Affascinanti come nessuno
Affascinanti come nessuno Affascinanti come nessuno Due ore con Mick Jagger e soci: musica e feeling senza paragone Alle tre e cinquantacinque del pomeriggio, con cinque minuti d'anticipo dell'orario deciso, migliaia di palloncini variopinti salgono in cielo. Dalle casse esplodono le prime note di Under my thumb, mentre il sipario rosa si apre e sulla scena irrompe lui, Mick Jagger. Sembra un folletto, i pantaloni calsamaoMa con strisce rosse e bianche, canottiera verde, giacchino sbracciato giallo oro e trapunto di stelle. Un folletto un po' stagionato, coi suoi quarant'anni ormai prossimi; ma per come s'agita scatenato, non si direbbe. La folla comunque scatta in piedi, e in un attimo vaporizza caldo e stanchezza accumula- ti fin dal mattino. Sopra l'enorme palco la ghirlanda di palloncini frenati ondeggia, quasi sotto la spinta degli applausi e delle grida di sessantamila persone. Intanto il sipario ha raggiunto le quinte, su cui campeggiano un sax che sembra serpente, un'auto più simile a un siluro, e una chitarra la cui allusione fallica è fin troppo scoperta. Dietro a Jagger compare Keith Richards, la sua •ombra», e l'altra chitarra, Ron Wood, quindi il basso Bill Wyman e Charlie Watts già alla batterìa. Affiancano i cinque due sassofonisti di colore e due alle tastiere. S'è iniziato cosi ieri, secondo un copione sempre rispettato e già collaudato con due milioni di spettatori europei, il concerto dei Rolling allo stadio di Torino, l'avvenimento più atteso dell'estate. Ma chi si aspettava soltanto un grande spettacolo per gli occhi, con la magìa della musica rock un po' stinta, ha dovuto ricredersi presto. Già al terzo brano, Let's spend the night together (un'anricaoHa del 1964), lo stadio è esploso e il miracolo si è ripetuto ancora, creando quel •feeling» che era il vanto dei Rolling Anni Sessanta. Eppure ne hanno fatto di strada i Rolling: oggi non spaventano e non scandaligzano più nessuno. Del disordine e della violenza oggi i Rolling hanno addirittura il terrore. E certo hanno apprezzato il servizio d'ordine dei giovani della Fgci, certo più moderno e pacifico di quello degli Hell's Angels, la banda aziamericana che in un concerto dei primi Anni Settanta appioppò sulla coscienza dei Rolling due o tre morti. Il pubblico di ieri era ben disposto, pronto ad applaudire più del dovuto anche i J. Geils, la band che aveva preceduto i Rolling. Ma si trattava di un giorno di festa eccezionale: suo simbolo, più che le tante tette al vento (numerose però, come nei concerti estivi dei bei tempi andati, quando Parco Lambro era II • top») erano i numerosi tricolori che sventolavano sugli spalti, come se dopo i Rolling sullo stesso terreno dovesse scendere la nazionale. Uno striscione in particolare, al cui centro spiccava lo stemma sberleffo dei Rolling, univa idealmente il Comunale di Torino con lo stadio di Madrid. Ieri dai Rolling c'è stata la più grande concentrazione di tifoseria per la nostra nazionale. Al tifo per gli azzurri si è unito anche Jagger, che in pessimo italiano ha' lanciato anche un pronostico, riscuotendo boati e cori di •Italia, Italia»: «So che vincerete questa sera. Italia-Germania, tre a uno». E' Jagger i Rolling, ed è lui che regge interamente spettacolo e concerto. Mentre i brani si dipanano risorgendo dai primi anni della storia rock, Jagger fa di tutto. Corre lungo i settanta metri del corridoio, di proscenio, si sbraccia, rotola sul palco, fa che gli occhi di tutti siano sempre su di lui; sensuale e con movenze da esperta baiadera scopre petto e ventre agitando il bacino; ogni tanto afferra un secchio di plastica e rovescia acqua sul pubblico, come già sta facendo anche il servizio d'ordine; a metà concerto resta coi soli pantaloni e un cappello bianco in testa, contro la calura. Pochi i pezzi del recente Tattoo you, tantissimi quelli gloriosi: da Shadow a Time ls on my side («Questa l'abbiamo scrìtta quando eravamo molto giovani», dice Jagger con ironia), a Honky tonk woman, a Brown sugar. Intonano Beast of Burden e Jagger con Richard s'innalza su una piattaforma che sembra mossa dal loro agitarsi. Così per poco meno di due ore, tra il tripudio della folla, che va in delirio quando Jagger canta Jumplng Jack Flash avvolto in un tricolore: «Vai, che le otto s'avvicinano». Poi il sipario si richiude, per riaprirsi subito con l'unico e atteso bis, il mitico Satisfaction. Jagger indossa ora la maglia numero venti degli azzurri, quella di Rossi, e tutto il pubblico canta con lui, che su un carrello (anch'esso tricolore) mosso da un braccio meccanico; ruota alto sul pubblico. Dal prato partono un paio di palloni che Richard, con calcio perfetto, rimanda al volo. Stasera si replica (l Rollino, non l'Italia): alle 20 i supportar, alle 22 loro, il pia grande circo che la storia della musica abbia mai visto. Gianni Pennacchi e
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