Leader di Pechino al capo di Taiwan (ex compagno di studi): «Invitami» di Vittorio Zucconi

Leader di Pechino al capo di Taiwan (ex compagno di studi): «Invitami» Una lettera dai toni sentimentali rilancia l'unificazione delle due Cine Leader di Pechino al capo di Taiwan (ex compagno di studi): «Invitami» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO — Tren Vanni di scontro politico, di cannonate, di tensione e di minacce alla pace dell'Asia intera potrebbero risolversi se soltanto due «vecchi compagni di scuola» si incontrassero e si parlassero. Da Pechino, capitale della Repubblica Popolare Cinese, uno degli uomini della -vecchia guardia», il settantaseienne Liao Chengzhi, scrive — a nome del partito — al figlio di Chiang Kai-Shek, Presidente della Cina Nazionalista ed ex compagno di studi, per domandargli «da fratello a fratello» un invito ufficiale a Taiwan, e discutere con lui, «prima che la nostra giornata finisca e il tetto ci cada in testa», la riunificazione della Cina. Dopo la proposta ufficiale di riunione «nel rispetto dell'indipendenza taiwanese» lanciata nel settembre scorso, questo è il secondo appello diretto da Pechino ai nazionalisti sullo stesso tema, ma questa volta confezionato in toni quasi affettuosi, e privati, fra due -grandi vecchi» della storia cinese. Liao Chengzhi, membro del comitato centrale del partito comunista cinese, e Chiang Ching-Kuo, figlio del -generalissimo» morto nel 1975, sono entrambi settuagenari e, come la lettera dice ripetutamente, «vecchi amici», divisi soltanto dalle svolte della storia politica. Insieme, Liao il comunista e Chiang il nazionalista, studiarono a Mosca, tra le due guerre. «Fu a Mosca — scrive oggi il sino-comunista al stno-nazionalista — che imparammo ad apprezzarci e a conoscerci. Certo non puoi avere dimenticato — aggiunge Liao — le lunghe notti passate a parlare Insieme, a Mosca». In tutto il messaggio ritorna questa nota personale, da vecchio a vecchio, intrecciata con la proposta politica, insieme premurosa ma anche asciutta. «TI ho sentito dire e ripetere — scrive Liao al figlio ed erede del -generalissimo» — che nessun contatto, nessun negozlato, nessun compromesso sono possibili fra di noi, e credo che tu sia In errore. Tal wan — insiste senza perifrasi — è destinata, ine vitabllmen te, ad essere riunita con la madrepatria. Non vi accorgete di esservi chiusi da soli al l'angolo e di èssere ormai alle strette? So che tutti, nella tua Isola, parlano e si preoccupano del futuro: questo è 11 momento di decidere. Ricorda, Chiang. che 11 tempo non si arresta, e breve è la nostra giornata*. Finalmente, nella lettera (diffusa con grande evidenza % r da radio, televisione e agenzie della Cina Popolare) affiora un elemento che, a giudizio dell'autore, dovrebbe rivelarsi determinante: l'elemento nazionale, etnico. Addirittura pan-cinese. «Se tu volessi assumerti la responsabilità di condurre il tuo partito (Chiang è il leader dei "nazionalisti") all'accordo con il mio partito (il pc cinese), come i tempi e la situazione Impongono, non solo le nostre forze politiche potrebbero sopravvivere e coesistere a lungo, ma voi e noi daremmo un contributo storico alla gloriosa ri¬ nascita della grande Cina». «Una rinascita — conclude la lettera di Pechino con una sferzata a Washington — che è Interamente affar nostro, e non di coloro che arrogantemente ne parlano solo per nascondere 1 loro disegni sulla nostra isola». Cioè su Taiwan. E' probabile che la risposta del figlio di Chiang Kai-Shek (•E' un trucco», è la prima reazione ufficiale), del partito e del primo ministro taiwanese Sun Yun-Suan sia, come già in passato, fredda. L'offerta di riunificazione fatta ufficialmente in settembre fu de- finita «una pillola di zucchero avvelenato» dai nazionalisti, e proprio poche ore prima che venisse recapitata la missiva di Liao, domenica scorsa, Sun Yan-Suan aveva rinnovato la' sua controproposta di unione che pretende la rinuncia formale ed esplicita al comunismo da parte dei dirigenti di Fechino. Ma il dato politico emergente da queste due iniziative — la proposta di settembre e la lettera di Liao — resta la spinta die ormai gli eredi di Mao Zedong hanno deciso di esercitare sulla piccola appendice nazionalista per chiudere la partita aperta dalla fuga di Chiang KaiShek dopo la sconfitta del Kuomintang. Una intensificazione, questa, che coincide con il raffreddamento, e proprio sulla questione di Taiwan, con Washington, e il continuo -gelo» con Mosca, a dispetto di piccoli e deliberati episodi nuovi, come lo scambio di delegazioni scientifiche o di atleti. E certo fa una straordinaria impressione vedere un compagno di lotte di Mao e Ciu Enlai scrivere al figlio dell'odiato -generalissimo», leader dell'ancora più odiato partito nazionalista cinese, salutandolo con queste parole: «Al mio carissimo fratello». Una sola, grande famiglia, tra i nemici di ieri. Nel segno della - Grande Cina» futura. Vittorio Zucconi

Persone citate: Chiang Ching-kuo, Fechino, Mao, Mao Zedong, Sun Yan-suan, Sun Yun-suan