Ora vincono i filosofi del Circolo di Vienna

Ora vincono i filosofi del Circolo di Vienna PRO E CONTRO WITTGENSTEIN Ora vincono i filosofi del Circolo di Vienna Per cinque giorni una trentina di filosofi di varie nazioni si sono incontrati nei locali dell'ambasciata di Bulgaria a Vienna. Cosa insolita, anche se si fosse trattato, ma non lo era, di un convegno di filosofia politica. Niente di misterioso, tuttavia, ncll'avcr l'ambasciata cortesemente aperto la sua sede di Kundmanngasse 19, nell'edificio che i viennesi chiamano «Casa Wittgenstein», dato che il convegno, organizzato dal centro di documentazione su la filosofia austriaca, ricordava il centenario della nascita di Moritz Schlick e Otto Ncurath. Si respirava un'aria di revival: non della «grande Vienna» asburgica, tra il vecchio secolo c il nuovo, quando aprivano nuovi orizzonti Freud e Musil, Kokoschka e Loos, Krus e Schonbcrg. Ma di quella Vienna che ne fu la vivace crede nel dopoguerra, allorché vi operò un gruppo di studiosi — il Wiener Kreis, appunto — che presto attirò l'attenzione internazionale sulle sue tesi per una «concezione scientifica cut mondo». Nel gruppo originario del Grcolo di Vienna, Schlick e Ncurath furono figure di spicco, perché ad essi soprattutto fecero capo le due tendenze che, nonostante la generica unità di intenti, si delincarono ben presto nel positivismo logico. E, benché estraneo al Circolo, Ludwig Wittgenstein fu l'involontario catalizzatore della sua costituzione, nel '29, perché i primi incontri fra Schlick. Ncurath, il matemati-' co Hans Hahn c pochi altri si erano avviati già da qualche anno proprio per discutere le tesi enigmatiche del Tractatus logico-pbìlosaphicus del Wittgenstein Pubblicata l'opera all'inizio degli Anni Venti, questi riteneva (e-cambiò idea solo verso il v30)r'di avere ormai' chiùso con la filosofia, a cui s'era avvicinato dopo gli iniziali studi di ingegneria. E, mentre fervevano le discussioni sulla sua opera, Wittgenstein nutriva altri interessi. Rinunciando alla sua parte del patrimonio familiare (i Wittgenstein erano stati i Krupp dell'Austria, con in più il mecenatismo), aveva fatto per qualche anno il maestro elementare, poi il giardiniere. Ma nel '26 accolse l'invito della sorella Margaretc' a progettarle una casa ch'ella intendeva costruirsi nella Kundmanngassc. Proprio in questa casa, ideata sin nei minimi particolari, realizzata con materiali «moderni» (cemento armato, acciaio, aistallo), e di cui si disse che ha «la stasa bellezza semplice e statica dei periodi del Tractatus». si trova ora Tarn basciata bulgara. Non c'era quindi luogo più adatto per riparlare del Wiener Kreis oggi, quando sono ormai scomparsi non solo i «padri» fondatori, ma anche tanti neopositivisti della seconda generazione. Dei viventi, tuttavia, venne da Pittsburgh il settantaduenne Cari G. Hcmpel, che aprì il convegno. Gran parte delle relazioni specialistiche si sono soffer mate sul pensiero di Schlick e di Ncurath, data l'occasione del centenario. Ma il motivo contingente ci ha riproposto le questioni fondamentali dibattute nel Grcolo di Vienna Ncurath era viennese, Schlick di Berlino; e assai lontane furono le vicende culturali attraverso cui giunsero ad incontrarsi. Il primo era stu dioso di economia, serologia e storia; l'altro, laureatosi in fisica con Planck, fu tra i primi acuti interpreti della teoria einsteiniana della relatività. Li accomunava la passione per la conoscenza rigorosa, la chiarezza intellettuale, il sospetto verso la metafisica e nei confronti delle evasioni misti che e irrazionaliste. Così si spiega il lavoro in comune, al lorché Schlick, nel '22, venne chiamato alla cattedra viennese di filosofia delle scienze induttive ch'era stata di Mach e di Boltzmann. Ma erano uomini diversissi mi, anche per collocazione e gusti sociali. Il fisico, il carattere, i modi erano, tra i due, in xtto contrasto: popolaresco, trasandato, rosso di pelo e at ticciato Ncurath; alto, elegante e di una distinzione aristocratica Schlick, che aveva spo- sato una ricca americana e si dilettava di equitazione. Nelle tensioni politiche del tempo, egli aveva preferenze conservatrici (fu ucciso nel '36, all'Università, da uno studente), mentre Ncurath era stato, nel 19, il presidente dell'ufficio pianificazione nell'effimera repubblica sovietica di Baviera. Il comune intento di fare del metodo scientifico un orientamento generale per la vita favorì tuttavia il loro incontro-scontro. E alcune idee del Tractatus fornirono la base iniziale per tale progetto. Le asserzioni della scienza hanno senso perché o sono costruibili a partire dalle osservazioni ed esperienze immediate, o sono trasformazioni matematiche c logiche, che nulla cambiano nel contenuto conoscitivo. Questo criterio del significato pose al bando tutte le pretese, filosofiche, di una metafisica come conoscenza oltre la scienza. Era una ripresa del positivismo, ma in chiave logica, perché la metafisica fu dichiarata non già falsa, bensì priva di senso. Il piglio dissacrante del neopositivismo fece effetto: i filosofi furono costretti a prendere posizione prò o contro. Ma mentre la polemica antimetafisica faceva rumore, all'i memo dclCircolo fervevano sottili discussioni sulle strutture della scienza. La nuova fisica (s'era ormai affermata anche la meccanica quantistica) poneva urgenti questioni di metodo. E proprio in questo campo, come in quello logico c sui fondamenti della matematica, si ebbero risultati brillanti. Ben presto, però, l'antimetafisica (che è essa stessa, in realtà, una metafisica) seminò discordia tra i membri del Wiener Kreis. Ncurath, estremista pure in ciò, trovava an cor a resti di metafìsica nell'appello ai dati di esperienza; nel le idee di Wittgenstein e nella rielaborazione fattane da Schlick. Proponeva quindi un atteggiamento più radicale, ribattezzando addirittura il Grcolo come «Wiener Kreis del fisicalismo». Abbandonato il riferimento all'esperienza vissuta, si proponeva di considerare la scienza come un linguaggio, nella sua struttura fisica, senza preoccuparsi della «realtà» su cui essa parla. Schlick, invece, pur accogliendo alcune modifiche delle tesi originarie, ribadiva la necessità del riferimento all'esperienza, ai «fatti» di là dal linguaggio, senza di che si rischia di scambiare la scien¬ za con il mondo e di abbandonare l'istanza empiristica per un ritorno al razionalismo. La polemica non ebbe né vincitori né vinti. Terminò con la morte di Schlick e per lo scoppio della guerra, che disperse il Wiener Kreis: nel '45, a Londra, dove s'era rifugiato, morì anche Ncurath. Ma l'analisi dei documenti di quella ormai lontana discussione ha una sua insospettata attualità. Per lo più, oggi, i nomi di Schlick e Ncurath interessano solo gli specialisti. E gli epistemologi considerano addirittura come preistoria remota e priva di interesse il neopositivismo. Si dice che è morto e che quel po' che ha lasciato è stato del tutto rielaborato o dai razionalisti aitici, come Popper, o dagli irrazionalisti anarchici, come Fcyaabend. Ma nel convegno di Vienna è risultato che gran parte delle ragioni e dei torti degli attuali contendenti, assieme alle loro motivazioni, erano già rcperibili nella discussione tra Schlick e Ncurath. Niente (o poco) di nuovo sotto il sole. Utile memento pa la frenesia del presente e la superbia delle odierne presunzioni. Francesco Barone