Ma quanti anni ha il jazz italiano?

Ma quanti anni ha il jazz italiano? Un'indagine storica Ma quanti anni ha il jazz italiano? IL quarto volume del ciclo Una storia del jazz conclude l'ampio giro che Giancarlo Roncaglia ha percorso intorno alla musica afro-americana. Cronista e storico del jazz, Roncaglia interviene ora su un capitolo poco pubblicizzato — anche se assai discusso — di un'arte originatasi oltreoceano e poi diffusa in tutto il mondo: nel nuovo libro (edito da Marsilio, 255 pagine, lire 8000), l'autore si occupa infatti del jazz europeo e in particolare di quello mode in Italy. L'entusiasmo dell'appassionato esegeta si presume associato dunque alla pignoleria del detective che indaga su un caso ormai archiviato, forse insabbiato, come si dice. Il fatto è che nella realtà il jazz europeo ha storia antica ma realtà recente. Come un Poirot di estrazione crociana — Roncaglia deve cosi partire da lungi per arrivare al dunque. L'indagine -r come accade nei romanzi della Christie ottiene effetti di suspense ma si Ingarbuglia quando affronta i particolari di un passato remoto ricostruito sulle confessioni di testimonianze che Scottane Yard — Poirot Insegna — archiverebbe perché irrilevanti: l'accusato infatti non può testimoniare in, proprio favore e medesima sorte tocca ai parenti prossimi. Il libro di Roncaglia pare affollato di testimoni in proprio e l'autore — che ha l'animo del benefattore ma non la grinta del pubblico ministero — accetto tutto per buono. B così scopriamo che in Italia il jazz sarebbe quasi coevo di Giuseppe Garibaldi. E' appena contemporaneo di un Mussolini t cui figli erano collezionisti del miglior jazz dell'epoca^ Romano Mussolint — per esempio — ha Imparato a suonare ti pianoforte sui dischi che II fratello Bruno gli comperava negli Stati Uniti. Quando un Idiota dell'Ufficio propaganda pose il jazz in condizioni di se- miclandestinltà non fece che assecondare gli editori di Galleria del Corso i quali erano nell'imbarazzo di Immettere sul mercato nazionale canzoni (poco commerciabili) dal titolo incomprensibile per la massa degli Italiani. Italiani che ascoltavano alla radio le canzoni di Carlo Buti, di Alberto Rabagllati, che amavano l'orchestra di Pippo Barzizza, quella di Cinico Angelini, e anche la fisarmonica di Gorni Kramer, posto da Roncaglia (con estremo candore.) tra i padri fondatori del jazz Italiano. Contemporanei dei francesi Django Rclnhardt e Stéphane Grappelli (tanto per citare due emblematici talenti storici), Kramer e gli orchestrali dell'epoca introducevano nel proprio repertorio anche canzonette tratte dal catalogo di Broadway ma, ahinoi, con effetti che oggi ci riportano comicamente al ballo liscio di un Casadet senior. «Ci vuole orecchio!», suggerisce Enzo Jannacct. Questo genere di equivoci (troppi i nomi inutili, le citazioni fuorvianti, per farla breve) e l'assenza di un plano di lavoro che segnali e puntualizzi un dato fondamentale quale lo svilupparsi di una coscienza jazzistica nei giovani musicisti italiani (accadeva nella seconda metà degli Anni 50 - n.d.rj, incrinano un discorso nelle sue intenzioni storicistiche. Non cancellano presupposti di una documentazione dove non manca una parola (quasi) per tutti onde desumere alla fine una vasta mappa del jazz, sorta di guida Micheltn Europa per distratti consumatori. Il mondo del jazz (italiano) prosegue dunque II suo cammino, oggi come Ieri, con un dialogo che sfiora involontariamente Il testo di Jonesco come se questa musica fosse casualmente un punto d'incontro tra le quinte dei festival, dei concerti, eccetera. Franco Biondini

Luoghi citati: Europa, Italia, Stati Uniti