Nannini: almeno la musica lasciamola senza sesso
Nannini: almeno la musica lasciamola senza sesso Intervista alla primadonna del rock italiano Nannini: almeno la musica lasciamola senza sesso MILANO — A vederla sulla scena Gianna Nannini impressiona per la sua personale interpretazione del rock, generosa e aggressiva, piena di grinta. . Di persona offre un'immagine di dolcezza, di serena vitalità, anche se alcuni particolari dell'abbigliamento rivelano altri aspetti del suo carattere. Per esempio quella testa di tigre, coloratissima, sulla maglietta di cotone che spunta e si ritrae tra le pieghe del giubbotto bianco. Come nella vita di questa cantautrice ventinovenne, spesso emerge una volontà quasi rabbiosa: -La rabbia è anche consapevolezza, no? — osserva sorridendo —. E' un modo di uscire dall'afrcettaziom passiva, un desiderio di cambiamento: Gianna Nannini ha cambiato presto e spesso nella sua vita. Senese, contradàiola dell'Oca erede di una delle più antiche famiglie di pasticcieri della città, dopo gli studi al Conservatorio si è trasferita a Milano, dove vive da quando aveva diciàtto anni. E a Milano ha iniziato quella carriera di cantautrice che l'ha portata ad essere considerata come l'unica «rock woman» italiana. Poche frasi chiare, sémplici: il rock di Oianna Nannini si basa su un numero volutamente ristretto di vocaboli che trasmettono sensazioni diverse, secondo il contesto musicale in cui sono collocate. La sua voce, forte e versatile, mostra la grinta giusta sui toni alti, esalta 1 testi che spesso tentano con coraggio situazioni e sentimenti non facili: la dolcezza dell'omosessualità femminile, la voglia del proprio corpo, la ribellione dalla solitudine. Lapidaria nel giudizi, è dura e aggressiva anche verso se stessa. E' ironica, sorride spesso, quando parla gesticola quasi a voler infondere più forza alle proprie parole. — Lei è ancora iscritta alla facoltà di Filosofia? »Mi mancano alla laurea un esame e la tesi, ma non riesco mai a combinare i miei impegni con quelli del professore che, da Bologna, va all'Università di Siena due giorni la settimana». —Quale titolo avrà la tesi? «J7 titolo non c'è perché non ho ancora terminato la fase di ricerca e di studio. Riguarda il tema della donna nella musica, attraverso i secoli, dalle comunità tribali ai tempi moderni. Più che altro sarà basata sull'esperienza personale del rock». — Ma qual è il suo concetto di musica? «La musica per me è l'uso die si fa del silenzio. Perché mi piace molto l'idea delle pause, del dare spazio alla musica, non solo riempirlo. Musica e silenzio per me sono due cose parallele». — In un articolo il filosofo Emanuele Severino notava che nelle società primitive la musica era «il cuore della festa, quindi della società», mentre oggi «è divenuta un'evasione provvisoria dai nostri problemi reali». L'esperienza nei concerti conferma o smentisce? «Vitando t concerti da musicista ma anche da spettatrice, credo die abbia un valore il fatto die ci siano accumuli di energia nello stare insieme, nel provare le stesse emozioni. Che poi uno torni ai propri problemi è vero e inevitabile, ma rimangono i momenti importanti in cui si-è sentito circolare detcrminate onde encrgetidie insieme aglialtri». — Keith Richards dei Rolline Slones sostiene che il rock non bisogna analizzarlo, è sufficiente viverlo senza pensarci sopra troppo seriamente. E'possibile? • Per me la musica non ha etichette e definizioni. Detto questo, credo mollo nel presente, nel momento in cui vivi le cose. In questo senso posso essere d'accordo nel vivere la musica nell'istante in cui nasce. Però non è detto che tu abbia poi voglia di risentire un disco o approfondire il discorso in un libro». — Tra la cultura senese e i pasticcini di famiglia ha scello il rock come terza via? • Certo sono stata influenzata da tutte e due le cose: dai dolci che non mi piacciono e da questo passato senese che ho sempre rifiutato, ma die ora sto riscoprendo. Da piccola ti portano a vedere i musei e non capisci perché, a che servono quelle cose. Mi stava stretta Siena, non mi piaceva vivere in una cerchia di gente che vivono sempre lì, in confezione come i dolci. Quando uno è piccolo vuole crescere, va altrove, sennò muore». — L'anno scorso al «Festival della donna nel rock» a Berlino ha ottenuto un successo notevole. Ma è giusto fare ancora queste distinzioni? «Sono contraria: tanto è vero che a Berlino sono stata contestata dalle organizzatrici e dalle musiciste presenti, perché suonavo con un complesso di maschi. Hanno lanciato lattine di birra al mio chitarrista, ma poi sono state sopraffatte dall'entusiasmo del pubblico. Sarei anche molto felice di trovare in Italia donne che suonino, ma non ne trovo. Già tutta la vita si va avanti con queste distinzioni, almeno la musica lasciamola senza sesso». — Fra poco uscirà «Sconcerto rock», il film di Luciano Mannuzzi prodotto da Bernardo Bertolucci, per il quale lei ha scritto le musiche. Cosa racconta? «E* la storia di una televisione privata, di Bologna. Teleocchio, Che vive da protagonista la manifestazione commemorativa della strage del 2 agosto. Accanto a questi momenti tragici si intrecciano storie diivrse, tinte di giallo, di rosa, di politica. E io, d'accordo con il regista, ho creato diverse stanze musicali per sottolineare gli incastri su cui si regge il film». — Ha avuto particolari difficoltà a comporre su un soggetto preciso? «Di solito scrii>o te mie canzoni di notte, al pianoforte, traducendo quello die Ito visto, letto, le emozioni die ho provato di giorno. Invece di musicare immagini proiettale dentro di me, ho lavorato su immagini già confezionate. Un lavoro molto interessante, in cui ho potuto spaziare di pi ù, senza perdere in spon taneità». — Lei sta lavorando al prossimo disco, il quinto della sua carriera. Conterrà elementi di novità? «Direi che questo è il disco di approdo e di partenza. Dopo anni di ricerca finalmente riesco a realizzare un progetto ambizioso: fondere i suoni di strumenti etnici dell'area mediterranea con l'elettronica. Ci siamo provati a fare dèi dipinti, ogni canzone un'immagine: quindi i suoni, i colori e gli strumenti sono usati solo in funzione del testo e dell'atmosfera che la canzone esprime. Per far questo debbo andare spesso a Colonia nello studio di Connie Plank, il più attrezzato laboratorio di ricerca musicale del mondo, dove ogni idea die «ai diventa possibile anche per la straordinaria abilità di questo musicista. L'e* lettronica non è usala però in modo robotizzato, ma nella sua umanità, nel suo calore. Tutti pensano che gli strumenti elettronici siano una fonte di freddezza, invece non è vero, sono tutti giocattoli. Secondo me lo sperimentalismo è l'unica cosa che può far evolvere la musica. Lo studio la uccide. Quelli che hanno fatto il Conservatorio non riescono ad uscire da lì». Gianna Nannini saluta e va in palestra. Bisogna tenersi in allenamento: a gennaio l'attende una tournée europea. Alessandro Rosa annuii
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