«Uragani bancari» in tutto il mondo di Renato Cantoni

«Uragani bancari» in tutto il mondo «Uragani bancari» in tutto il mondo La diminuzione dei tassi di interesse verificatasi negli ultimi giorni negli Stati Uniti, che ha provocato un precipitoso ribasso (circa due punti percentuali) del rendimento dei Buoni del Tesoro è stata certamente accolta con un sospiro di sollievo negli ambienti finanziari di tutto il mondo. Il prolungarsi della stretta creditizia e l'elevatissimo costo del denaro che ne è stata la logica conseguenza avevano infatti messo in crisi numerose banche e causato una serie di dissesii che avevano coinvolto alcuni fra I maggiori istituti di credito americani come la Chase Manhattan Bank e la Continental Illinois Bank. La prima aveva dovuto addirittura chiudere in perdita i conti del secondo trimestre, il che costituisce un poco invidiabile primato: era la prima volta nella sua storia che ciò accadeva. La ragione? Un grosso danno derivante dal fallimento di una società finanziaria la «Drysdale Government Securities» nata all'inizio dell'anno, che si era messa disinvoltamente a fare colossali intermediazioni di titoli pubblici a breve termine, puntando su di un sollecito ribasso dei tassi Usa. La leggerezza con cui erano stati conclusi affari per milioni di dollari è poi costata il posto a due altisimi personaggi della Chase. Altro grosso buco è derivato dal dissesto di una media banca di Oklahoma City, la «Penn Square», anch'essa vittima di una serie di prestiti facili su titoli; in questo caso però chi ne ha fatto le spese maggiori è stata la holding della «Continental Illinois Bank» di Chicago. Se si aggiunge a ciò lo stato di semi-insolvenza di quasi tutte le Casse di risparmio americane, si comprende la grande tensione che opprime gli ambienti bancari e finanziari di Wall Street che temono addirittura il fallimento di qualche grande istituto di credito, elemento detonante che potrebbe coinvolgere l'intero sistema. Effettivamente la situazione non è rosea se si tien conto che l'indebitamento estero di parecchie decine di Paesi supera i 700 miliardi di dollari e che molti di questi Paesi sono praticamente nel più completo dissesto. Basti citare la Polonia che non riesce nemmeno a pagare le rate di interesse, la Romania che la segue sulla stessa strada e numerosi Stati africani, sudamericani e asiatici che vivono ormai della carità altrui. Negli ultimi giorni si sono poi aggiunti due clamorosi episodi che hanno messo in allarme la lobby finanziaria internazionale. La «Bank fiir Gemeinwirtschaft», la potente banca dei sindacati tedeschi, ha subito il contraccolpo delle difficoltà in cui si trova uno dei maggiori gruppi di costruzioni edilizie, la «Nene Hcimat» e della propria esposizione nei confronti della Polonia. In Italia e nel resto del mondo si stanno valutando gli effetti perversi del «caso» Banco Ambrosiano che, attraverso le sue controllate estere, era fortemente impegnato sul mercato intemazionale dei capitali. Se — come sembra certo — la casa madre risponderà solo dei suoi impegni diretti, centinaia di banche in tutto il mondo si troveranno creditrici di società finanziarie che non hanno altra via d'uscita che il fallimento. Un simile evento potrebbe provocare «code» spiacevoli perché non vi è dubbio che tutti i rischi di questo tipo saranno accuratamente rivisti dalle istituzioni finanziarie mettendo in difficoltà contraenti già pesantemente indebitati. Come si vede sul piano bancario l'orizzonte è scuro con minacce di altri uragani. Ormai sui mercati finanziari si vive alla giornata con una buona dose di fatalismo. La situazione politica ed economica internazionale infatti non permette di vedere una promettente via d'uscita. Sono sotto gli occhi di tutti i devastanti risultati di un sistema di cambi fluttuanti che solo pochi anni or sono erano magnificati da alcuni reputati monetaristi come la soluzione migliore per uscire dalle strettoie strutturali e congiunturali provocate a lungo andare dagli accordi di Bretton Woods del 1944: questi avevano funzionato egregiamente finché gli Stati Uniti e l'alleata Gran Bretagna fornivano a tutto il mondo la liquidità necessaria a un ordinato sviluppo degli scambi internazionali; quando, alla fine del 1967, la sterlina è «saluta», il meccanismo aveva subito un primo grosso inceppamento ma la rottura completa avvenne in quel fatale Ferragosto 1971 quando Nixon annunciò il distacco della parità del dollaro dall'oro. Da allora la degradazione è stata continua fino alla odierna totale confusione. Per impedire ulteriori guai di portata incalcolabile una crescente corrente di economisti e monetaristi suggerisce il ritorno a un sistema di cambi fissi ma per arrivare a ciò occorrerebbe ristrutturare, nel suo complesso, l'attuale situazione di dare-avere fra creditori e debitori a livello di Stati. Sarebbero necessarie una grande immaginazione e una credibilità politica che oggi mancano completamente. Rimane una sola speranza: che, sotto la spinta delle circostanze, vengano alla ribalta personalità adatte allo scopo. Non vi sono stati cinquantanni fa Schacht e Keynes? Renato Cantoni

Persone citate: Drysdale, Keynes, Nene, Nixon, Penn, Schacht, Woods