I petrolieri accusano il governo nell'81 han perso 2300 miliardi di Mario Salvatorelli
I petrolieri accusano il governo nell'81 han perso 2300 miliardi I petrolieri accusano il governo nell'81 han perso 2300 miliardi ROMA — Il sottosegretario all'Industria, Giovanni Fontana, ha annunciato ieri, all'assemblea dell'Unione petrolifera, che la prossima settimana il Clpc deciderà il passaggio del gasolio dal regime dei pressi amministrati a quello del pressi «sorvegliati*. Era quanto aveva chiesto poco-prima, nella sua relazione all'assemblea, il presidente dell'Unione, Achille Albonetti, sottolineando il fatto che l'Italia era ormai l'unico Paese della Comunità europea, e uno dei pochi dell'Europa occidentale, a mantenere un sistema di prezzi amministrati, «per di più gestito in modo arbitrario e inaffidabile». La decisione per il gasolio, però, migliora di ben poco la situazione di quella che è «la più grande e importante Industria energetica italiana», ha detto Albonetti, «ma che sta diventando una delle più inefficienti, a causa del degrado provocato dalla carente e incoerente politica governativa». Il «quaderno delle lamentele» è lungo, fitto di cifre e di nomi. Il 1981 si è chiuso con perdite operative per circa 2300 miliardi di lire, di cui 800 di parte privata, e il resto di parte pubblica (Eni). Net primi sei mesi del 1982 queste perdite sono cresciute: quelle della sola industria privata hanno già toccato i 600 miliardi, e in proporzione sono salite quelle dell'Eni, il cui commissario straordinario ha valuiato, recentemente, in 37 mila lire a tonnellata, con punte di 50mila, leperdite delsuoente. All'elenco dei piani energetici nazionali, che si sono succeduti in Italia dal 1978 a oggi, ma che sono rimasti sulla carta, Albonetti ha aggiunto l'elenco, altrettanto lungo, delle compagnie che si sono ritirate dall'Italia: dopo le due «gigantesche multinazionali», la Sfiell e la Bp, hanno fatto seguito la Conoco, la Cities Service, la Getty OH, la Marathon OH. Sono, poi, scomparsi dal mercato, e rilevati dall'Eni, il gruppo Monti e la Sir. Infine l'Amoco ha annunciato l'abbandono entro il 1984, e due grosse compagnie, come la Gulf e la Mobil, hanno chiùso la raffineria di Bertonico. Anche il capitolo delle raffinerie, che sarebbero da ristrutturare, per spostarne la produzione dai prodotti pesanti, come l'olio combustibile, a quelli leggeri, come benzina e gasolio, presenta un pa- norama desolante. Lavori che non si fanno, investimenti programmati die vengono disdetti, sfruttamento delle capacita che è sceso a meno del SO per cento. Se questa crisi continuerà, ha detto Albonetti, la nostra «fattura petrolifera», che nel 1981 è salita a 28 mila miliardi di lire, dovrà farsi carico anche delltmportazionedi prodotti finiti. L'orazione, quasi funebre, del presidente dell'Unione petrolifera è stata giudicata «eccessivamente pessimista» dal ministro delle Partedpasioni Statali. Gianni De Michelis, presente all'assemblea, il quale ha consigliato dì «puntare» più sulla volontà di costruire die «sul gioco a scarica-barile» delle res}x>nsabilità. Ma, forse, più pessimista di Albonetti era stato il direttore generale della Con/industria, Alfredo Solustri, che, nel suo intervento di apertura, non ha escluso il rischio che l'Italia, in autunno, «si riavvitl nella spirale inflazione - recessione -svalutazione... Mario Salvatorelli Gianni De Michelis
Persone citate: Achille Albonetti, Albonetti, Alfredo Solustri, Getty, Gianni De Michelis, Giovanni Fontana
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