Per otto ore in balìa dei Demoni

Per otto ore in balìa dei Demoni A AVIGNONE DIVENTA TEATRO ANCHE IL ROMANZO-FIUME DI DOSTOEVSKIJ Per otto ore in balìa dei Demoni Il grande «libro dell'ira» è messo in scena nel Palazzo dei Papi dal regista Denis Llorca • Una storia di demenziali utopisti, ma anche una ragnatela di strazianti amori impossibili - Trionfo di due attori DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE AVIGNONE — Anche a teatro c'è modo e modo di tirare alle lunghe. Quando Luca Ronconi o Peter Stein ci propongono allestimenti tra le sei e le sette ore di durata complessiva (rispettivamente, della Torre di Hofmannsthal a Prato e dell'Orestiade di Eschilo a Parigi) hanno fondate ragioni per farlo: sono dinanzi a capolavori teatrali oggettivamente monumentali, nella loro originaria stesura: e. quel che più conta, hanno in mente un'idea di spettacolo che si attaglia strettamente a quelle imponenti campiture. Nell'offrirci in una sola serata, nel cortile d'onore del Palazzo dei Papi, un allestimento dei Possédés di Dostoevskij, cioè degli Ossessi oppure, come s'intitola da noi. dei Demoni, il regista Denis Llorca, alla testa del Centre dramatlque national de la Franche-Comté, non ha fatto altro, invece, che offrirci una diligente riduzione teatrale di un celebre romanzo-fiume. Dura sette ore e mezzo, più un'ora di intervallo: il sonno e il freddo, sotto la sferza di un implacabile mistral. sono in agguato, di continuo; e la kermesse sportiva non vale, francamente, la posta in palio. Rileggendo il grande «libro dell'ira* dostoevskijana. Llorca è stato soprattutto affascinato dal mosso, variopinto spaccato sociale che esso propone. Quel quadro formicolante di una borghesia di provincia saldamente abbarbicata alle proprie secolari prevenzioni, quel proliferare incessante di madri dispotiche, zie ebeti, istitutori sterili e solitari, scrittori falliti, bellimbusti loquacissimi, è reso, nelle prime tre ore di spettacolo, con puntiglioso fervore e anche con un tocco di spietata amarezza. Vanno e vengono, quelle stolide figurine, sullo sfondo di alte vetrate nerofumo, in cui si aprono, di continuo, portali e portine; si trascinano le loro goffe poltrone, i loro panciuti canapé; più che rissare, bisticciano; più che confessarsi, si mentono di continuo, incuranti del «fuori di loro», che un ansimare di vaporiera o un fragore di tuono preannunclano minaccioso. Trionfano, in questo lungo prologo al dramma, in questa conversazione continuamente interrotta e subito ripresa due grandissimi attori, che la animano tutta: Maria Casarès. l'autoritaria Varvara Stavroghin. in una stupenda caratterizzazione di iroso egotismo trattenuto, un calcolo minuto dei gesti (quel grattarsi, di continuo, la fronte, il premersi le tempie, il mulinare isterico delle braccia) e uno svariare stupefacente della voce, dal basso profondo della provocazione alla risata chioccia di disgusto; e Michel Vitold. il dolcissimo, soavemente inutile Stepan Verchovenskij. di una meravigliosa leggera fatuità, di una tenerezza stupita, quasi cechoviana. lo stupore delle anime belle Impantanate In una palude di rospi. Ma questi rospi, queste vipere (sono parole di Dostoevskij) si stenta poi a vederli emergere dal loro viscido groviglio. Voglio dire che tutta la seconda parte (dall'arrivo di Nicolay Stavroghin dalla Svizzera al formarsi del gruppo dei terroristi, alle loro prime pazzesche imprese niellili-stlche, al reciproco confondersi e annientarsi) stenta ad assumere una rilevata espressività scenica. Le figure ci sono tutte. 1 ruoli sono, fisicamente, ben assegnati (l'ascetico ingegnere Kirllov. sempre in gambali, a capo raso, e Satov, l'ex studente, grossolano e candido), la vicenda è minuziosamente ricostruita: ma non vi avverti mal 11 rombo sordo della ossessione del titola mai il suo chimerico demonismo, mai la sua fonda perdizione: e, soprattutto, non ti senti mai attratto e respinto (come lo era Dostoevskij all'atto ancora di scrivere quel libro-rendiconto, lui che per terrorismo era stato in galera) dall'atroce verità di una ribellione che nel suo sanguinarlo delirio ha pure una sua persuasività stringente. Piuttosto succede di capire (è un piccolo merito di Llorca. ma gli va ascritto) che questa non è soltanto una storia di demenziali utopisti, ma anche una ragnatela di strazianti amori impossibili: che sul cavallo della rivolta egoistica, insomma, l'amore altruistico, inutilmente, cavalca. Per questo, accanto alla Casarès e a Vitold. l'una e l'altro classe 1922. ammiri la limpida presenza scenica delle giovanissime attrici: la remissiva, dolente Dasa di Nadia 8tranca. la Lisa, tutta fremente di vita sorgiva, di Catherine Retore, la Maria Lebiadkina di Francoise Thurlès. zoppa e ubriaca si. ma di una bellezza quasi da veggente, da Sibilla slava. All'uscita, all'alba ci hanno offerto la prima colazione, e mai mi parve cosi buona. Con tenerezza ho ripensato ai Demoni di AndrzeJ Wajda. due ore e un quarto di spettacolo, e l'eco in cuore di un turbamento profondo. Guido Davico Bonino

Luoghi citati: Parigi, Prato, Svizzera