La rivoluzione di una massaia

La rivoluzione di una massaia PAOLA MASINO FRA DUE EPOCHE La rivoluzione di una massaia Nascita e morte della massaia. Questo romanzo di Paola Masino, scritto tra il '39 c il '40, presentato dalla Bompiani alla censura di quel tempo, fu giudicato disfattista e cinico. Non se ne proibiva la pubblicazione, ma s'impose che ne fosseto soppressi alcuni episodi, nonché tutte le citazioni dell'Antico Testamento; si dovevano anche bandirne le parole «Maresciallo», «Prefetto», «Patria», «Nazione» c simili, che parevano contaminate dal tono iriispcttoso del racconto. I-e correzioni furono approntate da Paola Masino e una edizione stravolta fu stampata ed era pronta per la diffusione quando un bombardamento distrusse la tipografia e l'intera tiratura del libro. Ripreso dopo sei anni (1945) Paola tentò di riportarlo alla prima lezione: lo ha fatto, ma non del rutto, forse perché nella sua subcoscienza letteraria ha avvertito che qualche assurdo in più s'intonava «saporitamente» con le altre assurdità di questo ritratto di donna «tra il celeste e il demonico», come diceva Bontempclli Chi cerchi letture riposanti può ignorare il libro. Chi è Paola Masino? Se io che la conosco da cinque decenni rispondessi che non lo so, sembrerebbe un gioco di parole. Il gioco invece è quel lo opposto: dopo pochi mi nuti dal primo incontro sembra di conoscerla da sempre, come accade coi bambini, che restano tuttavia sconosciuti. Quando Massimo Bontempel li, con il quale Paola ha vissu to la sua vita, il giorno in cui mi portava il suo romanzo Vi ta e morte di Adria e dei suoi figli, me la presentò, chiara, lucida, precisa nelle parole, co me se le parole fossero un regalo prezioso che ci si scambia tra amici, dopo pochi minuti mi pareva di aver ritrovato un'amica d'infanzia: della sma infanzia, s'intende — diciamo della sua adoloscenza — che aveva del resto sorpassata da poco. Arrivando con Massimo Paola si teneva due passi in dietro per reggergli lo strasci co. Prima di sedersi, ne sistemava le pieghe con mano da massaia. Le immagini cui domani affiderà la sua inquietu dine le stavano intorno al viso bianco come una cornice barocca. Massimo Bontempelli magro, garbato, sorridente matematico, viveva e scriveva in un mondo pitagorico di cri stalli magici come stalattiti frugando la realtà per cercarv dentro, piuttosto che sopra, la magia. Negava a ragione di essere un surrealista. Gli scrittori del movimento letterario del Novecento non volevano evadere dalla realtà, anzi v aderivano fino alla cronaca che trasformavano in mito tutt'al più ne mollavano le vi ti al passaggio. «Questo è puro novecenti smo — scriveva Bontempell — che rifiuta la realtà per la realtà, come la fantasia per la fantasia e vive nel senso magi co scoperto della vita quoti diana, degli uomini, e delle cose». La letteratura italiana in quegli anni si era chiusa nel rifugio della memoria e nega va la realtà, ignorandola. Massimo per parte sua parlava d «una letteratura che non smetteva di afferrare con la re ticella i più lievi sospiri c d ballare in giro continuamente agitando intorno le fosforescenti sciarpe delle impressioni più labili». Ho parlato di Massimo Bontempelli per parlare di Paola Masino. Due vite e due intelligenze come quelle di Massimo e di Paola non si uniscono con tanta aderenza e durata nel tempo, se a tenerle legate non c'è un fondo comune, un viscerale amore condiviso per la parola: che è la vera «parentela». Un linguaggio netto, lucido e colto, di classica misura. Di quel linguaggio Bontempelli è un maestro; Paola vi aggiunge una sua propria follia. Questo suo libro è un grido che strappa dal senso comune tanto comodo e pacificante. Con la sua intelligenza da adolescente, Paola vuole mettere ordine nell'universo, dalla responsabilità degli Dei alle pentole in cucina, puntando sulla elementarità delle cose reali, a cominciare da quelle immaginarie. Paola appartiene alla natura come un ciclone di cui è, a un tempo, vortice e barca. I suoi rapporti letterari con Massimo hanno l'aderenza di un tessuto bagnato contro vento: l'inteligenza è il vento. Trasforma n fantasmi, e forse dovrei dire n ectoplasmi, le cose e subito le aggredisce, trasferendo su di esse il suo solitario sgomento. Si butta sui temi supremi di un mondo caotico e ultralogico: Amore, Vita, Morte, Folia, Destino, Nuvole e Dio... e lo stravolge con occhio dissacrante. Se immagina due cigni, li fa accoppiare su di un altare e benedire da Dio in persona. A parlare dolcemente d'amore, sarà una ragazza chiusa in una bara che sogna di mangiare cetrioli e di essere, come dice, «divinamente bella sul catafalco quando i suoi innamorati verranno a vederla». Per dare un'occhiata all'uomo, lo pensa impiccato: «L'impiccato non è morto, anzi, appunto quando penzola con pieno abbandono dalla forca, comincia a vivere e vede il mondo sotto l'aspetto più logico e più umano». Queste citazioni sono tratte dal primo romanzo di Paola Masino, Montignoso, pubblicato nel 1931; ma che cosa fa la ragazza senza nome, la futura massaia, che vive in un baule polveroso? Leggiamo: «... la bambina non guardava l'aria, guardava a terra le cose che imputridiscono sull'asfalto (...). In ogni lumaca schiacciata, in ogni arancio marcito immaginava fasto e declino di grandi dinastie (...). A poco a poco era venuta in tale stato di asprezza contro l'inutile che n tutto voleva trovare una ra gione...». E' qui che nasce la massaia, la quale non fa differenza tra il destino dell'uomo e quello delle zanzare schiacciate alle pareri. Più che l'aria, i libri di Paola Masino muovono il sangue come un colore. Poche pagine più in là la massaia si apre alla dolcezza, la sua dolcezza: «Andava per la casa da pianta ad arbusto, da fiore in fiore, e se ne vedeva alcuno confratto nello sforzo del germoglio o dello sbocciare, con l'ombra delle mani per non far peso sui petali dolenti, li componeva a corolla. Se altri ne trovava ormai troppo vecchi per chiudersi e difendersi dall'oscurità fino alla prossima alba, lei a quelli sosteneva i pistilli, accostava le foglie, con un capello le legava e così li teneva in vita ancora un giorno. (...). Poteva per fino sospettare che il soffio di Dio sull'uomo fosse stato qualcosa di simile al suo sui bocci...». Diceva Bontempelli: «... una ardita incoscienza ai limiti tra l'esame e l'estrosità». Ma sentiamo cosa dice Paola del suo romanzo: «E' un esempio per far vedere traverso quali inganni dell'intelligenza la donna giunse in breve dalla più disinteresata delle immaginazioni, a vere manie che, per essere camuffate da speculazioni sentimentali, poterono trascinarla più giù di ogni limite concesso al buon senso e allo scrupolo della gente quotidiana (...). A poco a poco non vide intorno a sé che cose da governare...». E ci dà anche le statistiche americane: «Si è calcolato che di media una donna di casa lava in un anno una superficie di un ettaro di vasellame, dodici chilometri di stoffa e pulisce venti chilometri di pavi menti». Questa storia di una ribellione, di un rifiuto alla vita (ristampata ora da La Tartaruga a inizio di una serie dedi cata agli «Scrittori del '900»), scritta con asprezza e ironia, se da un lato attinge alle avan guardie del Novecento, si spinge profeticamente verso territori più scottanti di Be ckett e di Ionesco. Di proposito si sono qui scelte citazioni che richiamano all'orecchio la celebre commedia di Samuel Beckett, Premio Nobel 1969, Aspettando Godot. Quel la commedia fu rappresentata per la prima volta nel 1953: Paola scriveva nel 1930. Acu tamentc Cesare Garboli ha scritto: «Con le sue armi novecentesche Paola Masino pre correva i tempi: (...) ci allun gava una tessera d'ingresso per una rappresentazione di versa. Ci invitava a sederci in una platea metafisica, ad aspettare Godot». Valentino Bompiani

Luoghi citati: Adria, Montignoso