Una corsa distrutta dal troppo entusiasmo
Una corsa distrutta dal troppo entusiasmo Una corsa distrutta dal troppo entusiasmo Nella storia dell'automobilismo sportivo Brescia occupa un posto particolare grazie ad una corsa che è entrata nella leggenda: la Mille Miglia. Una gara unica al mondo, una maratona stradale sema respiro che partiva, appunto, da Brescia e a Brescia tornava dopo aver attraversato mezza Italia. Mille miglia, milleseicento chilometri per strade di cui oggi ignoriamo l'esistenza, per paesi e città di una Italia che si affacciava al mondo dei motori e che nell'automobile intravedeva la possibilità di una vita nuova, perlomeno diversa. Quelle rombanti vetture che si inerpicavano sui passi appenninici, che filavano nella piana emiliana, che volavano dal Nord al Sud erano oggetto di sogni romantici, di passioni roventi, di amore. La televisione allora — ci riferiamo a un periodo che va dagli anni Venti agli anni Cinquanta — non c'era, i Grandi Premi di F. 1 erano un avvenimento riservato a pochi. La Mille Miglia era la corsa regina, l'appuntamento che valeva una stagione, il momento di massimo impegno per una scuderia o per un pilota. E, a differenza di quanto accade oggi, era una gara sostanzialmente libera, nel senso che alla stessa potevano partecipare i «mostri* dalle prestazioni esasperate come modeste vetture di serie. Il tifo, la passione, l'agonismo valevano per tutti, i campionissimi come i piloti privati che nella Mille Miglia vedevano la possibilità di misurarsi con se stessi prima che con gli avversari. La gara era un singolare banco di prova per le macchine e per gli uomini. Dal viale Rebuffone, a Brescia, gli equipaggi si lan¬ ciavano ad uno ad uno per la loro cavalcata. Una serie di controlli di passaggio segnavano le tappe del cammino. A Brescia si facevano i conti, man mano che il telefono portava i dati. E la classifica nasceva di città in città, su foglietti frettolosamente scribacchiati. Altro che computer e video come accade ora in Formula 1. In fondo, la Mille Miglia era una competizione simile ai rally moderni, ma con due notevoli differenze: essa ospitava auto di tipo Sport, valide cioè per scendere in pista negli autodromi, e non contemplava prove speciali. Si trattava, in realtà, di una sola prova speciale di velocità, dall'inizio sino alla fine. Il periodo più. affascinante, forse, fu quello del dopoguerra, gli Anni Cinquanta, con la Ferrari, astro nascente dell'automobilismo sportivo, in primo piano. Ma Alfa Romeo, Fiat, Lancia, Maserati, Osca sono nomi che hanno illuminato egualmente la Mille Miglia. E i piloti? Ascari, Bonetto, Taruffi, Nuvolari, Valenzano, Castellotti, Collins, Musso... L'ultima Mille Miglia si disputò nel 1957. In un terribile incidente morirono un giovane pilota argentino, De Portago, il suo meccanico e un gruppo di spettatori, falciati dalla Ferrari uscita di strada nei pressi di un piccolo paese, Guidlzzolo. La gara venne vinta da Piero Taruffl, con un'altra Ferrari, a 152 di media, ma le polemiche che seguirono alla tragedia decretarono la fine della competizione. Un fatto inevitabile. La Mille Miglia fu distrutta dal troppo amore, dall'entusia¬ smo che la circondava. m. fe.
Persone citate: Ascari, Bonetto, Castellotti, Maserati, Miglia, Nuvolari, Piero Taruffl, Taruffi
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