Jakobson, il primato della linguistica

Jakobson, il primato della linguistica IL GRANDE STUDIOSO MORTO A QTTANTASEI ANNI NEGLI STATI UNITI Jakobson, il primato della linguistica CAMBRIDGE — // linguista Roman Jakobson, una delle più eminenti figure della cultura del Novecento, è morto domenica all'età di 86 anni nell'Ospedale del Massachusetts, a Boston. Solo ieri ne è stata data notizia. Tra le opere apparse in Italia, soprattutto per iniziativa della Bompiani, va ricordata la raccolta Saggi di linguistica generale, die include i suoi contributi più importanti alle attuali teorie del linguaggio. Di Jakobson, la Einaudi prepara Grammatica della poesia e poesia della grammatica, che uscirà in autunno. La morte di Roman Jakobson segna la scomparsa dell'ultima fra le grandi figure della linguistica di questo secolo. Nei suoi 86 anni di vita egli ha vissuto non da spettatore o da comprimario ma da vero protagonista tutte le esperienze dell'era postsaussuriana dalla fondazione dei circoli di Mosca e di Praga fino allo' studio dei nessi interdisciplinari fra linguistica e filologia, linguistica e letteratura, linguistica e scienze sociali, linguistica e psicologia, linguistica e scienze della natura. Variando il motto di un antico poeta diceva di essere linguista e di non considerare alieno da sé tutto ciò che fosse linguistico. Jakobson o il primato della linguistica potrebbe essere un titolo adatto alla sua opera poderosa, comprendente più di cinquecento lavori raccolti in una mezza dozzina di grandi volumi. Nel 1920, lasciando la Russia della Rivoluzione, non immaginava di dover essere costretto, per l'invasione nazista, ad abbandonare Praga dove si era rifugiato. Fu poi a Copenaghen, Oslo. Uppsala, a New York per approdare infine ad Harvard, sua sede definitiva, pur sentendosi cittadino del mondo. Anche quel suo peregrinare è simbolico dell'inquietudine alla quale questo nostro secolo, che si crede tanto progredito, ha condannato figure di intellettuali di altissimo livello. Il segreto — se cosi si può chiamare — di Jakobson è stato quello di sapersi collocare sempre nei punti più avanzati della ricerca sviluppando ciò che altri avevano soltanto accennato o trattando problemi fondamentali che nessuno si era posto. Uno dei suoi meriti maggiori è di aver messo in rilievo che, inerente alla fonologia, saldamente posta come disciplina nuova da un altro grande esule russo. Nicola Trubeckoj. è pur sempre presente un fermento di evoluzione riscontrabile nel momento stesso in cui si studiano le costanti dello stato di quiete. I mutamenti linguistici avvengono nel momento' stesso in cui fissiamo dei pumi (ermi nel sistema che appare, ma non è. assolutamente immobile. Gli studi sul linguaggio infantile e sulla afasia raccolti in traduzione italiana col brillante titolo «Il farsi e il disfarsi del linguaggio» basterebbero da soli a darci la misura dell'ingegno di Jakobson. Nell'afasia si riproduce a rovescio l'acquisizione dei suoni avvenuta nella prima infanzia per cui le consonanti imparate per prime sono le ultime a scomparire: su questo tema Jakobson ha raccolto una tale quantità di preziose osservazioni — e si dice che negli ultimi anni abbia stoicamente riscontrato su se stesso alcune formulazioni della dottrina — ' da rendere fondamentali le sue pagine. Recentissime sono le sue considerazioni sulla struttura del cervello in relazione al linguaggio, a complemento di quanto era venuto studiando in anni passati. Era proprio di Jakobson sostenere principi di interdlsciplinarità ma egli aveva la singolare capacità di Impadronirsi dei dati forniti dalle altre scienze per ricavare osservazioni sue, originali. Un.altro aspetto della sua personalità di studioso è quella dell'Indagatore dei fatti letterari. Padrone dei metodi del formalismo russo, egli si dedicò alle letterature slave e in particolare a quella russa. Questioni di fonti, di metrica, di generi letterari, furono da lui trattate in scritti magistrali. Ma, come si è detto, è la linguistica in un senso molto moderno e con un amplissimo spettro di interessi ad essere stata al centro delle sue indagini. Considerando la scienza come una rappresentazione linguistica dell'esperienza, egli poneva come base e fondamento di ogni ricerca il linguaggio. Anche a figure come Jakobson si deve se le altre discipline che fanno parte delle scienze umane hanno cercato un modello nella linguistica e nelle analisi che la linguistica sa sapientemente condurre. E', tuttavia, da notare che le condizioni della linguistica, che si trova fra le scienze umane e le scienze naturali in una posizione di assoluto privilegio, non sono facili da raggiungere. E Jakobson, che cercò in tutti i modi di propiziare tale mediazione, ne era perfettamente consapevole. Nell'orgia di astrattismo che ha invaso negli ultimi cinquantanni la linguistica, egli rappresentava un punto di riferimento sicuro. Linguista di molte e varie esperienze e non. come é purtroppo spesso il caso, di una sola lingua, dopo la morte di Emile Benveniste. Jakobson è rimasto a segnare la strada. Ed è significativo che quando, circa un anno fa. venne in Italia per ricevere il premio Feltrinelli, conferitogli dall'Accademia dei Lincei per la Filologia e la Linguistica e fu accolto con manifestazioni di vivissima simpatia, per la sua scienza e per il suo calore umano, nel discorso di ringraziamento, disse di auspicare una ripresa di studi di linguistica storica. Egli ricordava cosi che, soprattutto nel nostro Paese, carico di storia anche linguistica, avevano durato fatica ad introdursi teorie astratte, prive di connessioni con la realtà e che molte di queste teorie erano in breve tempo tramontate. Il panorama degli studi e non solo di quelli linguistici, con la perdita di Jakobson, è diventato più povero; né si vede ormai chi possa prendere il suo posto in una disciplina tanto affascinante quanto singolarmente complessa. Tristano Boielli