Quel piatto per non dimenticare di Edoardo Ballone

Quel piatto per non dimenticare Si va diffondendo un collezionismo legato a ristoranti e buona cucina Quel piatto per non dimenticare UAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MILANO — Per un mese, e soltanto per un mese, un ristorante di Milano distribuì un piatto «del buon ricordo» con su disegnata la ricetta del glacé di vitello. Era l'aprile del '64. Oggi, per i collezionisti, quel piatto è rarissimo e molti sarebbero disposti a spendere una fortuna per possederlo. Cosi come raro è il piatto del buon ricordo offerto ai clienti da un ristorante di Merano. Per distrazione, chi lo produsse Invece di scrivere la ricetta -prosciutto alla meranese» impresse «alla milanese». Adesso vale alcuni milioni ed è già stato definito il «Gronchi rosa» parafrasando il linguaggio del filatelici che anni fa impazzirono per accaparrarsi il francobollo «sbaglialo» con su stampato l'ex Presidente della Repubblica. In questa epoca di vacanze, molti noteranno sulle porte e sui muri del ristoranti la scritta: «Piatti del buon ri cordo». E' un'iniziativa sorta nel '64 su idea di un gruppo di ristoratori milanesi. Cominciò con dodici ristoranti che, dietro pignolo esame, s'impegnarono a offrire ai clienti un piatto che ricordava la ricetta «fiore all'occhiello» del locale. Ai nostri giorni l'iniziativa s'è allargata e ogni anno, da una bottega artigianale di Vietri, escono 400 mila piatti del buon ricordo. Un grosso' business ma pure un'abitudine di vita per molti affezionati della buona cucina alla ricerca di un oggetto che commemora epiche mangiate. E attorno ai piatti del buon ricordo s'è formata, di conseguenza, un'associazione dei collezionisti. E' sorta qualche anno fa a Torino su idea del dott. Marco Regge, fratello del famoso scienziato. Ha fatto strada e oggi questo insolito gruppo di collezionisti ha una sede sociale, un tesoriere e un consiglio d'amministrazione che si rinnova ogni quattro anni. E ben 608 soci sparsi in tutta Italia, e qualcuno anche all'estero. Giorgio Pavanello, il tesoriere, parla dell'Acpbr come fosse una sua cretaura. Ne segnala la storia, gli aneddoti, la voglia di ingrandirsi. I piatti aggiornati al 1982 sono 220 e molti sono 1 collezionisti che li possiedono tutti. In bella mostra in cucina, in sala da pranzo addirittura nascosti per paura di occhi indiscreti. «Perché — fa notare Pavanello — una serte completa, specialmente con più pezzi relativi ai primi dodici piatti "fondatori", vale un bel gruzzolo». Top secret sulla cifra, ma si parla di diversi milioni. Non a caso esiste un capillare mercatino del genere, ma, rileva Pavanello «la nostra associazione promuove soltanto lo scambio fra i soci, non la compravendita». Questo può essere vero, però chi non darebbe una bella somma per mettere le mani su un piatto uscito da un ristorante trentino e chiamato del «bue sezionato»? Oggi è quasi introvabile come pure quello di un locale di Alassio offerto ai clienti in duplice versione: -Zimino marinaro» e «zimino di cozze e vongole». Questi piatti stanno diventando oggetti da ricca raccolta e il momento della mania sta trasformandosi in una spasmodica caccia al detentori di pezzi pregiati. Né a questo punto potevano restare in disparte 1 falsari. «Esistono e come!» puntualizzano all'Associazione e ne sono preoccupati. SI, d'accordo, i ristoratori che mettono in commercio piatti non denunciati all'Unione vengono da essa espulsi o comunque diffidati; ma il caso di creazioni non regolamentari aumentano sempre più. Edoardo Ballone

Persone citate: Giorgio Pavanello, Gronchi, Pavanello

Luoghi citati: Alassio, Italia, Merano, Milano, Torino