Brutta guerra, non olocausto di A. Galante Garrone
Brutta guerra, non olocausto ISRAELE, PALESTINESI, EBREI E VERITÀ' DIMENTICATE Brutta guerra, non olocausto In questi giorni la tv ci squaderna sotto gli occhi le impressionanti sequenze della quinta guerra arabo-israeliana: gli esecrandi prodigi degli ultimi, micidiali strumenti bellici, le altissime colonne di fumo degli incendi, il macabro crollare di interi palazzi, quasi fossero castelli di carta. Sono gli aspetti orrendi della guerra, còlti nell'istante stesso del loto prodursi: uno spettacolo che a noi, rintanati nei rifugi delle città martoriate, durante l'ultima guerra, non era dato di percepire nella sua apocalittica e terrificante immensità. Ma il perfezionamento tecnico, che ne ha ingigantito l'orrore, non ha snaturato il fenomeno, antico quanto l'uomo su questa terra. E' sempre la guerra, la brutta guerra, questa maledizione che ci perseguita dai tempi preistorici'. Può sembrare una considerazione ovvia, addirittura banale. Di certo la giudicheranno tale, commiserandola, taluni commentatori politici, oscillanti tra la saputa arroganza e il semplicismo fanatico. Ma a noi questa sprezzante albagia appare. insopportabile. Oltre a tutto, è così facile spacciare condanne perentorie, a chi, seduto a tavolino, non è affatto coinvolto dalla tragedia che in queste ore impegna libanesi, palestinesi, israeliani: tutti sbattuti da una tempesta più grande di loro, alimentata dalle armi e dalle ingordigie delle grandi potenze. Soprattutto, ci urta la fatuità con cui, a proposito (o meglio, a sproposito) di questo conflitto si adoperano senza parsimonia termini come genocidio, olocausto, nuovo nazismo. No, signori; questa è una guerra come le altre, e se mai più brutta per il raffinato perfezionamento degli ordigni di morte. Genocidio, olocausto, nazismo sono un'altra cosa. Diciamo piuttosto: questa e la quinta — e speriamo ultima — fase di una guerra che dura da più di trent'anni; è il culminare di un processo storico estremamente complicato, che ha avuto al suo inizio la deliberata e conclamata volontà di distruzione di Israele. Possiamo deplorare l'azione militare di Begin e Sharon (e a questi critici io mi associo), convinti come siamo che il dissidio pluridecennale non può aver soluzione definitiva che non sia tutta ed esclusivamente politica. E' sempre meno vero il cinico e famoso detto che la guerra non è che la continuazione della politica in altre forme: e, se tale lo è, si riconosca almeno che essa è oggi, per la soluzione del problema palestinese, la peggiore delle politiche possibili. Tutto questo è emerso chiaramente da un dibattito televisivo di questi giorni. 1 meditati, pacati, sofferti interventi della scrittrice Giacoma Limentani e dello storico Paolo Alatri hanno avuto il merito di richiamarsi al dovere di risalire alle origini del conflitto, alle sue cause profonde. Come il terrore della Rivoluzione francese è stato (e lo disse da par suo il grande storico Georges Lcfebvre) una reazione difensiva contro la minaccia di soffocamento della Francia rivolti; zionaria da parte degli aristocratici e delle coalizzate potenze dell'antico re¬ gime, così l'esasperata mossa ultima di Israele non può essere scissa, nel nòstro giudizio, da tutto ciò che la precede. Dal menzionato dibattito scaturiscono due altre considerazioni. Stiamo bene attenti che le nostre diatribe politiche non portino, inavvedutamente, a un risveglio di antisemitismo (una delle supreme vergogne della nostra età). Un detestabile episodio di questo rigurgito lo si è avuto di recente a Roma, quando, in occasione di una oceanica manifestazione di lavoratori, colonne di dimostranti si sono staccate dall'imponente corteo per andare a inveire, e a deporre una ; bara, davanti alla Sinagoga (si noti, . alla Sinagoga, non davanti all'ambasciata d'Israele). E' stato un gesto inesorabile, che disonora chi lo ha promosso o tollerato. La seconda considerazione è che purtroppo si tende a dimenticare che , in Israele (paese più democratico di tanti altri, idoleggiati da certi nostri critici sprovveduti) esistono all'opposizione schieramenti di sinistra tutt'altro che trascurabili. Oggi essi sono i deboli anche perché manca loro la .solidarietà di vasti settori della sinistra, ed estrema sinistra europea, co- ; me osservava di recente Jean Daniel. Q pare che il dovere di tanti uomini ■della sinistra italiana ed europea sarebbe di dare il proprio convinto e risoluto appoggio alle sinistre israeliane affinché sulla sterile e crudele . scommessa delle armi prevalga la forza politica della ragione. A. Galante Garrone
Persone citate: Begin, Georges Lcfebvre, Giacoma Limentani, Jean Daniel, Paolo Alatri
Luoghi citati: Francia, Israele, Palestinesi, Roma
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