Il destino di Begin tra guerra e pace di Aldo Rizzo

Il destino di Begin tra guerra e pace CHI E' DI SCENA Il destino di Begin tra guerra e pace Il 17 maggio di cinque anni fa, l'inviato ai questo giornale a Tel Aviv, Igor Man, scrisse che «è accaduto quel che non doveva accadere: Israele ha votato a destra». E riassunse in due aggettivi in salita («sorprendente e brutale») l'irruzione sulla scena politica del Medio Oriente àc\Y «irriducibile Menachem Begin». lo ero a Ginevra, dove proprio quel giorno erano cominciati i colloqui tra il. segretario di Stato di Carter, Vance, e il sovietico Gromyko. Erano colloqui difficili, che seguiva no di poche settimane il pri mo e fallimentare incontro, : Mosca, tra i ministri delle due superpotenze. Si sperava che, se non sulle armi strategiche, dove più netta era l'impasse, sul Medio Oriente, appunto, potesse riannodarsi un dialogo tra Usa e Urss. Veniva con sidcrato incoraggiante Paccen no, fatto da Carter, al diritto dei palestinesi a una patria (homeland). La notizia della vittoria elettorale della destra nazionalista israeliana giunse anche a Ginevra come una bomba Non ci furono, naturalmente, reazioni ufficiali. Ma, nell'am bientc americano, superato lo stupore del primo momento si affacciò timidamente Tipo tesi che, proprio rappresentan do la destra, e non dovendol quindi temere concorrenze contraccolpi nazionalistici Begin e i suoi potessero gra dualmente arrendersi alla necessità di certe concessioni di certi «sacrifici», e impor all'opinione pubblica. Lo «scc nario» che era stato di De Gaulle per l'Algeria. Noi giornalisti raccogliem mo anche un'altra opinione radicalmente diversa. Era quel la del rappresentante delI'Olp a Ginevra, il quale venne dirci che la vittoria di Begin del «Lilcud» significava sem plicemente l'inevitabilità, breve o medio termine, d «una quinta guerra del Media, Oriente». Ora sappiamo che entrambe le profezie contenevano una parte di verità. C'è stato Camp David e c'è stata la restituzione del Sinai all'Egitto. Ma c'è stata anche la quinta guerra pur se si avverte in giro una certa riluttanza a chiamare tale l'invasione del Libano. Allo staro dei fatti, e salvando ogn diversa ipotesi per il futuro, i lato violento di Begin è quello che ha prevalso. Ma che cosa significa e come nasce la violenza di Begin? E c'è qualche reale speranza che da essa pos sa scarurirc un giorno la pace? Nel 1925, il futuro leader] israeliano aveva dodici anni era un cittadino polacco e viveva a Brcst-Litovsk, dov'è nato. Una sera, in una sala da concerri, gli capitò di ascoltare da un oratore, Vladimir Jabotinsky, per la prima volta, che il popolo ebraico aveva diritto a recuperare come patria l'in tcra Palestina biblica (Eretz Yisrael). Da allora, scrisse più tardi, la sua vita fu votata quell'ideale. Ancora a Brcst-Litovsk, nel frattempo rioccupata dai russi Begin fu arrestato, subito dopo l'inizio della seconda guerra mondiale, e deportato in Si bcria, per propaganda sionista. In un'occasione, le guardie sovietiche lo tennero sveglio per sessanta ore, nel tentativo, va no, d'indurlo a una sorta di ripudio della sua predicazione. Un anno dopo, Begin fu liberato, ma intanto gran parte della sua famiglia era stata sterminata dai nazisti. Accadde di nuovo a BrcstLitovsk, e così egli ha ricordato l'eccidio,- durante una delle sue persistenti polemiche con i tedeschi, ivi compreso il cancelliere Schmidt: «Mio padre e altri >00 ebrei furono spinti dai nazisti dentro il fiume, poi i soldati aprirono il fuoco con i fucili mitragliatori da entrambe le rive e l'acqua diventò rossa per il sangui, finché tutto il fiume, in quel punto, non fu altro che sangue». Riuscì a raggiungere la Palestina, dove ritrovò Jabotinsky, che aveva fondato l'«Irgun», l'organizzazione terroristica anti-inglese. Vi si iscrisse e. dopi che l'albergo King David di Gerusalemme salto in aria e 91 persone vi lasciarono la vita, gli inglesi misero una taglia sulla sua testa d diecimila sterline; ma senza esito. Lui, Begin, aveva sviluppato una sua teoria sui nuovi de¬ stini del popolo ebraico, che poi espose nel libro La rivolta: «L'Olocausto ha prodotto un nuovo tipo di essere umano, un tipo completamente sconosciuto al mondo per più di 1800 anni: l'Ebreo Combattente». La memoria doveva tramutarglisi progressivamente in una sorta di ossessione. Tanti anni dopo, da primo ministro, avendo ricevuto la notizia che gli acrei israeliani avevano portato a tetmine la distruzione improvvisa del reattore nucleare iracheno di Osirak, dirà ai colleghi di governo riuniti a casa sua: «Signori, i nostri piloti hanno impedito un altro Olocausto». E tuttavia, si sa, è anche l'uomo che accoglie Sadat Gerusalemme, che stipula un trattato di pace e restituisce i territori occupati al primo Paese arabo che riconosce apertamente il diritto di Israe le a esistere come Stato. Pet questo riceve addirittura il Premio Nobel per la pace, alla pari con Sadat. Il quale però si obietta, è il vero autore del l'atto di coraggio (nel contesto storico, politico e psicologico del mondo arabo) c Be gin non poteva che fare la sua parte, tanto più che in questo modo neutralizzava, senza più guerre, l'Egitto, il solo Paese dell'area in grado di preoccupare militarmente Israele. C'è una storia poco nota, che forse aiuta a capire in che modo e in che senso violenza e pace s'intreccino nel pensiero e nei sentimenti del leader S > israeliano. L'ha raccontata, circa un anno fa, Sol Linowitz, che fu per qualche tempo l'inviato di Carter in Medio Oriente. In una pausa di uno dei suoi tanti colloqui con Begin, Linowitz gli domandò: «Chi sono i suoi eroi?». Begin gli propose che fosse lui stesso a rispondere. Linowitz fece i nomi ovvi di Jabotinsky c di Herzl, il padre del sionismo. Begin annuì e aggiunse: «Ma chi ì l'eroe più grande di tutti? Lei non ci arriverebbe mai: è Garibaldi. Il più grande combattente per la libertà in ogni luogo, un uomo incompreso». Più tardi, riflettendo sull'episodio, l'americano si spiegava la sorprendente predilezione di Begin per l'eroe italiano col fatto che, criticato o ostcg giato da vari governi per le sue iniziative militari, Garibaldi aveva in realtà seguito un disegno di pace, eccetera. Ma è probabile che, per Begin, la spiegazione più vera sia un'al tra: Garibaldi eroe esemplare in quanto artefice, con opera zioni spericolate, della riunificazione delle componenti storiche della nazione italiana; la pace e la libertà, come conse guenzx Se è così, davvero Garibaldi è un uomo incompreso, almeno in Israele, stanti le radicali differenze ita la Palestina biblica e l'Italia dell'Ottocento. Ma, dicevo, può essere una conferma di quanto il mito di Eretz Yisntcl condizioni tutta la politica del primo ministro di Gerusalemme, V anni dopo quell'incontro con Jabotinsky, a Brcst-Litovsk. I palestinesi di Arafat non sono i napoletani di Francesco li, questo è chiaro, e chissà da che parte starebbe ora Garibaldi in Palestina. Il problema di Begin, come quello di Arafat, è il teciproco riconoscimento tra due distinte entità nazionali e politiche, mentre la violenza chiama solo altra violen za. Quella dispiegata da Begin in Libano, ha scritto Jean Daniel, minaccia di ridurre il popolo palestinese «alla stessa sorte della quale gli ebrei hanno voluto liberarsi». ... _. Aldo Rizzo