Embargo all'Urss: Reagan respinge la richiesta di esenzioni di Tokyo di Vittorio Zucconi

Embargo all'Urss: Reagan respinge la richiesta di esenzioni di Tokyo Ma i giapponesi proseguono a lavorare con i russi a un progetto petrolifero Embargo all'Urss: Reagan respinge la richiesta di esenzioni di Tokyo DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO — In difficoltà sul •fronte occidentale», con gli europei, per il loro progressivo* rifiuto delle sanzioni antiUrss. l'America di Reagan tenta di tenere il «fronte orientale» e torna a premere su Tokyo perché almeno i giapponesi sostengano la linea dell'embargo: In un messaggio del Dipartimento di Stato, pervenuto ieri a Tokyo, Washington chiede la «comprensione» e l'«appoggio» del Giappone, ma rifiuta seccamente di prendere in esame la richiesta di «esenzione» presentata dal governo nipponico. Anzi, visto che la scorsa, settimana Mosca e Tokyo hanno deciso in linea di principio di continuare a lavorare insieme al progetto petrolifero dell'isola di Sakhalin, la nota americana assume oggi, agli occhi dei giapponesi, il sapore di una nota di protesta. C'è aria di crisi anche sul «fronte orientale». E' passato quasi un mese, osservano in questa capitale che detiene, quanto e forse più dell'Europa, le chiavi del successo di ogni «embargo» anti-sovietico, da quando il ministro degli Esteri nipponico, Sakurauchi, scrisse il 21 giugno a Washington per domandare a Haig di «rivedere la politica delle sanzioni». Soltanto ora, dopo che i giapponesi spazientiti avevano già di fatto deciso di ignorare l'embargo, il Dipartimento di Stato si ricorda di rispondere, e in modo del tutto inadeguato. Con la firma del sottosegretario Walter Stoessel (in attesa che George Schultz venga formalmente confermato segretario dal Senato) la nota americana comunica che la richiesta di •esenzione» è «stata debitamente trasmessa al presidente Reagan». Tokyo contava proprio sulta mediazione moderatrice dello «State Department» per ammorbidire Reagan e la replica alla Ponzio Pilato di Stoessel equivale, dicono al ministero degli Esteri, a un rifiuto. Il tutto ha comunque il sapore di un balletto diplomatico formale di fronte a una decisione sostanziale già presa da Tokyo, nella difesa esclusiva del proprio tornaconto economico. Non solo i giapponesi andranno avanti coi russi nel progetto gas-petrolio di Sakhalin, l'isola che. divide Urss e Giappone nel Mare di Okhotsk, almeno fin dove lo consentirà la mancanza di tecnologie americane. Ma, in via generale, i giapponesi si sono opposti all'idea delle sanzioni, perché esse «si rivelano In realtà — ha detto il ministro dell'Industria — dirette non contro 1 sovietici ma contro gli Interessi giapponesi». Tokyo si dice sempre contraria, in ogni caso, allo strumento «embargo», e non manca mai di ricordare che proprio un «embargo» sul petrolio deciso da Roosevelt contro il Giappone fu una delle cause scatenanti del conflitto nel Pacifico. Ma ora la sordità americana alle tesi nipponi¬ che ha colpito particolarmente i giapponesi che ritenevano di avere meritato la comprensione di Washington, avendo deciso di procedere, appunto come Washington chiedeva, a un programma accelerato di spese militari, cioè di riarmo. E' un programma che porterà il Paese oltre la soglia dell'I per cento del prodotto nazionale lordo annuale in stanziamenti militari, la fetta più alta, sia in termini relativi sia assoluti, dalla fine della guerra. Infatti ieri, vista l'importanza politica della decisione, il partito di maggioranza assoluta (liberal-democratico) ha dato la propria approva-• eione formale offrendo al primo ministro Suzuki la copertura politica necessaria in vista delle polemiche parlamentari future. Tra spese ordinarie di bilancio e nuovi programmi straordinari d'acquisto d'armi, il conto si avvia a superare i 25 mila miliardi di lire l'anno. Eppure Washington non è ancora soddisfatta. Anche il nuovo segretario di Stato Schultz, ieri davanti alla commissione senatoriale per la conferma del suo incarico, ha detto che «si augura di vedere il Giappone compiere sforzi maggiori per la propria difesa». Tra il rifiuto, quasi sprezzante, di ascoltare i «desiderata» giapponesi sul problema sanzioni e la spinta al riarmo, anche il «fronte orientale» del sistema di alleanze americano è entrato in una fase di tensione e di malumori reciproci che ormai trascendono la sfera delle «frizioni commerciali». E i cui effetti politici a lungo termine sono difficilissimi da calcolare, e non necessariamente fausti per gli interessi strategici americani. Vittorio Zucconi