiti dal riflesso e dal riflusso di avvenimenti di ben altra serida, abbiamo un poco trascurato un problemino singolo che alla fine dello scorso agosto ci era dovuto apparire di grande importanza, almeno a giudicare dallo spazio che gli concedevano i giornali e dall'attenzione che (ili riservavano tanti uomini politici. Si trattava — e ancora si tratta — di decidere se consentire o no a Umberto di Savoia di venire a rivedere la patria in visita breve, prima di morire. Detto a ono.c della gentilezza dei nostri animi e della finezza dei nostri sentimenti. c'è da notare che subito si e accesa in Italia, e incominciando proprio dal unto vituperalo Montecitorio, una vampata di commozione. Parlamentari di ogni partito (dal liberale al con, uni sta. dal repubblicano al radicale al democristiano) si sono subito sentiti sollecitati nella sede degli affctii più gelosi e a gara hanno dichiarato che la Repubblica italiana (mafia a parto è cosi forte e tanto'bene radicata nella profonda coscienza degli italiani che un suo gesto di magnanimità, lungi dal compromettere la stabilità dello Stato, conlnbuirebbc a dimostrarne la saldezza I:' certamente vero, come su /.,; Stampa ha scritto già Alessandro Galante Garrone, e anch'io ci sto per mio conto, solo avanzando qualche riserva di forma e suggerendo qualche cautela di sostanza Quanto alla forma ho da dire che non è il caso, assolutamente, di trattare questo singolo problemino come se fosse una questione ■ umanitaria-: non c'è stalo giornale né uomo politico che non abbia fatto appello all'"umanitarismo* e quasi singhiozzando non abbia invocato un gesto «umanitario» da parte di una Repuh■ Mica che e tanto forte da poterselo permettere. Di ciò non si discute, è fuor di dubbio, e già Alessandro Galante (ìarrone ne ha chiarito i tei mini su La Stampa di sabato 4 settembre: ma ciò non significa che la Repubblica sia una specie di Conferenza di dame di San Vin' cen/o che intervengono benedirle, mosse da 'umanità. per alleviare certi casi abitualmente definiti pietosi. Ho l'impressione che sarebbe far torto a un uomo di decoro indiscusso e dignità come é il conte di Sarre se intendessimo ridurre il suo problema a livello di un caso e umanitario», cioè pietoso, lo. fossi in lui. sbatterei la porla in faccia a quell'emissario della Repubblica che mi si presentasse a Cascais a propormi di risolvere la questioncella della sua visita in Italia sul piano e in chiave di «umanitarismo Per quanto poi riguarda la cautela di sostanza avrei da dire che il problema deve trovare una soluzione sulle vie giuste del diritto costituzionale. I-.' stato scritto in questi tempi che l'ex re Umberto si deve nvolgere al Presidente della Repubblica italiana Sandro Pcrtini chiedendogli in termini di buona e debita forma un permesso di entrata e di soggiorno sul territorio italiano. Uh che sciocchezza. Sandro Pcrtini. che sicuramente e il capo dello Stato più popolare e amato che l'Italia abbia avuto nei suoi 120 ,.lini di storia unitaria, non è legittimato dalla Costituzione del 1948 a ricevere una petizione di questo genere. A impedire l'ingresso e il soggiorno dell'ex re in Italia osta difalti una delle disposizioni finali e transitorie della Costituzione repubblicana del '48 — la XIII - la quale bandisce dal territorio nazionale gli ex sovrani, le loro consorti e i loro discendenti maschi: tanto per fare un esempio rassicurante, non può entrare in Italia il giova¬ notto principe erede al trono Vittono Emanuele: fuciliere uccisore di un turista tedesco nell'isola di Cavallo (Corsica, il 18 agosto 1980) resta ape legis a per dir meglio ape constitutionis, escluso dall'Italia. E' questo un punto già abbastanza importante, e non ci sentiremmo di abrogare alla leggera la disposizione XIII: non sembra il caso di riammettere in Italia un giovane principe dal grilletto facile; già bastano gli sparatori, anche privi di titoli araldici, che disgraziatamente ci troviamo ad avere in casa. In ogni moda l'ex re Umberto dovrebbe riconoscere che quello che ci chiede — nient'altro che una modifica della Costituzione — non è cosa da poco. Non si tratta, come ho detto in principio, di un gesto umanitario che suonerebbe insolente per la stessa di lui regale dignità, ma di un rapporto statuale a livello di sovranità. Ottenere una modifica della Costituzione implica per ciò stesso un suo riconoscimento, e tocca a Umberto pronunciarlo formalmente con il più semplice gesto alla sua portata, e vale a dire con un atto formale di abdicazione al trono. L'ex re. difatti, non ha mai abdicato pur essendo partito per l'esilio volontario a seguito del referendum istituzionale del 2 giugno 1946. Disse a suo tempo e continua a ripetere anche oggi che un re — custode del suo diritto dinastico e storico — non può abdicare se non a favore di un altro re, ma la questione resta in piedi egualmente. I sovrani Savoia in quanto monarchi costituzionali erano re d'Italia tper craziu di Dio e volontà della nazione*. Lasciamo pure impregiudicata la grazia di Dio. la quale come è noto ■uh villi spirai», ma per quanto riguarda «to volontà della nazione* non mi v:m bra dubbio che si sia espressa negativamente 34 anni fa. E perciò abdichi, questo ex quarto re. senza slare a sofi sticarc tanto sui diritti dina stici azzoppati dal referendum A questo patto si potrà amichevolmente trattare del la modifica della nostra Costituzione per consentirgli cordialmente — una visita di congedo alla 'bella Italia, amate \p<mdci

Persone citate: Alessandro Galante, Alessandro Galante Garrone, Cavallo, Savoia