Romeo e Giulietta passione a intervalli di Gianni Vattimo

Romeo e Giulietta passione a intervalli Parliamone Romeo e Giulietta passione a intervalli Aprima vista, sembra proprio che abbia ragione Zeffirelli: sdegnato per lo stempio che un'emittente televisiva privata ha fatto del suo Romeo e Giti//cita, mettendolo in onda con ben 18 inserti pubblicitari introdotti nei momenti meno opportuni, ha deciso di chiedere tre miliardi di danni, perché il fatto ha leso la dignità della sua opera e la sua immagine di artista di fronte al suo pubblico. Finalmente una sana ribellione contro la barbara logica pubblicitaria, che certo disturba profondamente tutti noi quando desideriamo goderci un bel film sia esso di Zeffìrelli odi Totò. Tuttavia, dalla stessa notizia, apprendiamo che Zeffirelli si guarda bene dal mettere in discussione il principio degli inserti pubblicitari introdotti nel corso di film e altre trasmissioni. Sono questi, d'altra parte, insieme a tutto il resto della complessa macchina commerciale cinetelevisiva, che permettono, oltre ai guadagni non esigui di registi e stars, anche leingenti spese che una cinematografia come quella di Zeffirelli richiede. Zeffirelli è così lontano dal rifiutare rutto ciò in linea di principio, che anzi, in occasione della messa in onda di un altro suo film in condizioni analoghe, il Gesù, aveva partecipato lui stesso alla scelta dei momenti più adatti in cui interrompere la pellicola e inserire la pubblicità. Ciò che lo scandalizza e indigna, ncj caso di Romeo e Giulietta, è solo il cattivo gusto dei programmisti nella scelta dei momenti per gli inserti, e forse il numero degli inserti stessi (che, però, avrebbe dovuto regolare mediante contratto). Ora, questo cattivo gusto, anche se ispirato da «basse» ragioni commerciali, non sembra molto diverso da quello che si manifesta in molti altri casi di esecuzione di opere d'arte, dal teatro alla poesia alle arti visive. Per esempio: se un legista mette in scena l'opera teatrale di un autore vivente in un modo che questi conside¬ ra gravemente distorto e tale da ledere il significato e la dignità dell'opera, saremo in presenza di un caso giudiziario risolvibile con un pagamento di danni? Il regista ha per lo più, nelle sue operazioni di interpretazione ed eventuale distorsione del significato dell'opera, motivazioni ideologiche; ma queste possono essere anche ispirate a interessi più banali (piacere al partito, ottenere prebende, guadagnare i favori di una prima attrice la cui parte viene artificiosamente esagerata): insomma, niente di essenzialmente più nobile dell'interesse commerciale della pubblicità. Casi analoghi si potrebbe elencarne senza fine: il pittore la cui opera, una volta venduta, viene esposta in uno spazio inadeguatot magari insieme ad altre che ne falsano il senso; l'artista di quadri sacri i cui dipinti finiscono in un salotto; e così via. Il caso del film di Zeffirelli è del tutto simile a questi; è il caso di un'esecuzione dell'opera che pecca di cattivo gusto, che non ne coglie lo spirito, che la travisa e la falsa. L'autore ha dirtto di dolersi, discutere, polemizzare; ma non di chiedere danni che dovrebbero essere assegnati, poi, da un tribunale, altro «ente» niente affatto abilitato a giudizi estetici... Hanno il loro destino i libri, dicevano gli antichi; e così ogni altra opera dell'ingegno. Il destino mischia le opere alla storia e comporta rischi, ma è anche il deposito della loro vitalità: dalle interpretazioni, anche in contrasto con le intenzioni dell'autore, l'opera d'arte riceve significati che la collocano nella sua verità. Potrebbe anche darsi che proprio questo sia accaduto al film di Zeffirelli: l'accostamento con il mondo zuccheroso, non problematico, sentimentale della pubblicità potrebbe aver semplicemente svelato e messo in evidenza ciò che esso, in fondo, anche è. Gianni Vattimo

Persone citate: Casi, Gesù, Zeffirelli