Statistica e tenore di vita di Mario Salvatorelli

Statistica e tenore di vita I nostri soldi di Mario Salvatorelli Statistica e tenore di vita «Ho avuto occasione di leggere la risposta che il signor Thorn, a nome della Commissione delle Comunità europee, ha dato a un deputato, l'onorevole Seligman, che chiedeva informazioni sul cambiamento del tenore di vita" verificatosi negli Stati membri della Comunità, nel periodo I' gennaio 1973-1° gennaio 1982», mi scrive da Bruxelles il signor Arturo Savaro. Continua: «Le informazioni sono state fornite, in base a un calcolo, definitivo fino a lutto il 1980, provvisorio per il 1981, del volume di beni e servizi consumati dalle famiglie in tale periodo, quale risulla dalle rispettive contabilità nazionali annuali». Prima di completare la lettera da Bruxelles, mi permetto di osservare che, già in partenza, il «calcolo» si annuncia approssimativo, perché, salvo errore (che sarebbe giustificato, peraltro, perché la risposta della Commissione europea tace, in proposito), non si tiene conto dell'andamento demografico, cioè dell'aumento della popolazione che, in nove anni, non e stato indifferente: da 265 milioni c mezzo ad oltre 271 milioni di abitanti, Grecia compresa. Quindi, ogni aumento del «volume di beni e servizi consumati dalle famiglie), fino all'I,5-2 per cento, non costituisce miglioramento del tenore di vita, perche provocato dall'incremento dei «consumatori». Vorrei, a questo punto, aprire una breve parentesi per sottolineare come unche i più qualificati uffici studi e istituti statistici, da qualche tempo a questa parte, siano destinati a fornirci «previsioni» errate. Infatti, nel 1972 la popoliizione della Comunità europea di nove Paesi veniva stimata, per il 1980, in oltre 265 milioni di abitanti, e in 274 milioni e mezzo, comprendendovi anche la Grecia. Invece, le cose, cioè le nascite, sono andate diversamente e la previsione si è rivelata errata, per eccesso, di tre milioni abbondanti. Può apparire, questa osservazione, una pignoleria, ma provatevi a tradurla in banchi di scuola, in letti di ospedale, eccetera, e poi vi accorgerete che ha il suo peso, tenuto conto degli annessi e connessi (spesa pubblica, numero d'insegnanti e di medici necessari, entrate tributarie e sociali, eccetera). Ed ecco, finalmente, la continuazione della lettera del signor Savaro: «Dalla risposta del signor Thorn si ricava che. fallo eguale a 100 il tenore di vita nel 191}, nella media della Comunità esso e salito a 117, cioè del 17 per cento, con minimi del ì per cento in Irlanda, del 4 per cento in Danimarca, del (> per cento in Gran Bretagna, e massimi del 20 in Olanda, del 21 nella Repubblica Federale di Germania, del 22 in Francia e in Lussemburgo. L'Italia si pone in una via di mezzo, benché nettamente al di sotto della media, con un miglioramento del tenore di vita del 12 per cento». Domanda del lettore: «Che cosa devo pensare: che abbiamo superato, in tenore di vita, i l'itesi il cui aumento percentuale è stato minore'.' E che il nostro distacco è aumentato, rispetto a quelli dove l'aumento è stato maggiore'/». La domanda è perfettamente lecita, ma lu risposta non è altrettanto semplice. Vorrei spiegarmi con un esempio, molto rozzo ma, almeno a mio giudizio, chiaro. Se io possiedo due vestiti e, nove anni dopo, ne possiedo quattro, ho accresciuto del 100 per cento, cioè raddoppiato, il mio guardaroba. Ma se tu ne possiedi dieci, e dopo nove anni ne hai quindici, il tuo aumento è stalo solo del 50 per cento, e tuttavia continui ad averne più di me: anzi, prima ne avevi otto, e adesso ne hai undici più di me. Tanto più, forse è il caso di precisarlo, se si tratta di vestiti in buone condizioni, da indossare, e non di abiti conservati per le tarme. Spero • che, da questo esempio, il lettore di Bruxel¬ les possa ricavare la risposta che lo interessa. Se non è cosi, gli fornirò alcuni dati sul «tenore di vita», tratti proprio dai preziosi volumetti di «Lùirostat», l'Istituto statistico delle Comunità europee (nella terminologia ufficiale, la Comunità europea è al plurale, perché si riferisce a quella del carbone e acciaio, a quella dell'energia atomica e al Mercato comune europeo. Mi sembra giusto, perché, purtroppo, nella realtà politica, una Comunità europea è ancora in gestazione). Più o meno all'inizio del periodo consideralo, cioè intorno al 1973, l'Italia aveva 191 apparecchi televisivi ogni mille abitanti, contro una media europea di di 247, e putite di 270 in Germania e di 298 nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda. All'inizio, circa, del 1981, siamo arrivali a 231 apparecchi, contro il 337 della Germania Occidentale c i 394 della Gran Bretagna. I nostri telefoni, dieci anni fa, o giù di 11, erano 188 ogni mille abitanti, contro una media europea di 234, e punte di 280 in Olanda, di 356 in Danimarca. Oggi siamo salili a 340 telefoni ogni mille abitanti, ma l'Olanda sfiora i 490, la Danimarca i 650. sempre tigni mille abitanti, lì potrei continuare, con le automobili, con il consumo dei generi alimentari più pregiali, con le abitazioni, e via dicendo. Lascio il giudizio al signor Savaro, ma ritengo che sarà simile al mio. Non è agli italiani, cioè, che si deve predicare l'austerità, quanto meno non alla maggioranza degl'italiani c, soprattutto, non per quanto riguarda i «consumi». L'austerità si deve predicare, nel senso di serietà e di onestà, a livello della pubblica amministrazione e, più in generale, a «monte» vale a dire dalla parie della produzione, del lavoro quotidiano, dove si formano le risorse che saranno, poi, consumale a valle. In poche parole, continuiamo a consumare poco, ancora troppo poco. Il male è che continuiamo, in inedia per occupato, a produrre poco, e quel che produciamo viene, in buona parte, mal distribuito o, addirittura, sprecalo. Forse, se si predicasse la «serietà», che è cosa ben diversa dalla cosiddetta «uu .iterila», si potrebbero ottenere risultati migliori. Anche per il tenore di vita.

Persone citate: Arturo Savaro, Seligman, Thorn