Spazzapan europeo sradicato in provincia
Spazzapan europeo sradicato in provincia Tutta l'opera del pittore Spazzapan europeo sradicato in provincia L5 IMMAGINE esterna j del 'personaggio» Spazzapan, cosi fondamentale e cosi scomodo nella Torino (e nell'Italia) degli Anni 30, e 40 e ancora 50 — finalmente riconosciuto come fondamentale, innanzitutto da Lionello Venturi, ma sempre scomodo—è già in una visita di Leo Gaietto sulla 'Gazzetta del Popolo» del 1940, riportata nella Antologia critica del rigorosissimo Catalogo generale di Angelo Dragone, eh'è anche una rivisitazione altrettanto rigorosa e documentata. Spazzapan, scrive Gaietto, «pensa, parla, pittura, vive, in maniera tutta particolare, come nessun altro: è violento e timidissimo, angelico e demoniaco nello stesso tempo, affettuoso e irriverente fino alla strafottenza». Ma più a fondo, nelle inquietudini dell'uomo, era già arrivato Persico nel 1932: «un'aspirazione incontenuta ad uscire dai limiti della provincia per accostarsi all'Europa... una .conferma del peso che ha l'espressionismo nello sviluppo delle forme moderne... è la sua cultura — fatta a Vienna ed à Trieste nel pieno... delle dottrine freudiane — che induce l'artista a raffigurare il mondo sotto un aspetto demoniaco... egli rappresenta. In Italia, la figura dell'artista estraneo alla sua razza, e senza legami .con la tradizione». ■ Il punto è questo: quale tassa, quale tradizione? La gran farsa dirompente di «Mitteleuropa» — anche* .nella provincia austro-slovena di Gradisca, Gorizia, Idria — stava proprio nell'essere un travagliato crogiuolo di rosse e culture e tradizioni. Il Ritratto di Spazzapan del 1925 dell'amico Vena Pilon, compreso nella ricca documentazione del volume, sta tutto fra Vienna, Dresda, Berlino. Nella «regolare» Torino degli Anni 30, che ii è adattata ad accettare, per il loro rigore, le forme casoratiane, e che ha facilmente emarginato nel pittoresco le sperimentazioni cosmiche dei futuristi, dà veramente fastidio solo l'eterodossia di Spazzapan: proprio per la sua aggressività nutrita di una cultura che solo i romani perseguivano; e. per la sua capacità di coinvolgimento, nascente dall'intelligenza, prettamente mitteleuropea, di non considerare né avvilente né «servile» la nervosa, vorticosa pratica del grafico illustratore rispetto a quella del pittore. E ciò giustifica pienamente l'enorme esaustivo lavorò di ricerca di Dragone. Il coinvolgimento operato da Spazzapan è «magnetico», generoso, e nel contempo apertissimo a scambi di cultura e di intelligenza. Guardando all'opera, mi sembra emblematica la sua presenza di grafico, accanto a Levi, Mensio e Paulucci, alla «Jeune Eurùjx. di Parigi nel 1932; e indubbia mi appare in quegli anni l'attenzione a De Pisis, altro grande 'deraci¬ né». A giusto tempo, Spazzapan saprà allora essere insieme 'maestro» trainante e compagno ai più giovani in una nuova avventura dirompente e, finalmente, di «rivincita», come giustamente intitola Dragone un capitolo: sarà nel 1947, il nodale sodalizio con Mastroiannl e Morenl, e il «Premio Torino». Ne uscirà premiato Vedova, e anche questo è indicativo. Nella liberata avanguardia neopicassiana, la pattuglia torinese coniuga, in anticipo, il verbo dell'espressionismo astratto. In fondo, anche nei successivi ultimi dieci anni, «Spazza» continuerà la sua strada .aspra e solitaria, ti suo confronto ormai mondiale con altri solitari, Sutherland o Matta, Lam o Giacometti, fedeli à>le sue stesse spinose ma umanissime radici. Marco Rosei Luigi Spazzapan: «Donne» (1929-30)
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