Togliatti tra operai e satrapi di Mario Pirani

Togliatti tra operai e satrapi L'ORGANIZZAZIONE DEL PCI DAL 1921 AL '79: STORIA E RETROSCENA Togliatti tra operai e satrapi L'ultimo volume degli Annali Feltrinelli esamina la vita interna del partito comunista italiano e le sue strategie lungo un arco di quasi sessant'anni - La concezione leninista del «centralismo democratico» e le sue conseguenze Lo scontro Secchia-Amendola - La crisi dopo il '68 - Il rapporto con l'Urss prima dello «strappo» di Berlinguer La parola organizzazione contiene implìcita l'idea di lavoro. La parola greca Organon (di cui la parola italiana organo è una derivazione) appartiene alla stessa famiglia di lessemi nominali quali érgon (opera, lavoro) e lessemi verbali quali ergàzomai (io lavoro). Da questa ascendenza semantica Massimo Ilardi, curatore assieme ad Aris Acconterò del volume degli Annali Feltrinelli II partito comunista italiano, storia e struttura dell'organizzazione 1921/1979 (ed. Feltrinelli), compie, come egli stesso riconosce «un salto un po' acrobatico » per dare un contenuto agli stessi principi statutari del pei. «Nomina sunt consequentia rerum» sembra voglia suggerirci il politòlogo quando afferma che anche per il pei lavoro e organizzatine sono inscindibili e cita in proposito l'art. 2 dello Statuto laddove tra l'altro è scritto: «Ogni membro del partito è tenuto ad accettare il programma politico e lo Statuto del partito, a lavorare in una delle sue organizzazioni e a pagare regolarmente la tessera e le quote stabilite». L'assioma secondo cui «per 11 pei lavoro e organizzazione sono Inscindibili» non è sottolineato per pura civetteria filologica: in alcune sue parti, soprattutto quelle di carattere più generale e sistematico, la chiave di lettura risente della visione operaistica propria di alcuni del compilatori. Dietro Ilardi si sente l'influenza di Mario Tronti, di Asor Rosa e delle teorie della cosiddetta scuola di Padova. La critica si accentua via via che scorrono gli anni. Nel decennio Cinquanta «la tendenza ad uscire dalla fabbrica era implicita nelle scelte politiche del partito», l'abbandono del leninismo si spiega col fatto che «11 nemico assoluto è collocato fuori dell'antitesi classe operaiacapitale: non quindi il borghese, il capitalista, l'avversarlo di classe era indicato dal pei come il nemico assoluto, ma 11 fascismo come forma del potere istituzionale». Di qui anche «la perdita della tensione Ideale dopo l'accantonamento e l'imbrigliamento di quei settori del partito e del sociale che ancora conservano l'Idea della rivoluzione». Alla base di questa deviazione dal leninismo vi è la scelta togliattiana del partito nuovo: «Il partito comunista togliattiano nasce come partito di governo del mutamento istituzionale e quindi per agire e realizzare dentro l'arena del potere dello Stato». Questa scelta riprodurrà dentro il partito stesso «un modello di struttura amministrativa e territoriale (a de¬ trlmento di quella più vicina al sistema produttivo) e una forma di legittimazione del potere che sono da sempre operanti nelle istituzioni dello Stato italiano». Di qui, secondo la ricerca, la famosa «doppiezza» del partito comunista, un partito concepito come «punto di riferimento politico per spostare l'egemonia della classe operala dal terreno dei rapporti di produzione — dove la classe operala può vincere e ottenere risultati solo nel breve periodo — al terreno dello Stato, per riproporre all'Interno della macchina statale il dualismo classe operaia-capitale ». Il fallimento diverrà clamoroso — sempre secondo l'interpretazione suddetta — dopo il '68. E torna qui l'equazione lavoro-organizzazione cui accennavamo all'inizio. La nuova classe operaia cori al centro l'operaio-massa s «non è solo priva di un retroterra professionale e politico, è anche lontana da quell'etica del lavoro che fonda l'ideologia comunista. Il rifiuto del lavoro e il salario politico diventano 1 suoi canali privilegiati d'integrazione e spingono ancor di più il distacco tra fabbrica e partito comunista». Le citazioni si susseguono sulla stessa tematica: «La classe operala ha imparato che gli strumenti più efficaci della lotta sono quelli che s'Inventano volta per volta (Asor Rosa)»; «di fronte a questo tipo di azione operaia salta la struttura del pei in fabbrica»; «quello che va in crisi perché non riesce più a unificare è 11 mito del lavoro materiale produttivo della grande industria, la sua gerarchia di comando che si riproduceva nel partito comunista». La conclusione? «L'obbiettivo perseguito dal dopoguerra in poi di costruire un partito di massa realizzando e rafforzando la nascita di un apparato stàbile di tipo statuale sembra alla fine essere impotente proprio di fronte a quelle masse che della loro diversità dallo Stato ne fanno un momento centrale di autonomia e di potere». Tutto, secondo gli studiosi degli Annali Feltrinelli, stava, dunque, già iscritto nella filosofia politico-organizzativa togliattiana fin dalle ormai lontane origini del partito nuovo nell'immediato dopoguerra. Lo stesso dualismo, o meglio «doppiezza», che sul piano della contrapposizione di linee, anche organizzative, si incentrò nelle figure di Pietro Secchia, da un lato, e di Giorgio Amendola, dall'altro, perde spessore e sigmfi- canea politica per ridursi a una mediazione «tra elementi insurrezionali (provenienti dal vecchio quadro cominternlsta) e politica riformista». Una contraddizione riconducibile alla creazione di un apparato organizzativo «che si veniva a modellare, da una parte, su una struttura aperta, non rigidamente classista, e, dall'altra, a essere manovrato da un gruppo di uomini la cui fedeltà al partito si sposava con residui di dogmatismo politico e di settarismo». In realtà il contrasto era assai più profondo. Inventando i gruppi dei 10 (un partito ■di quadri all'interno del partito di massa), dando vita a un gruppo dirigente «parallelo» e più potente di quello statutario attraverso la Commissione centrale di organizzazione cui facevano capo i segretari regionali, definiti da Togliatti «satrapi» per l'eccessiva autorità raggiun- j ta. Secchia mirava a far maturare le basi di un partito «alla francese», strumento agguerrito e capace di «tenere» fino al momento ineluttabile dell'aggravarsi della situazione internazionale. Egli si contrapponeva cosi al segretario del partito il quale nel 1955, appena se ne presentò l'occasione con il caso Seniga. lo sostituì con Amendola. Togliatti, dando per scontata lungo tutto un periodo storico limmutabilità del rapporto di forze internazionale, credeva, invece, in un partito di massa più duttile e manovriero, «puer robustus et malitiosus», promotore, pur restando «diverso-, di una rete di alleanze adatta ad aprirgli, alla lunga, la strada della partecipazione al governo. Il limite, come si vide col tempo, era l'incapacità di sciogliere il nodo del rapporto con l'Urss e di trasformare davvero il partito in termini conseguentemente riformistici e democratici. Se la contraddizione sembra insolubile per tanto tempo lalmeno fino allo .strappo» berlingueriano con l'Urss) e se la concezione leninista del centralismo democratico permane al centro della struttura del partito questo non è solo, però, per un ritardo ideologico ma anche perché quella concezione permette al gruppo dirigente di mantenere il potere all'interno del partito, di autogenerarsi attraverso modifiche sempre guidate dall'alto, di incorporare la tesi del «mutamento nella continuità». Un nodo di irrisolte contraddizioni — assai più incidenti di quelle individuate attraverso la lente operaistica degli Annali — che se hanno permesso al pei di restare • diverso» gli hanno anche impedito quella revisione completa e conseguente, capace dì farne il fulcro di una grande alternativa riformista e democratica. Il prezzo pagato è stato il confino di grandi forze popolari all'opposizione e l'indebolimento di tutta la sinistra italiana. Non è un caso, del resto, che il tentativo fallito del compromesso storico implicasse la volontà del pei di arrivare al governo con l'avallo e la legittimazione del movimento cattolico, senza però essere costretto a modificare profondamente la propria natura e a pagare i costi di una vera trasformazione. E' proprio nella sottovalutazione del revisionismo monco, quale tema permanente della irrisolta crisi di identificazione del pei (partito delle riforme nel sistema, con tutte le conseguenze an¬ che organizzative che ne derivano, o pur sempre partito della fuoruscita, come oggi si dice, dal sistema), che risiede la amplificazione delle analisi scaturite dal '68, viste come dato permanente della incapacità comunista di realizzare i propri obbiettivi. In realtà questa ipotesi ha il pregio di cogliere con acutezza un momento, anche importante, del rapporto pciclasse operaia, ma di ignorare quello che la crisi politica e sindacale degli ultimi anni, la sconfitta alla Fiat, le indagini del Cespe e dell'Iseo sulla realtà di una opinione pubblica di fabbrica profondamente diversa da quella raffigurata, le trasformazioni nella composizione di classe apportate dalle innovazioni tecnologiche, ha poi ampiamente rivelato. i E cioè che le ipotesi sull'operaio-massa, le proiezioni '^ideali di tipo egualitario, la predicata e attuata violenza \deUo scontro di classe, la inconciliabilità con una economia dominata dalle leggi del mercato, esprimevano non solo un periodo destinato a concludersi rovinosamente, ma una visione delle cose, dei principi e delle aspirazioni che coinvolgevano solo una minoranza del movimento operaio. Per quel tanto che ha influenzato il pei — soprattutto attraverso il sindacato e in particolar modo la federazione metalmeccanici — essa ha rappresentato un danno grave per il processo di evoluzione del partito. Detto questo, che concerne soprattutto il saggio introduttivo, è doloroso sottolineare come il volume degli Annali, che comprende ben trentanove monografie e testimonianze storiche su tutti gli aspetti della vita interna del partito lungo un arco di quasi sessant'anni. rappresenta un contributo insostituibile per chiunque voglia studiare le caratteristiche del pei, questo straordinario «animale politico» non a caso, paradossalmente, per la sua indefinibile peculiarità, paragonato da Togliatti a una giraffa. . Mario Pirani Pietro Secchia accanto a Palmiro Togliatti, che nel 1955 Io sostituì con Giorgio Amendola | ( Archi\-io «La Stampai

Luoghi citati: Padova, Urss