Meazza aveva perso i calzoncini ma riuscì ugualmente a segnare

Meazza aveva perso i calzoncini ma riuscì ugualmente a segnare 138 ™ Dopo una facile vittoria sul Brasile, gli azzurri vinsero il titolo superando senza difficoltà anche l'Ungheria Meazza aveva perso i calzoncini ma riuscì ugualmente a segnare La seconda volta dell'Italia in finale del campionato del mondo di calcio fu nel 1938. Lo scenario politico resta lo stesso — quello del 1934, con le solite vestigia di grandessa e il desiderio del regime di primeggiare a qualunque costo —. Eppure tutto comincia in maniera miserrima, a Marsiglia contro la povera Norvegia. In uno stadio marcatamente ostile, i giocatori italiani sentono un certo disagio, hanno probabilmente anche u7i po' di paura. Perché l'aria che tira non è tonificante per loro: sulle gradinate ci sono almeno diecimila 'fuorusciti» italiani, dato che dovrebbe far riflettere allora e anche dopo, ma passa abbastanza sotto silenzio. Fatto sta che questi diecimila, quando gli azzurri alzano il braccio nel saluto fascista, li fischiano sonoramentS.-e il pubblico di Marsiglia si fielte a,/are il tifo per,,ijiorve,-:! nesi?parteggiando peru'pfli debole visto che i nostri sono campioni del mondo. Ma i norvegesi proprio brocchi non sono e gli azzurri trovano lungo. Il pubblico ir diverte a vedere gli italiani in difficoltà, i campioni del mondo che si buttano tutti aitanti sensa riuscire a concludere, e li fischiano sonoramente. Brutto, affare: si deve arrivare ai supplementari, in un ambiente die diventa sempre più ostile, e Olivieri è costretto a un paio di miracoli per tenere in piedi la baracca azzurra: comunque, ad aggiustare in qualche modo le cose ci pensa Piola che mette in rete riprendendo la respinta del portiere norvegese. L'hanno aggiustata, insomma. Ma è chiaro che occorre cambiare qualcosa e forse parecchio. Pozzo non è uomo.da -mezze decisioni e cam-, ^^^M^^ifinche se si sussurrdche uno'degli esclusi minacci di telefonare a Roma in alto loco, certo di trovare orecchie disposte ad ascoltarlo. Ma non ci sono prove di questi maneggi e la magra di Marsiglia finisce per rivelarsi salutare, visto che si cambia perii meglio. I dite terzini sono quelli della Juventus, Foni e Rava. A questi Vittorio Pozzo aggiunge l'ala del Bologna, Biavati, inventore di quel famoso passo doppio c)ie è inutile cercare di descrivere: basta spiegare che è una finta diabolica, alla quale non vi è difensore che non abbocchi. La Nazionale va a Parigi e si sistema in un sobborgo, a Saìnt-Germain-\ en-Layle. Qui si vede subito di, die pasta è fatto Vittorio Pozzo: tiene un rapporto estremamente militaresco agli atleti, dice molto chiaro die bisogna mettercela tutta. Igiocatori — vhtrormai latfonVscWf&benyw ra — reagiscono in modo positivo e vanno in campo con ben altro spirito rispetto a Marsiglia. La partita va bene, segna subito Colaussi ma il francese Heisserer pareggia. Piola, però, ha capito come stanno le cose con la difesa avversaria e segna due reti nella ripresa. dp w Entusiasmo per gli italiani, che a Parigi hanno giocato davvero con estrema disinvoltura e applicando un modulo di gioco che si poteva definire perfetto e al quale gli avversari non riescono a resistere. Si gioca quindi contro il Brasile, una delle favorite del torneo. Pozzo ha mandato a visionare i brasiliani Giampiero Combi, nella partita contro la Cecoslovacchia. Ne esce un quadro molto nitido: i prossimi avversari sono bravissimi col pallone, eseguono finte e ghirigori, praticamente danzano sul Pffito, sono yiqHp^ befli da vedere ma- tlee^o^au4entio»^ Un'altra cosa. Tutto arrosto e niente fumo insomma, ben diverso da maniera del Brasile. Tutto questo bastava alla squadra azzurra per capire come stavano realmente le cose e a regolarsi di conseguenza. Pozzo, in questi casi, non aveva dubbi, il suo infallibile istinto gli impediva di sba¬ gliare. Come non sbagliano i suoi giocatori: prima segna Colaussi e poi Piola viene vistosamente atterrato in piena area. E' calcio di rigore sacrosanto, anche il terzino Domingos, autore del fallo, evita di protestare. Sta per battere Meazza e, proprio in quel momento decisivo, gli si spezza l'elastico dei pantaloncini, cosa che crea uno degi episodi più divertenti e più raccontati di tutta la storia del nostro calcio. Infatti, basterebbe che Meazza corresse alla panchina e chiedesse un nuovo palo di calzoncU •ni.-"M-a-non è-yn discors&per lui:, si dirà che"nòn voleva perdere Vattimo favorevole, die gli avversari erano disorientati e lo sarebbero stati ancora di più (specialmente il portiere) se si fosse fatto avanti con i pantaloncini che gli cascavano. Cosi, in piena naturalezza, si prepara a battere quel tiro decisivo avanzando a piccoli passi, tenendosi strettì i calzoncini con una mano, tutto sbilenco in una posizione un pochino innaturale per un atleta in azione. Ma quell'atleta è ancfie un asso: tira e fa gol: manda il portiere brasilaino da una parte e il pallone nell'angolino opposto. La partita finisce praticamente così, anche se il brasiliano Romeo accorcia le distanze e batte Olivieri. L'Italia si presenta quindi a Parigi per la finale. Il 19 giugno si gioca dunque la finale a Colombes, contro l'Vnglieria di Sarosi. E' un'ottima squadra, ma i nostri sono troppo caricati, ìianno troppa voglia di vincere perché un avversario possa fermarli. L'Italia va subito in gol; Meazza pennella un lungo, prezioso passaggio per Colaussi cfu} batte imparabilmente a -rete. > GH--ungheresi pareggiano con Titkos, ma non c'è neppure il tempo per recriminare che l'Italia segna nuovamente, con un'azione cui prende parte quasi tutta la squadra: Colaussi, Piola, Ferrari, Meazza e infine ancora Piola in gol. La partita finisce sul 4-2 con l'Italia campione. IP iSiSil WlililSi SIP Parigi '38: Meazza (a sinistra) stringe la mano del capitano francese Maltler