Sulla scacchiera il cuore sfida la ragione
Sulla scacchiera il cuore sfida la ragione La «Novella» di Zweig Sulla scacchiera il cuore sfida la ragione LA «Novella degli scacchi», scritta nel 1941 è l'ultimo lavoro di Stefan Zweig, lo scrittore ebreo austriaco, che ebbe grande — forse troppo grande — successo negli Anni Venti e morì suicida nell'esilio brasiliano di Petropolis nel 1942. Qui Zweig si allontana dai temi consueti alla sua scrittura, il freudismo di cui fu divulgatore e banalizzatore, e il mito del passato che percorre la sua opera più nota, «Il mondo di ieri», temi che avevano avuto gran parte nel determinare il suo successo. Nella «Novella» egli racconta una strana vicenda di giocatori di scacchi, strana non per la parte che vi hanno i giocatori, bensì per la parte che vi ha il gioco. Questo è il vero protagonista. Quel tanto di mistero che Stefan Zweig ama distribuire attorno ai suol personaggi e che conferisce loro un fascino talvolta un po' troppo facile, qui circonda un gioco nobile e antico. L'operazione risulta felice, perché fa leva sulle origini esotiche, orientali degli scacchi e sulla loro fortuna nella cultura medievale. Una perfetta educazione del cavaliere e della dama di corte non poteva prescindere dall'abilità in questo gioco, che compare spesso nella narrativa medievale e medievaleggiante (sì pensi alla «Partita» di Giocosa). La cultura medievale arricchì gli scacchi di significati simbolici ed esoterici, che a noi in gran parte sfuggono e a cui non sono estranei la sacralità del re, la misteriosità ctonia del cavallo ed altri valori di cui non siamo più in grado di percepire la presenza. Stefan Zweig fa degli scacchi un gioco dotato di poteri sorprendenti e ne registra gli effetti sui due personaggi del racconto: un giovane rozzo al di sotto del livello medio di intelligenza, che è divenuto campione mondiale di scacchi, e un anziano dottore che grazie ad un manuale di scacchistica è riuscito a mantenre integra la propria umanità attraverso quattro mesi di interrogatori nazisti. Le due figure, diversissime, chiuse in due mondi privi di rapporti tra loro, sono legate da una esile trama, più che altro allo scopo di rappresentare gli impensabili effetti del gioco. Nel primo personaggio scatta una molla che mette in funzione il pigro cervello e lo fa agire secondo una logica perfetta ma priva di alcun consenso umano: il giocatore non soffre né gode, non trepida e non si eccita; calcola soltanto, e in quel calcolo si esaurisce la sua esistenza. Il secondo, che al gioco deve la sua continuità umana, se non la sua stessa sopravvivenza, dopo aver tentato invano di sottrarsi conoscendone la pericolosità, ne è coinvolto fino ai margini della follia. Attorno ai due giocatori un gruppo di compartecipi e spettatori, tra cui il narratore, travolti tutti, ma in maniere diverse, dal fascino misterioso del gioco come da un sortilegio, seguono affascinati il ripetersi di gesti perfetti ma privi di contenuto, vittime di un incantesimo come i personaggi di un parsifaliano Castello di Clìngsor. Laura Mancinelli Stefan Zweig, «Novella degli scacchi», Garzanti, 95 pagine, 8500 lire.
Persone citate: Garzanti, Giocosa, Laura Mancinelli Stefan, Stefan Zweig
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