Purché la dieta non sia un suicidio

Purché la dieta non sia un suicidio Purché la dieta non sia un suicidio IL fenomeno ha già un nome: omicidi bianchi. Quarantaquattro donne sono morte lo scorso anno negli Stati Uniti per avere praticato diete dimagranti. «Anche in Italia si stanno facendo troppe le vittime predestinate delle false diete. Saranno poco meno di 44, ma passano inosservate», dice perentoriamente Luigi Travia, direttore dell'Istituto di scienza dell'Alimentazione all'Università di Roma. Esploso soprattutto negli ultimi anni, il fenomeno sta contagiando tutte le categorie sociali: si calcola che un italiano su otto «blocca la mandibola» distaccandosi dal piatto di fettuccine. nel tentativo di raggiungere la «linea» desiderata. L'indagine non è facile. Del problema si sono occupati in molti, dai tribunali ai medici, ai giornali man mano che un sìngolo caso esplodeva. Ma una ricerca sistematica, che ordini secondo una tipologia coerente un fenomeno purtroppo in continuo aumento e che affiora comunque sempre più, a differenza del passato, oltre la cortina del segreto e della privacy familiare, non esiste. Anche i medici più coraggiosi non vogliono pronunciarsi. Ogni anno la stessa vicenda: arriva la bella stagione e la gente scopre di aver accumulato qualche chilo in più. Il costume da bagno non consente trucchi. Di fronte alla bilancia che indica l'aumento di peso, nasce il desiderio di di¬ ventar snelli in breve tempo, con il ventre liscio e i fianchi magri. Cosi nasce e si consolida la tendenza affidarsi delle diete miracolose. Per chi vuole a tutti i costi raggiungere il peso-forma la scelta è diventata obbligata. La consapevolezza che l'equilibrio psico-fisico viene in realtà minato non basta a diminuire la corsa per conquistare snellezza e essenzialità di forme. Ih questo clima accadono episodi agghiaccianti. La maggioranza dei decessi dello scorso anno non fanno altro che confermare le tendenze in corso: malattia del sistema circolatorio ancora tra le cause più importanti di mortalità. 1 In nessun caso però l'apparente connessione miocardite-dieta è messa in evidenza con una diagnosi ben definita. Solo nello 0.2 per cento il decesso è attribuito a condizioni di esaurimento organico per denutrizione. Del resto se si esaminano i dati analitici relativi al 1978 si può osservare come su quasi 530 mila morti in 18.870 casi, 11 3.6 per cento del totale. 11 decesso è attribuito a «sintomi e stati morbosi mal definiti». In pratica significa che per quasi 20 mila persone non si sa ancora come sono, morte. Bilancia e linea che non vanno necessariamente di pari passo stanno assumendo pesanti responsabilità in questi «attentati alla linea e alla vita». L'associazione per la divulgazione scientifica della dietologia ripete da tempo i suoi moniti contro le «diete che uccidono», contro la giungla incontrollata di prodotti che vengono pubblicizzati esercitando discrete pressioni sulle ragazzine più sprovvedute. Ma gli appelli contano poco contro la moda. «Negli ultimi 25 anni vi è un problema di sovrappeso, questo è certo», commenta Michelangelo Calrella, dell'Unione italiana contro l'obesità, «l'eccedenza quotidiana nel mondo opulento delle civilizzazioni occidentali ha portato a un forte aumento del peso, un abitante su due ha chili in più». L'alimentazione giornaliera dell'italiano medio è passata dalle 2400 alle 3200 calorie. In fatto di cibo ci siamo allineati con gli altri Paesi europei ad alto tenore di vita. L'allarmante aumento dell'obesità ha provocato per contraccolpo la' fioritura di un gran numero di diete pseudo-scintifiche, ampiamente pubblicizzate e quasi sempre deludenti, che hanno favorito la diffusione di parecchi pregiudizi. L'esempio di tante diete ferree finite male non incrina il mito. Senza contare quelle a bassissimo valore calorico, per le quali lo specialista prescrive una pillola antlfame, bilanciata dà tranquillanti, che per colmo di ironia non aiutano la linea: si mangia di meno, ma si perde tono e scatto. Nasce cosi l'angoscioso problema della dieta: iposodica, ipocalorica, iperproteica, tutti grassi e niente zuccheri, quella frazionata, quella del fantino, quella alternata, quella del pompelmo, 'quella della crusca, quella con le pillole e quella senza piiioie. Navighiamo in un mare di diete. E in questo mare c'è chi pesca e chi viene pescato. E' un giro di affari che gli esperti valutano in non meno di 18 miliardi l'anno. Per chi lo gestisce,, gli utili sono colossali: una sorta di multinazionale del dimagrimento presente in. tutto il mondo. Si organizzano corsi e lezioni che hanno la mira di insegnare a dimagrire, ma si finisce con l'aggirare l'ostacolo e ingannare l'appetito. In poco tempo l'iniziativa di associazioni e club ha avuto un successo incredibile: oggi si punta alle cliniche del dimagrimento dove : gli ospiti pagano conti settimanali salati per non rice- ; vere cibo. «Tutto questo», sostiene Travia, «a danno di chi viene costretto a dimagrire solo perché cosi vuole il modello sociale». Basterebbe semplicemente imparare a mangiare, dicono gli specialisti. Senza privazioni, adottare un regime alimentare razionale: mangiare di tutto ma nel modo giusto. Una specie di prevenzione del sovrappeso. «Il guaio è», dice Travia, «che l'informazione manca e gli errori alimentari che vengono commessi ogni giorno sono infiniti, quelli che si curano si sono scoperti ammalati troppo tardi». Le indagini del professor Travia confermano che solo un numero minimo di italiani, intorno al 3 per cento, si alimenta correttamente. .Ivan Miceli

Persone citate: Ivan Miceli, Michelangelo Calrella, Travia

Luoghi citati: Italia, Roma, Stati Uniti