Godard : il regista si fa critico di Gianni Rondolino

Godard : il regista si fa critico «VERA STORIA DEL CINEMA» E AUTOANALISI D'UNA CARRIERA Godard : il regista si fa critico E' possibile scrivere una storia del cinema con immagini e non con parole? O, se si vuole, riportando continuamente le parole alle immagini che le suggeriscono, costruire un testo composito in cui i film e i commenti critici, le inquadrature e le loro motivazioni contenutistiche e formali si illuminano a vicenda, consentendo al lettore-spettatore di entrare progressivamente nel linguaggio del cinema e nella sua storia? Ci ha provato Jean-Luc Godard nell'autunno del 1978 quando fu invitato dal direttore del Conservatorio d'arte cinematografica di Montreal a tenere un corso di lezioni di storia del cinema a quegli studenti. Come ricorda lo stesso Oodard: «Piuttosto che tenere dei corsi come oggi si fa in tutte le università del mondo, proposi di prendere in considerazione, come se si trattasse di un affare, la coproduzione di una sceneggiatura di una eventuale serie di film intitolata "Introduzione a una vera storia del cinema e della tele visione", vera perché fatta d'immagini e di suoni e non di testi, per quanto illustrati'. Un'Idea indubbiamente ori ginale e stimolante, come sempre in Oodard, ma che per vari motivi non ebbe Tesi to voluto. E tuttavia un'Idea che, tradotta soltanto in parole, ha dato origine a un libro di grande fascino e suggestione critica che, uscito nel 1980, vede ora la luce in italia¬ no presso gli Editori Riuniti (J.-L. Godard, Introduzione alla vera storia del cinema, p. 275, L. 9800). In realtà si tratta, a ben guardare, di una sorta di autoanalisi, anche perché Godard ripercorre certi momenti della storia del cinema servendosi dei propri film, da Fino all'ultimo respiro a One plus one, cioè dal 1959 al 1968, e commentandoli dall'interno; tappe significative d'una carriera artistica tra le più importanti del cinema contemporaneo. Ma questa autoanalisi, che si basa a volte sul curioso o provocatorio accostamento tra certi suoi film e altri, di diversi autori, molto lontani per forma o contenu ti, è anche, e non può non esserlo, una lente d'ingrandimento su tutta una serie di problemi che concernono direttamente la produzione ci nematografica di ieri e di oggi e la natura stessa del cinema come linguaggio. Certo il parallelo che Godard stabilisce tra Le petit soldat e M. di Fritz Lang sul tema del fascismo personale, o tra /{ disprezzo e L'uomo con la macchina da presa di Dziga Vertov a riguardo del cinema e della sua essenza ovvero 1 legami che possono unire Nanuk l'esquimese di Robert Flaherty a Una donna sposata o Germania anno zero di Roberto Rossellini a Weekend, sul temi rispettivamente del documentarlo e del cinema di mostri, sono elementi critici non trascurabili per un'analisi complessiva dell'opera di Godard. E aprono più d'una prospettiva su una poetica e una estetica che ancora di recente ci ha fornito nuovi modelli formali e nuove suggestioni artistiche di rara intensità. Basti pensare a Passion che, nella sua straordinaria modernità e nella continua apertura verso nuovi orizzonti linguistici, pare una proposta di .sintesi di quegli «squarci di immagini e di suoni», di cui parla Godard In queste sue pagine. Ma il discorso godardiano, spezzettato in una molteplicità di idee, intuizioni, accenni, provocazioni, paradossi, va al di là dell'autoanalisi e supera 1 confini d'una rllettura storico-critica della propria opera. E" una specie di inventarlo di motivi che toccano i vari aspetti del cinema nel suo sviluppo storico e nelle sue dimensioni sociali. Ed è anche, almeno in nuce. il tentativo di mostrare «la storta del tipo di vista che il cinema genera, facendo vedere certe cose, e anche la storta del tipo di accecamento che genera nella gente». Perché, come aveva già scritto sessantanni fa Béla Balàzs, il cinema rende «l'uomo visibile» a se stesso e riesce a farci vedere, come sottolineava negli stessi anni Fernand Léger, tutto ciò che noi scorgiamo soltanto. Ma Godard va oltre, coinvolge nella rappresentazione del reale le motivazioni ideologiche; riprende il vecchio discorso di Elsenstein sul montaggio e lo aggiorna sulla base della sua esperienza ventennale. La ricerca godardiana. sfrondata di tutti quei caratteri paradossali e provocatori che possono anche irritare, s'incentra su una generale riflessione sulla natura del cinema come elemento portante del modo d'essere e di pensare dell'uomo contemporaneo. Le mutazioni e i movimenti all'interno del cinema — quali modelli spettacolari e forme linguistiche — riflettono le mutazioni e i movimenti sociali ma al tempo stesso li provocano, in una continua interrelazione di immagini e di suoni. Non soltanto la storia del cinema è anche la storia del nostro secolo, ma ripercorrerla, al di fuori dei vecchi meto di d'analisi basati il più delle volte sulla traduzione lettera ria (impossibile) delle immagini filmiche e dei loro rapporti, significa rintracciare nella dimensione spazio-temporale del film la rappresentazione veritiera dei nostri pensieri e delle nostre azioni. Questo libro è semplice mente la traccia d'un discorso ben altrimenti complesso e problematico che Godard ha sviluppato altrove, nei suoi film e nelle sue trasmissioni televisive. Un discorso che Passion ha in larga misura ri capitolato e approfondito, di mostrando di essere, in quan to film, la concreta realizzazione di quel progetto di «vera storia del clnema> rimasto in compiuto in Canada nel 1978. Gianni Rondolino Isabelle Huppert sul set di «Passion» di Jean-Luc Godard

Luoghi citati: Canada, Germania