All'asta la signora delle camelie

All'asta la signora delle camelie La saga dei Dumas rivive in una serata 4i Sotheby's a Montecarlo All'asta la signora delle camelie VERSO la metà di marzo del 1847 un grande manifesto giallo al numero 11 del boulevard de la Madelelne annunciava la vendita all'incanto .après décès. dei beni di Marie Duplessis. Nel lussuoso mezzanino i visitatori potevano vedere impietosamente esposti al' loro esame i neri mobili d'ebano incrostato di metallo e di tartaruga, nello stile di Boulle, i grandi vasi di Cina, i bibelots di Sassonia, gli argenti di Odiot, i merletti, i velluti d'arredamento, gli abiti di seta, le stole di ermellino, i preziosi scialli di chachemire, i libri: Hugo, Lamartine, Musset, Dumas, ma anche Rabelais, Cervantes, Molière e un libro di preghiere che sarà acquistato da Eugène Sue. Nella folla die si accalcò in quelle stanze a guardare, frugare, soppesare, e poi, durante la vendita, a gridare le offerte, non c'era solo avidità ma anche, nota Dickens presente all'asta, emozione, curiosità, intenerimento: la commozione festosa di chi partecipa a un rito, a una versione borghese del rogo funebre con spartizione delle spoglie degli eroi. Marie Duplessis non era ancora un'eroina, ma solo una cortigiana morta di tisi a 23 anni. Si chiamava in realtà Alphonsine Plesstse veniva dalla campagna: il padre, si diceva, l'aveva venduta sette o otto anni prima a degli zingari coi quali era arrivata a Parigi. Le sue fattezze incarnavano l'idea romantica della beltà femminile e al pari di un romantico animale, il cigno, parevano obbedire a un innaturale principio di stilizzazione. Alta, slanciata, la piccola testa su un lungo collo, l'ovale dolcissimo, i grandi occhi neri sotto l'arco perfetto delle sopracciglia, il naso fine, diritto, la bocca piccola, graziosa, un incarnato di pesca, i capelli di giaietto. Aveva imparato a vestir- si con eleganza, a leggere i poeti, a suonare il piano, a' giostrare con amanti e corteggiatori (i più bei nomi della società parigina del Jockey Club, giovani e vecchi aristocratici, artisti di successo) scambiando battute di spirito e biglietti vergati su carta rosa o celeste pallido. .Aveva un gran cuore, scrisse Lìszt al quale Marie propose di fare insieme un viaggio in Oriente. E anche Alexandre Dumas figlio insiste su questo punto: «Era una delle ultime e rare cortigiane, che avesse un cuore». Alexandre Dumas figlio la conobbe nel 1844; avevano entrambi vent'anni e, entrambi sinnamorarono. Non fu amore sereno: nel giovane dandy cominciavano ad affiorare preoccupanti velleità di redentore, lei doveva conciliare sentimentalismo e professione. Marie gli dava ordini (scritti) e gli mentiva (le bugie sbianchiscono i denti, si giustificava): lui s'intristiva al sospetto di far la parte di des Grieux nelle mani di Manon. Dopo undici mesi Dumas le scrisse: «Mia cara Marie, non sono abbastanza ricco per amarvi come vorrei io, né abbastanza povero per essere amato come vorreste voi». Eppure Marie divenne un'eroina, col nome di Marguerite Gautier, proprio grazie a Dumas che, lei morta, fu spinto dalla pietà e dal rimorso, non disgiunti dal necessario cinismo, a scrivere una romanzesca versione della loro storia d'amore. La. signora delle camelie ebbe un grande successo e ha funzionato» ancora ai nostri tempi come paradigma di strazi; fortuna ancor maggiore eb¬ be il dramma die lo stesso Dumas ne cavò. Alla storia di Marguerite Gautier e di Armand Duval mancava àncora una cosa, lo stile, e, come scrive Proust, ci pensò Verdi, sei anni dopo la morte di Marie che ancora una volta cambiò nome per diventare Violetta, la traviata. Nella Signora delle camelie Dumas ci descrive l'asta dei beni della povera cortigiana (anzi quella vendita fornisce l'espediente narrativo su cui si regge il romanzo) e — sema dire se andò disperso in quell'occasione, ma è probabile che così fosse — ci parla d'un ritratto di Marie Marguerite attribuendolo a un pittore Vidal e affermando d'averlo avuto «a disposizione, per qualche tempo. Un'altra asta, bandita la settimana scorsa dalla Sotheby's allo Sporting d'Hlver di Montecarlo, ci riporta ora un ritratto della Duplessis, forse lo stesso di cui parla Dumas, certo l'unico noto. E' un ovale firmato da Edouard Vienot; non un grande pittore, non un grande ritratto, ma il fascino straordinario della creatura effigiata ha fatto sì che contro una stima di 15 mila - 30 mila franchi francesi venisse aggiudicato per 99.900 (circa venti milioni di lire). Col ritratto di Marie Duplessis sono andati in vendita altri 49 lotti, manoscritti, souvenirs, sculture, quadri, disegni appartenuti, dice il catalogo, senza meglio specificare la provenienza, ad Alexandre Dumas padre e figlio. Di Alexandre Dumas tutti conoscono questi due, ma ce n'è andte un terzo che fu anzi il primo risultato di un bel- l'assortimento genetico e liniziatore della schiatta. Alexandre Dumas nonno era nato nel 1762 a San Domingo da un piantatore francese, Il rnarchese Davy de la Pailletterie e da una schiava negra, Cessetie Dumas, che morì quando lui aveva 10 anni. Verso il 1780 tornò in Francia col padre e quando questi, che doveva avere pronunciato il gusto per gli amori anelilari, si risposò a 78 anni con la sua (emme de charge (c'era all'asta anche un suo presunto ritratto), egli s'arruolò da semplice soldato nei dragoni della regina. La rivoluzione fece fare rapida carriera ai gentiluomo di colore: brigadiere, capitano, colonnello e, a trentanni, generale di divisione nell'Armée du Nord. Combatté valorosamente in Italia agli ordini di Napoleone che lo nominò governatore della provincia trevigiana ed è probabile che il suo bel ritratto venduto all'asta Sotheby's sia stato dipinto, proprio al ritorno dall'Italia, dopo Campoformio, durante un breve congedo passato dal generale Dumas a Villers— Cotterets, un villaggio a nord di Parigi, dove s'era formato una famiglia. Il pittore Carle Vernet, non dimentico degli aulici portraits de chasse alla Desportes, ci mostra sullo sfondo d'un dolce e vasto paesaggio l'atletico mulat- . to In piedi sotto una quercia maestósamente appoggiato al fucile e festeggiato dai bracchi annusanti. Il generale Dumas seguì Napoleone anche in Egitto' dove ebbe il torto di lasciarsi coinvolgere in una storia più di mugugni che di propositi sediziosi. Napoleone lo mandò a chiamare e, come raccontò più tardi, lo minacciò di fucilazione: «Si mise a piangere e lo mi accorsi che era un brav'uomo. E del resto è poco intelligente». L'intelligenza o l'abilità strategica non sono eerto le qualità cui si affida il ricordo del generale Dumas. Memorabili Invece la forza e il coraggio manifestati in imprese che sembrano di Mùnchhausen e di Superman. A Bressanone, In capo a un ponte, arrestò da solola carica di uno squadrone nemico guadagnandosi l'appellativo di Orazio Coclite del Ttrolo. ** ■ E'fin troppo facile stabilire un nesso ereditario fra gli exploits muscolari del generale e quelli letterari di suo figlio, che è poi Alexandre Dumas padre. Della sua sterminata produzione, che fece parlare allora per la prima volta di industria letteraria, l'asta di Montecarlo ha messo in vendita numerose reliquie. Pagine di un romanzo, I Moicani di Parigi, delle Memorie, articoli di giornale, appunti di viaggi e di letture, tutti su grandi fogli blu lavanda in una scrittura chiara che Maurois, nella sua biografia, dice da sergente maggiore e che nel sr*. ductus regolare ha qualcosa d'inarrestabile. , Scarsi invece i documenti iconografici: una bella medaglia di David d'Angers die lo ritrae diciottenne, un pastello di PierreFranQois-Eugène Glraud del 1842 e un ritratto ancora, intorno al 1860. che potrebbe illustrare questo passo dei Goncourt: «Una sorta di gigante, con capelli da negro diventati sale e pepe, occhietto da ippopotamo, chiaro, scaltro, attentissimo anche quando è velato, e. In una faccia enorme, tratti somiglianti a quelli vagamente emisferici che le caricature prestano alle raffigurazioni umane della luna». Gli stessi Goncourt ci in- ' formeranno anche della conversazione di Dumas figlio; piena di verve, sì, ma concisa, tagliente, espressione di uno spirito caustico e amaro fino alla crudeltà; uno spirito che, come ebbe a dire il padre, amava le tesi e la morale. Sono tratti che sembrano improntare anche la sua fisionomia, almeno nel disegno di Louis Boulanger e nel vibrante, bellissimo bronzo di Carpeaux messi all'asta da Sotheby's. Ma a quell'asta il pezzo più importante dal punto di vista artistico era un'altra opera di Carpeaux: il ritratto in marmo della princi])essa Nadejda Naryschkine nata Knorring, moglie di Dumas figlio dal 1864. Nadejda, che aveva lasciato in Russia il vecchio marito, aveva formato con altre due malmaritate, Marie Kalergis e Lydia Nesselrode, un trio di aristocratiche bellezze slave che facevano di tutto per dimenticare a Parigi la noia della corte russa. Con Lydia Nesselrode, Dumas figlio ebbe nel 1891 una rapinosa liaison troncata di colpo dalla bellissima e scatenata contessa; e a dargli l'annuncio della rottura fu proprio Nadejda. La messaggera avrebbe presto sostituito l'amica nel cuore dello scrittore, che trovava nelle donne russe una finezza e un'in' tuizione superiori, dovute alla loro doppia natura asiatica e europea, alle loro curiosità cosmopolite, e alle loro abitudini indolenti. Gli sembravano creature eccentriche, che parlavano con voce rauca e musicale tutte le lingue, cacciavano l'orso e vivevano di bonbons, superstiziose e scettiche, carezzevoli e feroci. Nel ritratto di Carpeaux eseguito nel 1873 e in cui la virtuosità luministica e materica si fanno mezzi d'una spietata indagine, Nadejda non ci appare più una «sirena dagli occhi verdi., le forme non hanno più la distinzione e la finezza di cui Dumas scriveva entusiasta a Georges Sand; e se un tempo lo scrittore aveva visto in lei una combinazione di angelo e di belva, ora solo la natura selvaggia prevale in questa donna matura, spingendola verso la follia dei suoi ultimi anni. • * • L'asta dei beni di Marie Duplessis era stata un successo: 80.917 franchi che avevano permesso di pagare l creditori e di legare un'eredità a una nipote della cortigiana. Anche l'asta di Sotheby's è stata un successo. Del ritratto della Duplessis si è già detto; quello del generale Dumas ha fatto 199.800 franchi, ti marmo di Nadejda 344J0O; il manoscritto dei Moicani 91.020; tutto è andato venduto, anche le undici penne d'oca di cui otto macchiate d'inchiostro appartenute a Dumas padre; anche un coltello da caccia spagnolo sempre di Dumas padre; l'ha comprato per 2806 franchi Alain Delon. Mario Spagnol Edouard Vitnot: «Ritratto della Dama dalle Camelie»