Omero radiocronista al Mundial

Omero radiocronista al Mundial COM'È' CAMBIATA L'INFORMAZIONE DAI CAMPI DI CALCIO Omero radiocronista al Mundial Il campionato del mondo avrà duemila milioni di telespettatori - Già si ipotizzano, in futuro, partite a stadio vuoto, da guardare in tv - Una rivoluzione che in Italia cominciò nel '34, con la voce di Nicolò Carosio diffusa dalla radio nelle piazze Le sue emozionanti radiocronache non «vedevano» errori e falli degli azzurri - Ma la televisione forse è più infedele Tra tante funeste notizie dai vari fronti di guerra Argentina-Inghilterra, IsraeleLibano, Iran-Iraq, solo per citare quelli di maggiore spicco e di maggiore coinvolgimento economico e politico per noi itallanuzzt in bilico tra Primo. Secondo, Terzo e Quarto Mondo e mondi ulteriori, cominciano ad apparire le notieie, certo meno funeste e certo più frivole, relative al campionato mondiale di calcio, meglio conosciuto nell'intimità di quest'edizione 1982 come il Mundial. perché è tutto da giocare, e speriamo sinceramente da non guerreggiare neppure per simulazione, in Spagna. Più che un semplice campionato mondiale, questa edizione 1982 è un campionato intermondiale: infatti, presentando 24 nazioni invece delle solite 16, coinvolge un discreto numero dei mondi possibili e impossibili sulla crosta terrestre. Ed è anche un campionato interdisciplinare: infatti, non sarà disputato solo sui campi di gioco dei 17 stadi delle 14 città che ospiteranno i 54 incontri in programma, ma sarà disputato anche, e forse soprattutto, attraverso i mezzi din formazione, le immagini che se ne ricaveranno, se ne ricostruiranno e se ne diffonderanno tra le masse dei mondi possibili e impossibili che hanno inviato in Spagna i loro delegati a giocare e Informare... Non a caso, l'etologo inglese Desmond Morris ha accampato, a giustificazione del suo recente, discusso saggio La tribù del calcio, proprio la constatazione che più di 1000 milioni di persone hanno guardato in televisione la finalissima del precedente campionato 1978 tra Argentina e Olanda. Mille milioni di persone sono una bella cifra, un quarto circa dell'Intera popolazione terrestre. Ma questa volta forse saranno il doppio. Il Mundial 1982pare voler superare le tabelle di incremento degli spettatori vicini e lontani, più lontani che vicini, delle Olimpiadi- 1000 milioni alle Olimpiadi di Monaco nel 1972,1500 milioni a quelle di Montreal nel 1976,2000 milioni a quelle di Mosca nel1980. Concie eravamo Appunto in tale occasione, registrando l'incremento di spettatori più lontani che vicini per ogni edizione, si è parlato del progetto, almeno si è provato a discutere l'ipotesi di una definitiva rinuncia futura agli spettatori vicini, insomma presenti, tanti meno di quelli lontani, e, in compenso, origine di preoccupazioni, misure di sicurezza costose, ansie pressoché infinite per gli organizzatori. Insomma, le Olimpiadi come spettacolo interno della televisione e, eventualmente, degli altri media. Un'ipotesi che ormai viene accarezzata non solo per le più austere competizioni atletiche, ma anche per le più frivole competizioni calcistiche. Un'ipotesi che avvince quanti preferiscono pensare che sia lo stadio a contagiare di intolleranza, di aggressività, di violenza la società in cui esiste come un cancro. Un'ipotesi che incanta quanti preferiscono non pensare che sia, invece, il cancro onnicomprensivo di una società squilibrata a mandare allo stadio intolleranza^aggreSsività, violenza a far le prove generali per maggiori e peggiori esplosioni. Ma lasciamo perdere le divagazioni sul futuro, restiamo al presente. Il Mundial 1982, affollatissimo, di nazioni, è ancora un campionato intermondiale e interdisciplinare abbastanza misto per quello che riguarda gli spettatori, più lontani che vicini, d'accordo, ma comunque vicini almeno in un certo numero, sebbene, a quanto cominciano a temere gli organizzatori, in via di rivelarsi inferiore al previsto. Le defezioni sono in aumento da parte dell'Argentina e anche dell'Inghilterra, e non è che non se ne capiscano i motivi. E' già molto che per ora non abbiano deciso di mancare all'appuntamento le due squadre... Come sarà disputato, dunque, il Mundial 1982 attraverso i mezzi dinformazione? Certo, a quelli che si ritrovano addosso un'età rispettabile anzi, siamo onesti, del tutto rispettabile come l'età di chi scrive questa nota, il solo provare a ricordare le prime notizie mai ricevute a proposito della lotta della nazionale azzurra per la superiorità calcistica terrestre comunica un senso di stupore profondo. Com'eravamo prima della tecnologia o comunque aij primi passi della tecnologia dell'informazione? Era il 1934, l'ultimo vero anno di pace per l'Italia fascista. Quel7al , Ma già di pace non si poteva parlar più per gran parte d'Europa in cui la congestione ideologica della Germania nazista si andava caricando di minaccioso isterismo. L'Italia aveva organizzato la seconda Coppa Rimet. E intendeva vincerla come aveva fatto l'Uruguay che aveva organizzato la prima Coppa Rimet nel 1930. Stava per cominciare l'estate, il Pnf aveva appena comunicato quale dovesse essere l'uniforme estiva del vero fascista: camicia nera di panno o seta, ma non lucida, controspalline della stessa stoffa fermate da un bottone nero e senza taschino, pantaloni corti, stivali o gambali di cuoio nero, berretto fascista con fascio littorio sulla parte anteriore e fiocco nero a destra. Facoltativo la sera l'uso dei pantaloni lunghi. La fase finale era in programma appunto qui da noi dal 27 maggio al 10 giugno. Le 16 squadre si incontrarono in 8 città. Il secondo turno l'Italia, che aveva strabattuto gli Stati Uniti nel facile esordio a Roma per 7 al, dovette af- frontare la Spagna a Firenze. Fu un duro scontro a fine maggio. Un pareggio rese necessaria la ripetizione dell'incontro Il 1° giugno. Non tutti gli italiani che avrebbero voluto, potevano evidentemente essere presenti a Firenze. La responsabilità dell'informazione se l'assunse soprattutto la radio. Anche i giornali, considerato l'andamento favorevole della nazionale, aumentarono di giorno in giorno lo spazio e il rigaggio dedicati alla competizione. Ma la radio risultò più che mai il mezzo dinformazione emergente, anche se non era ancora in tutte le case. Gli abbonamenti, tutto sommato, erano una miseria nel 1934: 440.159. In compenso, c'era un gran servizio d'altoparlanti in piazza, quello consacrato di solito a diffondere la voce di Benito Mussolini. Gli altoparlanti diffusero pure la voce di Nicolò Carosio, cantore dei piedi buoni d'Italia, e magari d'Argentina, dato lo schieramento d'oriundi d'oltreoceano tra le file azzurre... Nicolò Carosio aveva clangore epico nella voce. Diverso da quello di Benito Mussolini, ma ugualmente trascinante: meno aulico di quello di Gabriele D'Annunzio, meno presuntuoso di quello di Filippo Marinetti, meno banale di quello di Carlo Delcroix; era più pratico e chiaro. E, del resto, i ragazzi e gli adulti d'Italia avevano ormai l'abitudine di adunarsi in piazza sotto gli altoparlanti. Carosio raccontava quello che vedeva come testimone presente allo stadio, ma soprattutto cantava da autentico tifoso della nazionale azzurra quello che sentiva. Quello che sentiva non con le orecchie come i ragazzi e gli adulti sotto gli altoparlanti, quello che sentiva con il cuore. Non sempre corrispondeva con esattezza a quello che si poteva vedere, credo che a volte lui stesso, deliberatamente, chiudesse gli occhi alla realtà del campo per lodarsi trascinar meglio dall'onda del sentimento, dall'irrealtà cantata dalla sua voce rauca e guerriera, baldanzosa e instancabile, drammatica e trionfale. Omero era pur stato cieco. All'attacco Nicolò Carosio chiudeva gli occhi e riusciva a trasformare il sentire dei ragazzi e degli adulti in piazza sotto gli altoparlanti in un sentire con il cuore. Le ex piazze metafisiche di Giorgio De Chirico tumultuavano, come per prenotarsi per un futuro Premio Cremona. Alla lunga, l'irrealtà cantora si imponeva come realtà possibile. Finalmente, l'Italia batti la Spagna per 1 a 0 nella ripetizione di Firenze. Gli azzurri sapevano calciare la palla, ma sapevano anche calciare gli avversari perché avevano in corpo la rabbia di vincere. Di questa ulteriore sapienza Nicolò Carosio non rendeva, evidentemente, conto canoro, perché non la vedeva essendo tutto attento a vedere, immaginare la protervia e la scarponaggine degli avversari che, di sicuro, non scherzavano neppure loro, non essendo allora il calcio un gioco per signorinette pallide. Durante la ripetizione di Firen¬ ze Borei II provò qualche rimorso, avendo gli spagnoli più di mezza squadra fuori uso. Fu rimbrottato aspramente dagli anziani... L'Italia batté anche l'Austria a Milano per 1 a 0. E ritornò a Roma per la finalissima con la Cecoslovacchia il 10 giugno 1934. Questa volta, oltre a Nicolò Carosio, era presente anche Benito Mussolini, che non trascurò le pubbliche relazioni, sbandierando che aveva acquistato regolare biglietto. Andò subito all'attacco Monti dagli occhi azzurri e la crudele decialone. Andò all'attacco della caviglia di Swoboda, il regista degli avversari e la colse al primo contrasto spedendolo a zoppicare all'ala. L'Italia vinse 2 al, sia pure nei tempi supplementari e tra le esecrazioni della stampa straniera, una finalissima mediocre. Nicolò Carosio fece comunque durare la vittoria oltre i minuti, gli anni, la incise nella memoria di ragazzi e adulti. Certo, era aiutato dal materiale umano di cui cantava le gesta, i risultati non lo tradivano spesso. Ma, anche quando lo tradivano, lui sapeva superarli in qualche modo, riscattarli dalla loro miseria matematica. i Chi tra quanti lo ascoltarono si è rassegnato a considerare perduta la partita cosiddetta amichevole che l'Italia giocò in Inghilterra II 14 novembre 1934? L'Inghilterra non aveva partecipato alla seconda Coppa Rimet, perché trovava scandaloso che la Fifa concedesse agli inglesi inventori del calcio un solo voto come agli altri membri. Ma invitò l'Italia, neo detentrice della Coppa Rimet, per mettere subito a posto le cose e affermare la propria superiorità. Non ritenne di scomodare lo stadio di Wembley, concesse il campo dell'Arsenal, Htghbury. Lo scontro fini 3 a 2 per l'Inghilterra, e l giornali inglesi se la presero con i propri giocatori che non avevano saputo strapazzare abbastavza noi italianuzzi, ma Nicolò Carosio aveva creato il suo capolavoro. Una vittoria morale eterna. Parlar di morale a proposito di un certo tipo di gioco del calcio è piuttosto blasfemo, a ogni modo Nicolò Carosio non aveva concorrenti. E a lungo non ne ha avuti; anche nel dopoguerra era sempre lui a prevalere perfino sul migliore giornalismo sportivo della Gazzetta dello Sport, così fitta di articoli, inchieste, dati o del Calcio Illustrato impegnato ad arricchire l tifosi con le sue fotografie virate in marrone e verdino o i disegni di Silva che ricostruivano meccanica e compimento del gol importante in un elegante anticipo dell'affanno della moviola. _ Hanno dovuto cambiare t mezzi d'informazione per aver ragione di lui. Il primo colpo gli è stato inferto dai transistor s, le insidiose radioline in grado di permettere agli spettatori di una partita a cui assisteva Nicolò Carosio di confrontare irrealtà cantata con realtà del campo, e sono cominciate le contestazioni stupide di gente Incapace di apprezzare l'estro sublimante delllmmaginazione. Ed è sopravvenuta la tele-, visione a fornire anche al non presenti allo stadio l'illusione di una partecipazione fisica. Illusione, ho scritto, perché, a suo modo, la televisione è forse più infedele di Nicolò Carosio e senz'altro meno pratica, opera una selezione arbitraria dei fatti e uno sconvolgimento delle prospettive, illusione grossolana almeno quanto irresistibile: all'ormai vecchio Omero del gioco del calcio italiano i toccato capitolare, anche se ha conservato l'agra soddisfazione di non avere avuto autentici successori e di poter giudicare severamente l'aumento del tasso di disinformazione sportiva sfacciatamente indicizzato all'aumento delle ore di trasmissione destinate allo sport. Oreste del Buono Nicolò Carosio intervista Pandolfini dopo una partita della Nazionale negli Anni 50 '