La vera storia di Barbablù carnefice pentito

La vera storia di Barbablù carnefice pentito Il processo a Gilles de Rais, ricostruito da Bataille La vera storia di Barbablù carnefice pentito Nell'estate 1975 i giornali annunciarono che il settantaseienne Luis Bunuel si era lasciato convincere dal suo produttore Silberman a tornare ancora una volta dietro la macchina da presa per portare sullo schermo le criminali imprese di Gilles de Rais, interpretato da Gerard Depardieu. Non è difficile immaginare quel che intrigava Bunuel: gli aspetti paradossali di una tragedia cattolica, la dialettica tra colpa e redenzione, quasi la necessità che ha la religione del male e del delitto, per potersi affermare superior-- ad essi. Una parte del film avrebbe dovuto essere ambientata nel nostro tempo, e anche qui è chiaro l'intento interpretativo: i mostri sono tra noi, anzi, sono dentro di noi. sono una parte costitutiva della nostra stessa personalità, e per questo interessano tanto la cultura del '900. Il progetto era troppo complicato, e Bufiuel lo lasciò cadere. Ma è sintomatico che negli stessi anni anche Pasolini abbia pensato con insistenza a un film su Gilles, ripiegando poi su Saio-Sade, che ne ripeteva in qualche modo la tematica: perché il sadismo, perché il piacere ottenuto attraverso la sofferenza altrui, l'oscuro e ambiguo rapporto tra vittima e carnefice. Il primo biografo di Gilles è stato un distinto religioso francese, l'abate Eugène Bossard. che nel 1885 pubblicò un lavoro accurato, dimostrando tra l'altro come nella fantasia popolare le malefatte di Rais si mescolarono inestricabilmente con quelle fiabesche del Barbablù di Perrault. Di fatto, ancor oggi i neri monconi dei castelli di Gilles sono designati come le antiche residenze di Barbablù. Ma molto la conoscenza puntuale della tragedia deve a Georges Bataille, che ha tradotto gli atti del procosso tenuto a Nantes nel 1440. Deve trattarsi probabilmente di un lavoro giovanile che. scomparso Bataille nel 19G2. fu pubblicato postumo tre anni dopo. E' una raccolta di appunti e di schede, più che un vero libro, ma i suoi meriti documentari sono cospicui. La vicenda, nelle sue linee essenziali, è presto riassumlbile: Gilles nasce sulle rive della Loira nel 1404. erede di una fortuna colossale, valutabile a intere regioni. Esteta e collezionista, appassionato di musica, questo omosessuale è il compagno prediletto di un'androgina. Giovanna la pulzella, e con lei ha una parte di primo piano nella liberazione di Orléans dagli inglesi. A venticinque anni viene nominato maresciallo di Francia, all'incoronazione di Carlo VII a Reinis figura tra i quattro grandi del regno. Poi. improvvisa, la metamorfosi: nel 1432 l'eroe nazionale diventa il mostro che. assistito da una piccola corte di complici e di vecchie megere, sequestra, violenta e uccide decine e forse centinaia di bambini. La strage dura otto anni, e ad essa si accompagna la dilapidazione dell'immenso patrimonio. Prodigo e inge¬ nuo, Gilles alimenta in modo rovinoso la sua passione per il fasto, per il collezionimso, per il teatro: se viaggia si porta dietro duecento persone, la sua scìiola cantorum è più splendida di quella reale, se acquista sete, codici miniati e cavalli si fa regolarmente Ingannare sul prezzo. Nel 1435 fa rappresentare per le via di Orléans una gigantesca azione teatrale per celebrare la liberazione della città: ventimila versi, cinquecento attori, armature, cavalli, insegne, vestiti, tutto rifatto come in una regia di Visconti, persino gli stracci dei mendicanti sono ricavati da pezze nuove opportunamente smembrate. Lo spettacolo gli costa, pronta cassa, qualcosa come due miliardi di oggi, e segna l'inizio di un disastro economico e politico che Gilles cerca di rinviare assoldando maghi e alchimisti, tutti cialtroni e tutti abilissimi a sfruttare la sua credulità, a promettere oro che non arriva e a farneticare di diavoli avvolti in mantelli di seta viola. Qui Bunuel ha ragione: Il Medioevo di Gilles è un secolo che ci somiglia, nevrotico, superstizioso, disperato, violento, eccessivo in ogni sua manifestazione, sconvolto da frenesie consumiste. Su quello sfondo, il mostro» non era un caso incomprensibile e isolato, ma un figlio legittimo. Quello che lo rende inquietante e contemporaneo è l'assoluta gratuità dei suoi delitti, le più estreme fantasie sadiane tradotte in realtà con un anticipo di quattrocento anni. E insieme le contorsioni di una personalità doppia e scissa, l'impasto di misticismo e sensualità, di raffinatezze e volgarità, i bagni di sangue e l'estetismo decadente, il sadismo e il masochismo. Come tanti assassini d'oggi, Gilles è anche lui un pentito: quando si vede smascherato, ecco la clamorosa conversione, le lacrime, la morte da santo, fra le preghiere e i pianti dei parenti delle vittime, piombati a Nantes per linciarlo. Ancorché figlia della sua epoca, la tragedia trascina con sé qualcosa di grandioso e di inesplicabile. Lo stesso Bataille, che pure poteva trovarvi pane per i suoi denti, si limita ad annotare i fatti, a fissare l'intreccio delle responsabilità, l'escalation dell'orrore. Non cita Nietzsche o Freud, non cita nemmeno se stesso, l'incipit lapidario del suo saggio sull'erotismo, «che è approvazione della vita fin dentro la morte". La biologia, la storia e la psicoanalisi sembrano arrestarsi sulla storia di Gilles de Rais come sull'orlo di un pozzo senza fondo. L'aggressività, la violenza, la .•normalità». l'..anormalità»: il gran parlare che se ne fa non pare avere alcun effetto catartico, la ricerca avanza, ma è ancora impotente. Non resta che continuare ad aggrapparsi a un detto di Sartre: «Solo le esperienze radicali e rivelatrici dell'angoscia possono provocare nell'uomo la crisi da cui emerge l'esigenza di libertà». Ernesto Ferrerò Georges Bataille: «Il processo di Gilles de Rais». Guanda, 309 pagine, 12.000 lire. La battaglia di Putin combattuta il 18 giugno 1429 L'impiccagione di Gilles de Rais (pergamena del XVI sec.)

Luoghi citati: Francia, Orléans