Beethoven induce a un po' di fiacca

Beethoven induce a un po' di fiacca Concerto inaugurale al Regio Beethoven induce a un po' di fiacca TORINO — Una bella stagione estiva di concerti che nel giro di un mese propone sei appuntamenti divisi tra Beethoven, Bartok e la musica contemporanea è quanto ha voluto offrirci il Regio quest'anno a chiusura di stagione. L'inaugurazione si è avuta sabato sera con Martinotti sul podio ed una sala colma di pubblico. Nel cartellone figuravano il Triplo Concerto di Beethoven per pianoforte violino e violoncello, una novità di Davide Anzaghi intitolata Ermosonio e la Suite di danze di Bartok. Il programma è prudente ed audace al tempo stesso: si va dal popolare al pittoresco passando attraverso l'esoterico, ma dolcemente, senza traumi per il pubblico estivo. Il «Triplo» di Beethoven è anche l'occasione per l'esibizione di una nuova formazione musicale cittadina, del Trio Ghedlni» formato dalla pianista Anna Maria Cigoli, dal violinista Camillo Grasso e dal violoncellista Sergio Patria. La partitura è tra quelle di Beethoven fra le maggiormente provviste di un carattere spettacolare, di una festosità che genera nel primo tempo quadri di marce con soldati luccicanti e azzimati del tipo di quelli evocati dalla memoria di Joseph Roth. Nel movimento lento il clima del la parata si dissolve e i tre strumenti solisti si ritrovano spesso a dialogare da soli con un tono dolcemente dimesso che si accende nel Rondò fi naie di fiammeggianti spunti in stile popolaresco. I tre solisti affrontano il loro arduo compito con slancio impavidi di fronte alle difficoltà delle quali è costellato il cammino, specialmente per gli archi, ma la loro buona volontà si infrange spesso con tro il muro invalicabile di un'orchestra che suona con inequivocabile svogliatezza. Ne vien fuori un Concerto corretto, ma un po' stirac chiato con i tre bravi solisti un po' frustrati nei loro slanci. Con Ermosonio di Anzaghi, gli umori dell'orchestra si fanno meno accidiosi e la musica fluisce soffice e limpida Anzaghi compone bene: stende con mano esperta dei tappeti sonori ove la trama è da ta dai suoni acuti e tesi degli archi, dal rullio dei timpani e dalle continue riverberazioni degli xilofoni e delle marimbe che irradiano aloni metallici come una specie di Gamelan Su queste superiici, scivolano brevi frammenti melodici improvvise increspature dissonanti dei fiati, ma più di tutto colpisce l'assoluto controllo di ogni mezzo, vale a dire la funzione precisa che ogni frammento sonoro esercita nel contesto generale. Per concludere, sono arrivate le danze della Suite che Bartok compose nel 1923 per il cinquantenario dell'unione di Buda e Pest. Sono danze di popoli vicini e lontani che approdano sulla partitura di Bartok dopo un accuratissimo filtraggio Intellettuale, Cosi di quelle lontane e antiche danze popolari l'Intuito del compositore ha captato le movenze essenziali: un ritmo, un colore, l'impennata e lo scarto improvviso della melodia le ripetizioni enigmatiche di un ritornello. Qui per nettezza di fraseggio, agilità ritmica e spicco delle parti solistiche l'orche stra ha raggiunto sotto la guida di Martinotti il momento migliore della serata, rlscuo' tendo calorosi applausi. Enzo Restagno

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