DALL'ESTERO di Frane Barbieri

DALL'ESTERO Il Comitato Centrale del pce discute da ieri le dimissioni del leader Carrillo sconfitto due volte MADRID — Il Comitato centrale del partito comunista spagnolo si è riunito ieri mattina per discutere le-dimissioni del suol principali dirigenti: Santiago Cardilo, Nicolas Sartorius e Marcellno Camacho. Fonti del partito hanno dichiarato che il dibattito potrà continuare, fino a tutta la giornata di oggi •data l'importante questione aperta da tali dimissioni». I tre dirigenti mantengono' le loro posizioni, malgrado le pressioni per il ritiro delle dimissioni e per un avvicinamento delle rispettive posizioni. Appare difficile che Camacho, 11 quale suggerisce il passaggio di Sartorius alla segreteria e quello di Carrillo alla presidenza, rinunci all'idea di abbandonare U comitato esecutivo, mentre in questo momento più incerta appare la posizione di Carrlllo e di Sartorius. Cardilo vuole dimettersi da tutto, limitandosi a restare deputato ma senza partecipare alle prossime elezioni, mentre Sartorius vuole dimettersi solo dalla vicesegreteria. Mentre la sinistra a Madrid si accinge a conquistare il potere, Santiago Carrillo si trova d'improvviso emarginato, prima dall'elettorato e poi dal suo stesso partito. La storia del protoeurocomunista spagnolo diventa quasi patetica. Dopo la morte di Franco Carrillo era diventato uno dei nomi più illustri della nascente democrazia. Per prestigio èra secondo forse solo a Suarez. La sua abilità politica e l'aver scoperto e dichiarato per primo fra i comunisti che il sch cialismo in Occidente poteva crescere solo in contrapposizione con la strategia sovieti- ca avevano fatto palare già di un «fenomeno Carrillo». Oltre che spagnola gli si attribuiva un'importanza europea. Il fenomeno infatti superava di molto la forza effettiva del pc spagnolo. C'era un grosso personaggio con alle spalle un piccolo partito. Carrillo non è mai riuscito a portare il pce ai livelli del suo prestigio personale. Ora vediamo il partito, assottigliato ulteriormente, trascinare Carrillo ai livelli bassi della propria inesistenza. Mi disse una volta Felipe Gonzalez, segretario socialista: «L'errore fondamentale di Carrillo è quello di comportarsi come se fosse segretario del psoe, cioè del mio partito». Non si trattava soltanto della pretesa di dettare politica all'altro partito della sinistra, si trattava anche del fatto che Carrillo si scordava di non disporre di un partito maggioritario, nemmeno nell'ambito della sinistra, e tanto meno di un partito maturo per seguire i suoi slanci riformistici. L'ossatura del pce è composta dai vecchi «guadri». sorti dalla clandestinità e dall'emigrazione, i quali, sognando ancora la rivoluzione interrotta degli Anni Trenta, considerano l'eurocomunismo come un abile accorgimento tattico: un cavali" di Troia da infiltrare nel palazzo del potere per conquistarlo. Le giovani leve, invece, avevano accolto l'eurocomunismo 'veramente come una nuova scelta strategica atta a coniugare il socialismo con la democrazia. Le due correnti non si sono mài capite né sopportate in seno al pce: per le vecchie guardie rivoluzionarie i nuovi compagni stavano socialdemocratizzando il partito, per i nuovi le vecchie strutture mentali e organizzative costituivano un peso morto per il partito. Carrillo voleva sempre fare da arbitro e da spola fra i due tronconi. Era allo stesso tempo ideologo dell'eurocomunismo e patrocinatore dell'antiquata struttura del partito di quadri. Mi diceva all'inizio della crisi: «Senza i vecchi quadri l'eurocomuni¬ smo non può prevalere nel partito». Cosi è rimasto qualche passo indietro rispetto agli innovatori e qualche passo avanti rispetto ai conservatori. Per tenerli insieme non ha potuto far altro che usare la propria autorità, con il risultato ette si registra proprio in questi giorni: da ambedue le parti viene accusato dì autoritarismo. Un autoritarismo che per una parte ha impedi lo la messa in atto effettiva del disegno eurocomunista e anzitutto il rinnovamento del partito e per l'altra parte Ita snaturato la sostanza stessa del vecchio partito rivoluzionario. Su questa scia ci sono state già durante l'anno scorso le scissioni dei filosovietici da un lato, e degli eurocomunisti innovatori dall'altro. Il partito si è spaccato in due nella Catalogna e nel paese basco mentre a Madrid l tre membri della direzione e nove del comitato centrale espulsi per «liberalismo» lianno creato un comitato per la nuova sinistra. Il frazionamento però non si è fermato qui, alla sola uscita dei leninisti prò sovietici e degli eurocomunisti innovalori. La disfatta elettorale nella roccaforte dell'Andalusia, dove il pce ha perso la metà dei voti a favore del psoe, ha provocato una nuova ondata di critiche contro Carrillo in seno all'esecutivo e al comitato centrale. Da due posizioni opposte i rimasti ripetono curiosamente le obiezioni di quelli che sono usciti dal partito. Secondo un gruppo Carrillo ha causato la sconfitta facendo sfumare la lotta di classe nella politica del partito. Secondò l'altro gruppo Carrillo non ha saputo mettere in atto le largite aperture verso i vari strati sociali, previste dal disegno eurocomunista. Carrillo resta solo, in un partito striminzito e lacerato, politicamente quasi inesistente: attaccato dai leninisti e abbandonalo dai riformatori. Resta solo, paradossalmente, perché non Ita potuto o saputo tenere il passo degli stessi carrillisti, i quali, attaccandolo, sventolano tuttora come Bibbia il suo famoso libro. Molti, come lo stesso Carrillo, sono propensi a vedere nello sgretolamento del pce lo zampino di Mosca. Sono stati creati infatti partiti e gruppi 'talpe- di fede filosovietica, con i loro giornali e ricchi fóndi a disposizione (mentre Carrillo è rimasto praticamente senza risorse finanziarie). Ma le consistenti fughe numeriche elettorali non si sono registrate tuttavia da quella parte. Il travasamene è avvenuto verso l'altro partito di sinistra, il psoe, di cui la novità, l'anticonformismo e lo slancio innovatore si esprimono tutti nel personaggio fresco di Felipe Gonzalez. Forse qui vanno ricercate le vere ragioni della disfatta politica e personale di Carrillo. Queste ragioni sono almeno due. Primo, non è il disegno eurocomunista che entra in crisi, ma è lo stesso eurocomunismo che mette in crisi il vecchio tipo del partito comunista. Le rigide strutture dogmaticamente accentrate urtano con la necessità di confronti, anche di diversificazioni dialettiche e organizzate che l'eurocomunismo appunto richiede. E' il dilemma che Ancorate mi aveva formulato prima di rompere con Carrillo: come può un partito garantire la via democratica al socialismo se non è in grado dì sviluppare a tutti gli effetti la democrazia nelle proprie file? Carrillo infatti si era ancorato alla massima: «Posso discutere e cercare compromessi con Suarez, anche con Fraga, ma non con i compagni del mio partito». La seconda ragione della disfatta di Carrillo sta in una specie di rivincita della storia. In fondo il pc spagnolo non aveva mai dominato la politica del Paese come una forza numericamente determinante. Nemmeno durante la guerra civile. Si era imposto per la sua irruenza combattiva e la sua prepotenza ideologica, sopraffacendo A molto più numerosi e radicati socialisti. Orala storia restituisce ai socialisti, tramite le urne, quello che nella tempesta nazionale è stato a loro sottratto. Finita l'emergenza ciascuno pesa di nuovo quanti voti conta. Sarà anche questo un segno di democrazia ristabilita. Frane Barbieri Carrillo: attaccato dai leninisti, abbandonato dai riformatori (Tclcfoto)

Luoghi citati: Andalusia, Catalogna, Madrid, Mosca, Santiago Cardilo, Troia