Quel menù è una ricetta medica

Quel menù è una ricetta medica ANCHE IN ITALIA IL BOOM DELLE ERBE TRASFORMA IL COSTUME Quel menù è una ricetta medica I frequentatori di farmacie tentano sempre più la strada dell'erborista - Inutile affidarsi alla passiflora e alla valeriana se si fa una vita innaturale; assurdo mangiare alghe giapponesi ignorando i benefìci della mela e della cipolla -1 medici fitoterapisti sono ancora troppo rari • Ma le rivendite di prodotti naturali sii fanno centri di informazione - Si moltiplicano le cooperative DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CUNEO — Cerchiamo salute in erbe e piante dimenticando ancora una volta l'invisibile filo che lega l'uomo alla natura e all'ambiente in cui vive ogni giorno, la complessità delle funzioni regolatrici del nostro organismo. Cadiamo in nuove contraddizioni. E' illusorio affidarsi all'acetosella, all'altea, alla passiflora, alla valeriana, se la nostra vita ha ritmi innaturali come è innaturale l'alimentazione: «Ogni menù è una ricetta medica» diceva Jean Rostand. La sentenza vale anche in senso negativo: possiamo intossicarci con l'abitudine a diete sbagliate. Inutile frequentare le erboristerie continuando a mangiare bistecche e grassi, a esagerare con salse e dolciumi: a bere superalcolici, a fumare 20 o 30 sigarette al giorno, a passare il dopocena incollati a un televisore. E' ben vero che le alghe in polvere sono ricche di sali minerali, di cui abbiamo bisogno. Ma appare insensato importarle dal Giappone continuando a usare in cucina e a tavola il sale raffinato, ridotto a una polvere poverissima, quando il sale marino contiene gli stessi minerali delle alghe. Dovremmo innanzitutto imparare a curarci mangiando, considerati i benefici di una mela (abbatte il colesterolo), di una cipolla (combatte l'artrite, è diuretica), di un cavolo e di una lattuga. Insegnanti di elezione sarebbero i medici, alleati ai fitopratlci. Ma anche i medici, nella stragrande maggioranza, hanno perduto i contatti con la natura, essendo divenuti sudditi della tecnica e della chimica farmaceutica che prometteva di rimettere in sesto con pillole e iniezioni l'organismo umano flagellato da additivi, inquinamenti, stress, rumori, ansie. Dove trovare un medico che conosca la medicina naturale e sappia indirizzarci a diete appropriate, equilibrando le conoscenze scientifiche moderne con la saggezza antica? «I medici f ltoterapistl sono rari In Italia, contrariamente a quanto avviene in Francia, In Germania, in Inghilterra», dice Demetrio Benelli, direttore della rivista «Erboristeria domani». Per curarsi efficacemente con le erbe dovremmo anzitutto sapere quali occorrono al nostro organismo, in certe condizioni e in certi momen¬ ti. Soltanto il medico potrebbe farlo, e infatti la lègge gli riserva le prescrizioni, vietate agli erboristi. Dice ancora Benelli: «In pratica 11 sostegno del medico viene a mancare, e il consumatore di erbe si rivolge ai negozi di fiducia. Secondo me può farlo tranquillamente. I rischi sono stati esagerati, e gli erboristi sono generalmente seri». Si diffondono i centri che alla vendita pura e semplice sommano l'opera di informazione, da non confondere con la prescrizione specifica. Ecco a Torino il Centro nazionale di erboristeria e di medicina naturale, le erboristerìe milanesi di Porta Ticinese e i punti di riferimento come «7f girasole» e *Il papavero», i centri di cultura alternativa a Roma, 'Artemisia» a Genova. Solidamente ancorate a tradizioni più che secolari le erboristerie dei frati, ancora oggi fitopratici imbattibili. Manca una' disciplina generalizzata delle produzioni e delle confezioni. L'erborista stesso può ignorare che il pacchetto di timo da lui venduto contiene pochissimo timo, in quanto la pianta è stata coltivata artificialmente, su terreni e in ambienti non idonei. Nella sua relazione al convegno mEuronatura» di Milano, il professor Paolo Rovesti, presidente dell'Istituto di ricerche sui derivati vegetali, ha così delineato la situazione: «Oggi si vendono anche prodotti impuri o di scarsa efficacia. Dalle analisi fatte in laboratorio su più di 100 droghe (droga è la parte della pianta che viene usata, foglia o flore o radice) vendute da 200 erboristerie ho visto che la metà non rispondeva al minimi farmacologici prescritti per un'azione sul malato. Evidentemente le piante contenevano 1 principi attivi In misura inferiore al dovuto, oppure nel prodotto c'era addirittura qualcosa di diverso dalla pianta Indicata». Perché questa risana non mi dà alcun beneficio? E' la domanda dei nuovi delusi, quelli che hanno tentato semplicisticamente la strada dell'erboristeria dopo aver frequentato per anni le farmacie. La risposta potrebbe venire da analisi di laboratorio sulle piante officinali impiegate, ma oggi è difficile ottenerle. SI dovrebbe eliminare il rischio all'origine, con i marchi di garanzia e i certificati di origine controllata, come alcune Regioni fanno per il miele. Sulla qualità delle erbe influiscono diversi fattori: natura del suolo, ambiente, clima locale, metodi di coltivazione e di raccolta, essiccazione. Il genepì coltivato in zòne pedemontane o in pianura non ha le qualità del genepì di montagna. Il raccolto va fatto in determinati periodi, rispettando il cosiddetto « tempo balsamico» di ogni pianta. «Poche aziende sono attrezzate e preparate per compiere correttamente l'intero ciclo dalla coltivazione alla vendita. Si moltiplicano 1 piccoli produttori e le cooperative ma 11 problema di fondo sta nella loro preparazione», dice il direttore di Erboristeria domani. Tale preparazione viene offerta da corsi teorico-pratici, come quelli delle Università dt Perugia e di Camerino. ' «SI potrebbe parlare di arrembaggio al nostri corsi di erboristeria, tale è 11 loro successo», mi dice il professor Franco Pedrotti, dell'Università di Camerino. Si muovono anche le Regioni e altri enti locali, frequentatissimi i corsi organizzati d'estate dalla comunità montana delle colline del Flora, nel Grossetano, Cuneo ha un primato nazionale col centro sperimentale di piante officinali sorto presso l'Istituto agrario di Demonte per iniziativa della Camera di commercio. Me ne parla il dr. Chiri, considerato il padre del centro: «Nel Cuneese andava sparendo l'antica tradizione. Rimaste poche coltivazioni nella fascia pedemontana, abbandonata la montagna, continuava In basso la monocoltura della menta. E' tuttora estesa nella zona di Racco ni gi e Pancalieri, ma ha attraversato momenti duri a causa del rapporto Insoddisfacente tra prezzi di mercato e qualità. Dobbiamo ricordare che la menta piemontese di pianura, Piperita of/icinalis, ha un'ottima resa In olio e una qualità senz'altro superiore a quella Importata. Partendo da queste premesse 11 nostro centro sperimentale proverà nuovi metodi di coltivazione e di raccolta, studlerà Incroci, analizzerà 11 comportamento delle piante alle diverse quote e in diversi ambienti. Fine non ultimo, indirizzare 1 produttori secondo analisi di mercato». TI centro ha tre sezioni staccate: una in pianura, a Moretta, una ai Prati del Vallone, sui 17S0 metri, una nel Comune di Castelmagno, sui 2000 metri. Dall'Assessorato ambiente della Regione Piemonte ho alcuni dati che confermano la caduta e la ripresa delle coltivazioni: 27 aziende elencate nel 1976. 11 nel 1978, quando si toccò il fondo. Poi 16 nel 1980,30 nel 1981, e l'impennata non si arresta. Rivive una tradizione che aveva radici più solide nella cultura delle valli occitanica e valdese come dimostra la distribuzione geografica dei coltivatori-erboristi: Usseaux, Torre Pellice, Mentoulles, Luserna San Giovanni, Elva, la piana di Cuneo più vicina al Po, con qualche sconfinamento verso Alba, come nel caso di Sommariva Perno. A Moretta, nella distesa verde ai piedi del Monviso, parlo con Matteo Calliero, uno dei maggiori produttori piemontesi. «Nella nostra azienda ci limitiamo a una decina di piante: menta, melissa, estragone, assenzio gentile, salvia, issopo, angelica, malva, santoreggia, lavanda. Per estensione prevale la menta, coltivata su 15 ettari*. Matteo Calliero è un appassionato cultore dt botani¬ ca e di ecologia. Ha abbandonato ogni ausilio chimico: •Non usiamo concimi artificiali, né pesticidi, né diserbanti. Da noi si hanno soltanto prodotti biologicamente sicuri». In questi giorni va in Provenza per fare provvista dt talee dt lavanda: «Sto impiantando un nuovo vivalo. I francesi sono molto avanzati tecnicamente, ma per la lavanda abbiamo in Italia enormi possibilità, in tutte le zone collinari». Calliero non si limita a coltivare. Con l'aiuto della famiglia (una nipote e una nuora, diplomate in erboristeria a Perugia, gestiscono il negozio) si occupa anche di essiccazione, come nel caso del fiore della lavanda e dell'estragone. Ha una piccola distilleria, per produrre olio greggio di lavanda (riaffiorano i ricordi dell'infanzia, i montanari che dalle Alpi Marittime scendevano in Riviera col mulo carico di fiaschi di succo di menta e di bottigliette di olio di lavanda). Fitoterapia e coltivazioni si stanno rianimando anche in altre regioni, dalla Valtellina all'Emilia appenninica, alla Toscana, all'Abruzzo, alle Marche. L'antica cultura contadina e montanara non èstata del tutto cancellata dove fino a 30 anni fa si chiamavano il medico e il veterinario soltanto nei casi gravissimi. Rinasce la figura dell'*erbaiolo», però in chiave moderna, nelle aree più favorite dalla natura. La flora spontanea delle Marche conta ben 165 viante officinali, dall'erica al cumino, al nasturzo, all'artemisia. I « semplicisti», raccoglitori dì erbe che per secoli tramandarono a voce una sapienza antichissima, hanno oggi i loro eredi nei diplomati e nei laureati. Le prospettive economiche sono vaste, anche attraverso lln-. dustria farmaceutica che ritorna all'impiego di piante officinali: il 60 per cento dei farmaci oggi in commercio ha origine dàlia terra. Mario Fazio c

Persone citate: Calliero, Chiri, Demetrio Benelli, Franco Pedrotti, Jean Rostand, Mario Fazio, Matteo Calliero, Paolo Rovesti