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Walter Schachner con i riccioli d'oro Walter Schachner con i riccioli d'oro Può darsi che nel nostro giudizio negativo ci sia anche la rabbia di chi si sente tradito (avevamo giurato sull'Austria in semifinale, e sapete come è finita) ma è certo che i bianchi di Georg Schmidt sono stati una pena, in assoluto la maggior delusione offerta dal calcio europeo, non fosse altro che per la fama di alcuni dei suoi giocatori: dall'atletico stopper Pezzey per il quale molti club italiani (prima fra tutti la Fiorentina) avevano fatto inutilmente fuoco e fiamme, all'esperto Jara, a Wolzl che gioca nel Valencia, a Prohaska che, dopo aver militato nell'Inter non ha affatto rassicurato il suo nuovo «padrone., glallorosso ed il nuovo tecnico Liedholm, a Walter Schachner infine, l'attaccante più conteso sul .mercato calcistico italiano, che nelle partite importanti è stato uno strazio. Doveva essere l'uomo-sorpresa dell'Austria, il biondo Walter, ma evidentemente era troppo preso dalla campagna trasferimenti italiana, che lo vedeva al centro di un sin troppo furbo gioco al rialzo da parte del Cesena Schachner. in questo vortice, non aveva più la concentrazione per pensare al Mundial. Si è fatto notare (e con lui Prohaska, Baumeister ed altri) per gli stupendi riccioli biondi, una permanente da fare invidia a quella dei «travestiti» che popolano le notti di Barcellona. Eleganti, laccati e molto contegnosi (nel senso di molto lenti) gli austriaci se ne sono andati dal Mundial senza lasciare il segno, se non quello della più cocente delusione. Schachner ha confermato le lacune che già gli erano state attribuite al momento dell'interessamento nel suoi confrónti di alcuni club italiani, alla ricerca disperata, a qualsiasi prezzo, di un uomo-gol: è un giocatore potente (se in forma) ma istintivo e soprattutto si trova a suo agio in contrattacco, in spazi ampi. Schachner non riesce invece ad emergere quando la propria squadra attacca, pressa l'avversario ed intasa l'opposta area di rigore, chiamandolo a dialoghi stretti che non sono per lui. Schachner, la testa altrove