Il cosmonauta di Evtusenko racconta la Russia dopo la Rivoluzione

Il cosmonauta di Evtusenko racconta la Russia dopo la Rivoluzione Romanzo: «Il posto delle bacche» Il cosmonauta di Evtusenko racconta la Russia dopo la Rivoluzione TUTTI in Russia, sapevano da tempo che Evgcnij Evtusenko ex enfant-terrible dell'epoca krusceviana, poeta di innegabile talento, sollecito interprete e cronachista di fatti e misfatti del suo tempo, tribuno e protagonista per vocazione, onnipresente ambasciatore della poesia sovietica fuori della patria e in patria non sempre comodo fiore all'occhiello, di un regime che deve poter esibire voci dissonanti, se non proprio dissenzienti — stava scrivendo un romanzo. Le malelingue dei «salotti» letterari di Mosca e Peredelkino dicevano: «Zenja ha capito che "là" (eufemismo che sta per "//; occidente") la poesia vende poco...». AI di là dei pettegolezzi di quello strano, acido e scanzonato milieu, credo che l'obiettivo inseguito da Evtusenko in questa sua lunghissima e laboriosa (sette anni) fatica romanzesca fosse molto meno venale, ben più ambizioso: scrivere «il» romanzo, definitivo, sulla Russia dopo la Rivoluzione. Del resto l'autore non nascondeva a nessuno il suo progetto; ricordo che quattro anni fa, durante un suo ennesimo soggiorno italiano, mi diceva: «Nel mio romanzo troverete tutto: il 1937 e i nastri giorni, prosa contadina e "beat", Siberia e metropoli, dissenso e poesia, guerra e pace»... Promessa impegnativa e totalizzante che Evtusenko ha mantenuto fino in fondo rie // pasto delle bacche (pubblicato l'anno scorso da Moskva dopo aver circolato invano per redazioni di altre riviste meno disponibili, più pavide). Eppure, forse, è proprio quel «tutto» il limite maggiore del romanzo, che a tratti appare come un falò troppo pic- colo, stentato, per la tanta carne messa al fuoco. Il tema dei viaggio (qui il «mezzo» è un ansante camion che attraversa gli sconfinati spazi siberiani) è l'artificio dell'incontro ca-* suale di individui e destini diversi — uno scienziato «cittadino», una dolce, incolta ragazza-madre di campagna, uno strano vagabondo, un raccoglitore di funghi che dipinge cigni sulle tovaglie, e altri campioni di un'umanità tanto marginale quanto autentica — sono il pretesto per una narrazione che continuamente si dilata e si estende, come pulsante materia viva, nel tempo e nello spazio. Dal Cile di Allende ai lager staliniani, dalla Leningrado assediata all'America di Bob Dylan, dalla tajgà agli spazi interplanetari da cui contempla il mondo il primo personaggio che si incontra nel libro, un co¬ smonauta sovietico originario, come Evtusenko, del paese sibcriano di Zima. Al simbolico viaggio per terra dei suoi eroi (che cercano la preziosa cassiterite)Evtusenko contrappone dunque un altrettanto simbolico viaggio celeste: come se da quelle altezze fosse più facile scorgere il significato ultimo del formicolante, vano tramestio umano. Il pellegrino del cosmo lancia il suo appassionato messaggio di pace (che purtroppo, però, ricorda talvolta certe oleografiche rappresentazioni di festosi girotondi di-bimbi di ogni razza e colore); sorretto da un'utopistica fede (con espliciti riferimenti a «strambi» come a Fedorov, Ciolkovskij, Majakovskij, Chlebnikov) nella futura resurrezione-rigenerazione dell'umanità. Ma, tutto sommato, mondo e storia non rivela¬ no allo scrittore-cosmonauta il loro segreto disegno armonico e la stessa materia «Jcl romanzo sembra frantumarsi e sgretolarsi in tanti racconti autonomi, spesso contrassegnati da una diversa cifra stilistica. E con la stessa disinvoltura con cui riecheggia varie voci e tendenze della prosa sovietica contemporanea, Evtusenko accumula e affronta i più gravi interrogativi cui la Russia moderna c stata chiamata a rispondere: cosa sono il popolo, il potere, la democrazia, il comunismo, la rivoluzione, il dispotismo, il privilegio, il filisteismo, eie?... Altrettanto rapidamente Evtusenko fa i conti con i suoi ben più illustri predecessori: Puskin, Tolstoj, Dostoevskij... C'è veramente tutto in< questo libro dall'ammiccante titolo bergmaniano, scritto e voluto come una nuova, aggiornata «enciclopedia , della vita russa». Manca forse il dono, la grazia nativa della vera narrazione; ma non-tutti, si sa, nascono (né, tanto meno, lo diventano) Puskin. Dopo aver preso atto di questa lapalissiana verità, si potranno gustare fino in fondo le realistiche, acute, talvolta piccanti fino al «proibito» («Il posto delk bacche» ha atteso per sci mesi il nullaosta della censura del Glavlit) descrizioni della vita sovietica contemporanea e, soprattutto, le belle pagine dedicate alla misteriosa, incantata, intatta vita della Siberia «vergine». E, ancora, si potranno apprezzare le molte e verbose discussioni-disquisizioni sui massimi sistemi a cui Evtusenko costringe i suoi croi (che, da veri russi, non si fanno pregare due volte). In esse, tra l'altro, c'è la vera chiave di lettura de // posto delle bacche, che nella sua struttura e nei suoi esiti somiglia a quei tipici discorsi, un po' ebbri, concitati, «col cuore in mano*, che si tengono davanti alle tavole imbandite (caviale o cetrioli, poco importa) nel paese di cui Evtusenko voleva spiegare fino in fondo senso e controsensi. Le lingue si sciolgono, si raccontano gli aneddoti più caustici sul regime, si tirano in ballo Dio e Stalin, la Bibbia e Lenin, si ricorda l'odissea dell'approvvigionamento quotidiano e si giudica l'ultimo libro di Solzenieyn. Poi, un sonno impietrito o la corsa per non perdere l'ultimo metrò. E tutto torna come prima, e demorii e santi restano al .loro posto. Serena Vitale Evgenij Evtusenko, «Il posto delle bacche»,. Einaudi, 303 pagine, 15.000 lire. Evtuscenko mentre declama i suoi versi al Festival di Spoleto del '65