Affacciata al Duemila ma con la solidità ereditata dai Camuni di Francesco Rosso

Affacciata al Duemila ma con la solidità ereditata dai Camuni Affacciata al Duemila ma con la solidità ereditata dai Camuni Quasi immersa in un'atmosfera di rimpianta, nostalgica 'Mille Miglia», Brescia sembra farneticare su quattro ruote. Credo sia la città a più alta concentrazione automobilistica, oltre che industriale. Nemmeno intravista una bicicletta, tutti e sempre in automobile. Al volante sono numerose le donne; gli uomini sono negli stabilimenti a produrre tondino, macchine utensili, argenteria d'arte (celebre in questo settore la «Petrucci e Branca- che esporta in tutto il mondo i suoi raffinati soprammobili). A gara con le ciminiere dalle quali esalano i vapori che testimoniano il benessere, torri, guglie, cupole, campanili formano l'irto panorama di Brescia, città che incanta a prima vista. Il dott. Giulio Colombi, della «Morcelliana», l'editrice cattolica forse più nota nel mondo, sostiene che il panorama di Brescia esprime il temperamento bresciano, duro, ferroso, rissoso, forse per eredità delle antiche discenderne montanare di cui furono capostipiti quelle stirpi Camuni di cui oggi si parla e scrive molto, rimessi in voga dalla mostra allestita a Milano. I bresciani, mi dicono, sono rocciosi, ferrosi perché da millenni vivono di quelle rocce, su cui i Camuni hanno graffito il più antico alfabeto umano, dalle quali estrassero il materiale di ferro con cui hanno avviato la più incredibile avventura metalmeccanica d'Italia. Ma la Brescia che eccita la fantasia non è quella delle ciminiere, è l'altra, antichissima e nuora, costruita per esisterne che misurano da sempre i loro ritmi su cadérne spirituali. «Nel 1859, dopo Solferino e San Martino, mi racconta Bruno Boni, rimasto sindaco di Brescia per trentanni, il più rieletto sindaco d'Europa, il mio collega di quel tempo dichiarò: "Brescia ha quarantamila abitanti; ci sono quarantamila letti per i feriti nelle due battaglie" ». Ferrigna, con un fondo di riservatezza montanara, ma generosa, e splendida nel suo nucleo antico, Brescia avvince chi si affaccia su Piazza della Loggia, palcoscenico di anti-, che e recenti tragedie. Nell'armonia del palladiano Palazzo della Loggia, nella Torre dell'Orologio coi mori che battono le ore, nell'aerea balconata marmorea sulla quale, senza stupire nessuno, potrebbe comparire un doge avvolto nell'antico robone, c'è Venezia, la sua secolare presenza a Brescia, dove ha lasciato, nel lombardo un po' aspro dei bresciani, liquide cadenze venete. Passeggiare lungo le vie contorte e strettissime, col rischio di essere arrotati da rombanti automobili con le quali i bresciani sfogano il loro amore-passione per i motori e il non sopito rimpianto per la «Mille Miglia», la più celebre corsa del mondo su strade aperte, provoca emozioni inconsuete; medioevo assopito e motorismo a tutto gas. Consolano le altane, gli attici che creano cascate policrome di gerani e petunie su Piazza del Duomo e, al fondo di via dei Musei, la folgorante apparizione del Campidoglio, ruderi di un antico tempio romano di sontuosa, solenne monumentalità. ornato di colonne vertiginosamente alte e da una scalea imponente. Si entra fra le sublimi rovine, si affrontano cinque rampe di scale mozzafiato e, infine, appare il capolavoro, campito nella prospettiva di tre porte che danno rilievo alla Dea Alata, comunemente chiamata «Vittoria», recuperata con gli scavi del 1826. E' la statua più affascinante tramandataci dall'antichità, e tuttavia non celebre come meriterebbe. I bronzi di Riace hanno scatenato un raptus sessual-artistico; della «Vittoria» di Brescia si continua a parlare poco. Eppure, da sola, ripagherebbe per un viaggio a Brescia. Della statua mirabile, inoltre, si sa poco; è davvero la Nike, la dea alata della Vittoria, o non piuttosto, come pensano molti, l'effige di Afrodite, dea dell'amore, di cui c'è un duplicato sulla Colonna Traiano a Roma? Meglio propendere per Afrodite, Brescia ha tante glorie e vittorie sui suoi stendardi, a incominciare da Tito Speri e le Dieci Giornate, che può collocare senza fatica nell'olimpo ciprigno la favolosa divinità oggi mirabilmente collocata in un vuoto rarefatto nel Museo Romano. Fuori dal tempio si ritrovano le antiche strade dominate da palazzi che racchiudono segreti giardini folti di alberi ed aiuole fiorite. Sullo sfondo, ì colli cingono la città con la dolcezza di un abbraccio verde. Fra lo smalto dei boschi spiccano case, villette e la strana «Tomba del can». un'edicola marmorea ricopiata dalle arche scaligere di Verona, entro la quale, sembra, un ricco proprietario del secolo scorso fece seppellire il suo cane. Sulla cima di un colle, la turrita mole del Castello Medioevale non minaccia più; quasi affonda nella barriera verde di acacie e tigli. Il Broletto, il Duomo Antico, persino Piazza Vittoria, surreale nella marmorea concezione piaceniiniana (perché l'hanno ignorata nella mostra milanese degli Anni Trenta?), sono a volta a volta attrazione irresistibile, e guidano alla Brescia di oggi lungo Via Dieci Giornate (tutto Piacentini da un lato, portici medievali dall'altro) e corso Zanardelli. Qui si constata che il tondino, la metalmeccanica, l'argenteria fanno affluire nelle vetrine il meglio della moda, e pare di percorrere la milanese Montenapoleone, e la romana via Condotti protetta da portici, e la torinese via Roma. Boutiques femminili e maschili, pelliccerie, profumerie, gioiellerie formano un defilé ininterrotto per quasi un chilometro, ostentando le più raffinate creazioni della moda, coi prezzi in proporzione. Montanari di origine, attenti amministratori, cauti nell'impegnarsi, i bresciani hanno costruito una città a loro misura, con un gusto del vivere bene senza ostentazione, tra segrete raffinatezze. In proporzione, Brescia ha il più alto numero di gallerie d'arte e negozi di antiquari. Quadri d'autore, gioielli, soprammobili e mobili antichi, ornano le case dei bresciani di antica origine e della borghesiaemergente. Sullo sfondo, la maggioranza della popolazione, che però non conosce le tristezze di altre città. «I duecentomila bresciani, mi dice il sindaco avv. Cesare Trebeschi, in carica da sette anni, dispongono di uno vir-. gola dieci vani a persona, un primato nazionale. E questo nonostante il quasi raddoppio della popolazione nel dopoguerra ed i duri bombardamenti alleati». Francesco Rosso

Persone citate: Bruno Boni, Cesare Trebeschi, Giulio Colombi, Petrucci, Solferino, Tito Speri, Traiano