Al processo Moro, sei br si dissociano Peci avverte: proteggeteli in carcere
Al processo Moro, sei br si dissociano Peci avverte: proteggeteli in carcere Rinnegano la lotta armata, ma non intendono accusare i compagni Al processo Moro, sei br si dissociano Peci avverte: proteggeteli in carcere DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Nella sua ultima giornata di deposizione hi corte d'assise. Patrizio Peci ha Invitato lo Stato a considerare con maggior attenzione la posizione del «dissociati» dalla lotta armata, garantendo loro nelle carceri protezione e sicurezza. Un fatto nuovo, sintomatico di una situazione che si sta determinando all'interno del «partito armato», è avvenuto proprio ieri nell'aula-bunker del Foro Italico. Al processo Moro s'è formato un nuovo schieramento, quello appunto dei «dissociati», quali hanno scelto una loro «gabbia» (l'ultima, la numero 6) e hanno inviato una lettera al presidente Severino Santiaplchi, confermando che la compattezza dei brigatisti rossi si sta progressivamente incrinando. Già Antonio Savasta aveva detto che questo sarebbe stato l'ultimo processo In cui la proporzione numerica tra •pentiti» e «dissociati» da una parte e «irriducibili» dall'altra era a favore dei secondi. Ieri, gli imputati Arnaldo May, Norma Andrlani, Edmondo Stroppolatinl, Augusto Cavanl, Giovanni Innocenzi e Teodoro Spadaccini, finora vicini alle posizioni di dissenso del gruppo capeggiato da Valerio Moruccl, si sono isolati ed hanno scritto alla corte: «Non siamo su posizioni di pentitismo o di delazione, per differenti motivi; ma la nostra è ugualmente una dura condanna al terrorismo ed al partito della guerra. Non collaboriamo solo perché non intendiamo svendere la nostra dignità personale in un orrenda baratto». Poco prima Patrizio'Peci che ieri ha risposto alle domande del difensori di parte civile e del pubblico ministero, aveva detto: «Lo Stato ha ben compreso quali grosi risultati avrebbe ottenuto emanando la legge sui pentiti; ma ora è molto indietro rispetto ad un'altra questione, al problema carcerario e soprattutto alla necessità di una adeguata e sicura sistemazione in carcere dei dissociati, per i quali sarebbero utili speciali sezioni. Dovete sapere — ha aggiunto l'imputato-testimone — die in carcere d sono assai poche possibilità per un detenuto di arrivare, senza che non lo si,venga a sapere subito, al maresciallo o alla matricola per chiedere un colloquio con il giudice. Anche se ci si dovesse riusdre, poi, si' verrebbe riportati nel braccio dove stanno gli altri detenuti e a quel punto sarebbe praticamente impossibile sfuggire alla rappresaglia. Diventa così una questione di sopravvivenza deddersi o meno a collaborare o semplicemente rinnegare il passato». Alcune domande, poi, hanno portato l'argomento della deposizione di Peci su un problema di scottante attualità, i rapporti tra terroristi e difensori. Peci ha detto che la prima risoluzione strategica delle Br fu redatta dal nucleo storico dell'organizzazione In carcere. ■•Come fu portata all'esterno — ha aggiunto — non so dlrvelo con esattezza. Credo però tramite i soliti canali, cioè pareiUi o avvocati. Ricorderete il caso dell'avv. Arnaldi (è il legale di Genova che si sparò alla vista dell'ordine di cattura, ndr). Chiese 500 mila lire a mio fratello, ma io so che quello era solo un modo di coprirsi rispetto alla polizia, perché né lui né Spazzali chiedevano mai danaro a compagni arrestati». Gli avvocati, di solito, sarebbero stati pagati direttamente dal le Br, «per quanto ne so io» afferma Peci
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