COM'È' CAMBIATA L'INFORMAZIONE DAI CAMPI DI CALCIO

COM'È' CAMBIATA L'INFORMAZIONE DAI CAMPI DI CALCIO COM'È' CAMBIATA L'INFORMAZIONE DAI CAMPI DI CALCIO Quei colpi di pallone alla tv I primi campionati del mondo in Eurovisione si videro nel '54, un anno prima di «Lascia o raddoppia?» - Centinaia di migliaia di persone li seguirono in bar e caffè, nelle strade e nelle piazze davanti ai negozi di elettrodomestici - Cominciava una rivoluzione culturale - La tv prese a contendere il pubblico agli stadi - Che accadrà davanti al Mundial '82? La prima partita di calcio ufficialmente trasmessa in diretta dalla televisione italiana fu, ovviamente, una partita della nazionale azzurra: Italia-Egitto. La Federazione italiana gioco calcio è restia a permettere la trasmissione di una partita di campionato normale. Teme di sguarnire gli spalti. Italia-Egitto fu una partita abbastanza speciale, abbastanza esemplare, a suo modo, del machiavellismo ingenuo e controproducente che presiede spesso agli affari della nazionale e, quindi, internazionali. La partita valeva per la qualificazione al campionato del mondo detto ancora coppa Rimet. All'andata, al Cairo il 13 novembre 1953, avevamo fatto discretamente pena. L'Egitto era in fermento, avendo appena rinunciato al cicciuto sovrano Faruk ormai avviato a diventare personaggio pressoché fisso delle notti dolci di vita a Roma. In Egitto c'era la repubblica come in Italia e il generale Neguib passava al momento come il salvatore della patria e non si preoccupava del colonnello Nasser, Rais nell'ombra. Su uno striminzito Campetto da oratorio povero, calpestando la crosta giallastra di una gramigna defunta ma tenace, la nazionale azzurra, improvvidamente allestita come un governo italiano dal commissario tecnico ungherese Lajos Czeizler licenziato dal Milan, si era beccata un gol da tal Diba e aveva faticato mica male per pareggiare prima con Frignoni e per vincere poi 2 al con Muccinelli. Curioso: l'ala sinistra e l'ala destra, allora segnavano le ali. Comunque, una gran paura. Per essere sicuri al ritorno si era, dunque, pensato di ricorrere all'aiuto del generale inferno. Dunque, ritorno a Milano il 24 gennaio 1954, presso à poco nel giórni piti spietati che fosse in grado di offrire la Lombardia a degli ospiti africani sia pure del Nord, la diaccia Merla. Non fu un grande spettacolo, quello di San Siro, nonostante la vittoria italiana per Sai e la conseguente qualificazione per il campionato del mondo 1954 da disputare nella vicina Svizzera. Con molto ottimismo della volontà, gli egiziani in maglioni, guanti e calzamaglie riuscirono a muoversi abbastanza nel primo tempo, impattando con tal Alaa El Din il fulmineo gol iniziale di Pandolfini. Ma nel secondo tempo il freddo prevalse, ebbero luogo fenomeni di assideramento tra gli egiziani straniti, cosi segnarono Frignane Boniperti, Ricagni e ancora Boniperti. Il portiere avversario non ce la faceva neppure più ad alzare le braccia, non per parare, ma per arrendersi. Alla radio sarebbe stato possibile raccontare con enfasi anche una partita simile, in televisione no, era impossibile alzare il livello del gioco. Però, c'era la novità: la prima trasmissione televisiva in diretta costituisce un capitolo di rilievo nella storia della rivoluzione culturale realizzata dalla Rai. La televisione aveva cominciato le trasmissioni regolari il 3 gennaio 1954. Nata a Torino come il cinema, la radio ja Fiat e il Regno d'Italia, sarebbe cresciuta a Milano per essere poi avocata a Roma come una qualsiasi scottante indagine giudiziaria da insabbiare. Il prezzo massimo di un televisore era di 1300.000 lire, quello minimo di 160.000, quanto una motoretta. Il canone di abbonamento era il più alto d'Europa e gli abbonati all'inizio del 1954 erano opportunamente appena 24 mila. Molti tra gli autorevoli commentatori di costume non ancora chiamati a far da sputasentenze in televisione e, quindi, non ancora identificati come tuttologi, ritenevano che il nuovo mezzo di comunicazione non avesse un futuro, almeno da noi. Paolo MonellL tuttavia, aveva tempestivamente assaporato il brivido dell'apocalisse: «C'era la speranza che' le difficoltà per Introdurre la televisione da noi fossero gravissime, Invincibili; che l'atmosfera che ci avvolge e che ci dà cosi tersi cieli, cosi limpide luci all'aurora e al tramonto, che Imbeve di arcane dolcezze i nostri frutti e di solare vigore 1 vini, che la nostra cristallina atmosfera fosse Inadatta alle onde televisive. La nostra speranza fu vana. Fra pochi mesi saranno già numerose sugli edifici quelle antenne fatte come un fusto d'ombrello; ci saranno in tutti i bar quegli schermi con su la danza di spettrali figure grigie in una nebbia grigia... Se in questi anni l'Italia è rimasta un po' addietro, riprenderà il suo posto all'avanguardia delle nazioni in marcia Verso il progresso aU'lngiù. verso una società di analfabeti, di conformisti, di meccanizzati...-. A partire dal 6 giugno 1954, ovvero dalla prima trasmissione in diretta in Eurovisione di uno degli incontri del campionato del mondo di calcio in corso nella vicina Svizzera, Paolo Monelli avrebbe potuto rimirare la frettolosa realizzazione della sua cupa profezia. I teleabbonati, per quanto raddoppiati, erano ancora solo 53 mila, ma i telespettatori erano molti; molti di più: le case si svuotarono, centinaia di migliaia di persone seguirono la trasmissione in bar e caffè, nelle strade e nelle piazze davanti alle vetrine dei negozi di elettrodomestici. Bar gremiti davanti ai televisori per i primi mondiali di calcio in Eurovisione e «Lascia o raddoppia?» di Mike Bongiomo