«A Mastro Bartolomeo Beretta 296 ducati» per fabbricare 185 canne da archibugio

«A Mastro Bartolomeo Beretta 296 ducati» per fabbricare 185 canne da archibugio Un raro documento farà parte del nascente museo delle armi nel Castello «A Mastro Bartolomeo Beretta 296 ducati» per fabbricare 185 canne da archibugio Se nei tempi antichi anche la fionda partecipò della gloria di Davide, cosi come il paganesimo dotò Ercole dell'immancabile clava, è perché da sempre l'umanità ha avuto bisogno di un'arma: per la propria difesa fisica o a tutela d'un proprio diritto in pericolo; sia pure usandone, poi, ed anche abusandone come è scritto in tante pagine di storia. Nessuna meraviglia se, nel costruire questi ordigni di difesa-offesa l'uomo senti talora 11 bisogno di accompagnare alla testimonianza delle alte tecnologie raggiunte e degli approfondimenti delle scienze connesse a questo tipo di produzioni (dalla matematica alla fisica e alla chimica) il segno della sua vocazione artistica. Non può sorprendere, a questo punto, che una citta come Brescia, ospite di una cosi vasta concentrazione di bronzi antichi — quale il ritrovamento della Vittoria alata e degli altri capolavori della scultura romana può far supporre — sia stata sede «di officine di fonditori esperti nella lavorazione del bromo sia come opera plastica sia come decorazione architettonica» e che esse abbiano «mantenuto una loro tradizione non interrotta almeno nei primi tre secoli dell'Impero». Per il «dopo», non a caso Brescia — dove l'acciarino sostituì per la prima volta la ruota, ed è anche questo vanto degli arma ioli locali — con la vicina Val Trompla appare, accanto a Milano, tra i maggiori centri di produzione di armi e armature, contando intere famiglie attraverso le quali l'artigianato si trasformò a volte in industria. Vi si illustravano intanto i nomi dei Cominazzo, capostipite Lazzarino, dei Francino tra i quali emerse Giovan Battista, particolarmente operoso nella seconda meta del Seicento, e cosi quelli dei Bonomino e dei Beretta. Quasi una riconferma di questa posizione di tutto riguardo la città è oggi in possesso di un prestigioso «Museo delle Armi» che, acquisita la collezione Marzoli, si pone, per importanza nazionale, subito dopo l'Armeria Reale di Torino. ' Basterebbe a far la gloria della città, e non soltanto di una famiglia o di una vera e propria dinastia industriale, qual è quella dei Beretta — discendente da un Bartolomeo documentato ancor prima del 1498 e sino al 1565-68 — quel documento contabile custodito nell'Archivio di Stato di' Venezia e considerato l'atto di nascita d'una delle più antiche industrie del mondo, dove si legge: «Adi 3 ottobre 15261 (A) Mastro Bartolomeo Beretta da / Gardon, territorio) bresciano I per 185 canne da archibugio/ per la Casa nostra del(l') Arsenal, ducati 296». Sulla storia della discendenza di quel rinascimentale «maestro di canne» — e son ben dodici generazioni che si contano — ma che coincide peraltro con la storia della plurisecolare evoluzione di un'intera industria ch'era anche un'arte, è uscita due anni fa, autori Marco Morin e Rober Held, una cospicua monografia (Beretta. Acquafresca Editrice, Chiasso, Sv.) che sullo sfondo della più ampia e travagliata vicenda europea offre documenti di prima mano e precise ricostruzioni sulla produzione, il commercio e l'impiego delle armi da fuoco da guerra e venatorie, in uno spaccato che comprende la storia civile ed economica della Val Trompla e di Oardone in particolare; non senza mettere in risalto nel chiaroscuro di tanti episodi il carattere stesso degli uomini e donne che nel lavoro delle armi erano impegnati, carattere fatto di tenacia e di parsimonia, ma soprattutto di geloso attaccamento allo loro arte. Anche le armi — nessuno ne hai mal dubitato — fanno dunque cultura. «Armi e cultura nel bresciano; 1420-1870» è stato anzi il tema di un convegno promosso nell'autunno del 1980 dall'Ateneo e dalla Camera di Commercio di Brescia di cui sono state pubblicate le relazioni (1981) che si leggono con curioso interesse, schiudendo nuovi aspetti d'una storiografia sempre più informata e avvincente. Vi si spazia dalla tipologia dell'armamento dell'esercito veneziano e dal commercio delle armi nell'Europa del Quattrocento, alla giostra tenutasi a Brescia nel 1497 in onore di Caterina Cornaro regina di Cipro e sorella di Giorgio che di Brescia era allora podestà. L'incontro cavalleresco vide tra l'altro la partecipazione di esponenti dell'aristocrazia locale che per anni erano stati capitani al servizio della Serenissima: e fu quando Caterina prese dimora presso Ludovico da Martinengo nello stesso palazzo che- per vent'anni — nel periodo in cui era generale dell'esercito veneziano — era appartenuto a Bartolomeo Colleonl cui l'edifielo dovette tra l'altro 11 suo più splendido addobbo. Non si possono non segnalare a questo punto il documentato intervento di Francesco Rossi, sulle Fucine gardonesi, corredato d'un preciso elenco degli impianti dell'industria armiera desunti dagli estimi ufficiali, le note di Nolf o di Carpegna che da par suo s'intrattiene su interessanti questioni tecnico-attributive connesse a volte con l'espatrio di artefici bresciani e gardonesi, e 11 saggio del Morin sulla produzione che toccò ci¬ fre da far meraviglie quando si viene a sapere che durante la guerra di Cipro (1569-1573) venivano prodotte giornalmente 300 canne per un totale annuo di oltre centomila pezzi: dimostrazione non soltanto di grandi capacità individuali delle maestranze, ma della ^efficienza dell'organizzazione produttiva. Le canne non venivano infatti costruite individualmente dai singoli maestri, ma rappresentavano il prodotto finale di una serie di lavorazioni altamente specializzate». La tradizione che in questo settore assegnava a Brescia e al suo territorio un ruolo di notevole rilievo ha trovato conferma nelle documetazioni archivistiche e non soltanto per le armi da fuoco. Anche le armi difensive, come le armature, offrono un cospicuo materiale alla ricerca tanto è vero che sulla collezione Marzoli si sono impegnati specialisti del «calibro» di B. Thomas e O. Gamber, di Vienna, e di A. Gaibi. Se l'istituzione del «Museo dlle Armi» poteva considerarsi il frutto di un impegno che durava ormai da circa due secoli — del 1781 era il volume di Carlo Maggi dal significativo titolo Del genio armigero del popolo bresciano — ne sarà certo il più degno coronamento il radicale riordino cui si sta alacremente lavorando. Si prevede infatti entro la fine del 1983 l'apertura al pubblico del Museo nello stupendo castello che dall'alto del colle Cldnèo domina la città, e di un itinerario all'interno di quel complesso attraverso il quale — secondo la geniale soluzione ideata da Carlo Scarpa, architetto e designer dalle straordinarie intuizioni e capacità espressive, e sviluppata dagli architetti Francesco Rivetta che l'aveva affiancato e Arrigo Rudi, uscito anch'e- gli dalla sede della sua scuola — il visitatore dovrebbe farsi almeno un'Idea della stratificazione edilizia dell'eccezionale monumento. In un solo luogo, al di qua di più remote preesistenze, questo documenta nel tempo la trasformazione d'un tempio romano in un nucleo fortificato; il suo uso militare in età tardo-antica e l'esistenza di una chiesa cristiana, S. Stefano in arce, databile dell'età longobarda (VI sec. d.C); la costruzione nel sec. XIII, tra i due antichi edifici religiosi — vescovo Berardo Maggi — della Torre Mirabella che i Visconti munirono pei, insieme al Mastio, di poderosi bastioni, finché nel 1425 Brescia passò alla Repubblica Veneta che vi stabili un deposito di polveri e proiettili. Un fulmine abbattutosi sulla torre il 20 luglio 1508 ne provocò l'esplosione con danni ingenti agli edifici che Venezia volle fossero poi riparati, dotando ancora il castello d'una doppia cinta di mura: una esterna alla cittadella, l'altra destinata a saldare 11 Mastio Visconteo e la Torre. Nulla di più adatto di questa roccaforte, dunque, ■ per ospitare il «Museo delle Armi», sicché il minuzioso studio storico-critico condotto sul favoloso materiale delle collezioni s'è accompagnato, dal 1968-67, al lavori di recupero e di valorizzazione ambientale che varranno a restituire a Brescia uno dei suoi monumenti più ricchi di storia e uno dei più singolari musei del quale già si vedono 1 poli di attrazione: nelle armi milanesi del '400 e nelle armature italiane della seconda metà del '500, nelle armature bresciane «da munizione» e nelle armi da fuoco secentesche tra le quali le bresciane saranno in netta prevalenza. '■■ a. dr. : prawvw? Arj»*^^ fi Sfar* **Otf<&*. tHrtyA+p /t/« Of« A.A. ^^fy^jj «Atto di nascita della Beretta1