La lunga notte dell'Azteca

La lunga notte dell'Azteca 1970 - In Messico un leggendario incontro con la Germania, poi la sconfitta contro il Brasile guidato da Pelé La lunga notte dell'Azteca La terza volta dell'Italia in finale nel campionato del mondo di calcio fu nel 1970, in Brasile. Come spesso succede da noi, si era partiti in mezzo alle polemiche e la nazionale non godeva di un credito strepitoso. Valcareggi e Mandelll, responsabili della squadra, passavano 1 guai loro, ancora prima che si cominciasse a giocare. Era già nata — o forse stava nascendo — l'accesa rivalità di stile meneghino tra Mazzola e Rlvera. Tanto per contentare tutti, si Inventa un termine destinato a diventare storico: la staffetta, appunto tra Rivera e Mazzola. In azzurro c'è anche un tipo che sa birare a rete In modo terrificante, tanto che il giocatore viene definito «rombo di tuono»: Gigi Riva, che tutta Italia impara a chiamare Giggirriva, tutto attaccato insieme. E si parte per i campionati del mondo, proprio come si dovrebbe ogni volta: con una squadra che In complesso si giudica abbastanza modesta e alla quale non si accordano troppe chances. La prima partita si giocò contro la Svezia e l'Italia vinse per 1-0, con un gol di Domenghlni, personaggio preziosissimo perché incarnava quasi tutti 1 pregi — e qualche difetto — del calciatori italiani di quegli anni. Un guaio: si infortunò Niccolai — dal bello e inusitato nome di Comunardo — e fece, posto a Roberto Rosato, giocatore di grandi capacità di marcatore che in futuro sarebbe stato un protagonista tra gli azzurri. Subito dopo, pareggio (0-0) contro l'Uruguay e Domenghlni fu sostituito da Beppe Furino. Dopo pochi giorni, partita contro Israele, paese che ovviamente non poteva vantare grandi tradizioni calcistiche. Anche gli allibratori la pensavano cosi, e offrivano gli israeliani a 500 contro 1, quota che probabilmente rappresenta un record. Ma Israele non era poi la squadra di brocchi che si prevedeva, tanto che gli azzurri riuscirono a pareggiare con una certa difficoltà. La squadra, nonostante ciò, offri una dimostrazione di efficienza e riuscì — subito dopo — a battere la Germania In una partita storica. Ma In Italia alla squadra si continua a concedere poco credko e le vengono promessi premi strepitosi, quasi con la certezza che non sarebbero stati distribuiti. I calciatori italiani, però, sanno incassare in silenzio e cosi finiscono per raccogliere grosso. Sono giocatori di ottimo livello e in Messico intendono superare ogni ostacolo. Il primo di questi ostacoli è l'altura, quel clima che ammazza chi non c'è abituato e soprattutto chi deve fornire prestazioni atletiche di rilievo. Chi scatta, a quell'altitudine, rischia di restare svuotato di energie e sembra soffrire addirittura Riva, perfetta macchina di muscoli e capace di prestazioni eccezionali. Senza contare che in Messico gli sbalzi sono in ogni caso notevoli: tra lo stadio Azteca di Città del Messico e Toluca ci sono 500 metri di disivello. Comunque, arriviamo alla semifinale con le carte in regola. l'Italia non è più una squadra che si possa sottova¬ lutare e si arriva cosi allo scontro con 1 tedeschi. L'altra semifinale vede impegnato il Brasile contro l'Uruguay. Gli azzurri si preparano ad affrontare la Germania con i nervi distesi, mentre arrivano dall'Italia notizie di grandi dimostrazioni di tifosi, che invadono le strade con forsennati caroselli di automobili. Sono cose che fanno sensazione, in quel giorni, certo perché sono le prime: oggi ci abbiamo fatto l'abitudine. Mentre da noi si inneggia a Rivera, golden boy celeberrimo, tra i tedeschi scoppiano grane e le cose segrete trapelano. Sì viene a sapere, tra l'altro, che il centravanti Seeler ha preso a sberle Haller e che il grande Beckenbauer ce l'ha a morte con Schnellinger che si è trasferito a giocare in Italia eppure gli soffia il posto in nazionale, sia pure soltanto per il ruolo. Nonostante ciò, 1 tedeschi sono 1 grandi favoriti. E la partita si rivela emozionante e grandissima, tanto cne i messicani — ma sarà poi un fatto che contavano di realizzare? — vorrebbero, dopo la gara, piazzare una lapide allo stadio (entre equopos tan bravos) per ricordare degnamente l'avvenimento. _ Cominciano bene gli azzurri, Boninsegna porta l'Italia in vantaggio dopo otto minuti e Maier è imparabilmente battuto nell'angolino. Ma la Germania tempesta e gli azzurri sono costretti a lottare alla morte e finiscono anche per picchiare parecchio. Ma i tedeschi pareggiano dopo che gli avversari hanno preteso invano, due volte, il calcio di rigore, con l'arbitro giapponese Yamasaki che dice di no. Comunque, a un minuto dalla fine si consuma il dramma: tra gli avversari Schnellinger — sicuro, quello che gioca da noi e ci si trova benissimo — azzecca un colpo di piatto e mette In gol, mentre sta scadendo il 90'. I supplementari sono drammatici: segna Tarcisio Burgnich e pareggia il gol messo a segno da Mueller. Poi Riva mette dentro il gol della provvisoria vittoria. Ma ecco che appare improvvisa la stella di Rivera: prima nel male, quando non respinge il pallone tedesco che poi finisce in gol in modo incredibile e poi, finalmente, nel bene, quando calibra nella porta dello spiazzato Maier il pallone della vittoria. A partita finita sono tutti stremati, sia italiani che tedeschi, ma questi ultimi hanno la cocente delusione in più da digerire. Rivera, chissà perché?, è visto non troppo bene dai compagni e Albertosi — dopo lo scherzo del pallone non rinviato — proprio non lo può soffrire. Cosi almeno dicono i bene informati. Comunque, facciamo la finalissima con il Brasile e restiamo abbastanza colpiti da questi negretti che danzano. Non dimentichiamo che c'è anche Pelé, campione che supera tutti e li supererebbe anche adesso. Ma la partita non è facile per il Brasile, l'Italia vende cara la pelle. Alla fine è sconfitta per 4-1, deve inchinarsi ai brasiliani, campioni del mondo con pieno merito. A cura di Beppe Bracco Messico '70: Pelè abbracciato da Rivelino dopo il primo gol segnato all'Italia